“I TESORI DI SAN LEOPOLDO”

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 ...completiamo la nostra visita

Ritorniamo verso l'altare maggiore e di fronte al San Giorgio ammiriamo la vetrata della Madonna della Guardia, elargita dalle famiglie Maino - Silva - più Angiolina Michelotti - Giacomo Costa e Bencini. Infine ecco la splendida Regina Pacis, delicata e luminosa, donata da tutto il popolo di Vada, con una partecipazione più cospicua delle famiglie Tardy - Traverso.

Vetrata Madonna della Guardia (particolare) Vetrata Regina Pacis (particolare)

Siamo in tempo di guerra e nonostante il parroco abbia fatto porre dei tavoloni a protezione delle preziose vetrate, esse vengono danneggiate, soprattutto a causa dello scoppio della polveriera alla fattoria della Valle. Dopo la guerra, provvede al restauro il loro autore, il Maestro Masini di Firenze, al quale le vetrate danneggiate vengono inviate in casse di legno, trasportate per mezzo di autocarri, con non pochi inconvenienti, tanto che il maestro Masini si lamenta con il parroco: "Preg. Sig. Priore, ho ricevuto la cassa che possiamo dire di rottami. Sì, perché essendo state fatte viaggiare in quelle condizioni non potevano arrivare altrimenti; non riesco a convincermi come a nessuno...non sia venuta in mente l'idea di imballare con della paglia; non ho mai veduta una cassa senza imballo anche se trattasi di materia infrangibile, ma in questo caso poi era elementare la necessità di imballarle. Conclusione, sono arrivate in un ammasso di rottami, tanto che per quella più grande non riesco a stabilire ne la lunghezza, ne la larghezza ad a questo scopo favorisca inviarmi le misure..." .
E' in questo periodo, intorno al 1946, che il Masini realizza anche le 4 piccole vetrate che adornano la bussola d'ingresso alla chiesa: quelle sulle porte laterali con semplici motivi geometrici e quelle sul portale centrale, deliziose rappresentazioni della natività e della fuga in Egitto.

Le vetrate sopra l'ingresso

Le annotazioni parrocchiali testimoniano che le vetrate sono state restaurate più volte: nel 1946/ 47, dal 51 al 59, nel 1968. L'ultimo radicale intervento è storia molto recente. Nell'ottobre del 1996 lo stato delle vetrate è tale da minacciare l'incolumità pubblica perché cadono dei pezzi di vetro: urge intervenire, se non si vuol chiudere la chiesa.
Le spese dell'intervento, che deve essere radicale e definitivo, sono a carico della parrocchia per cui viene aperta una sottoscrizione pubblica, alla quale il popolo di Vada risponde con grande generosità. Il restauro si svolge tra gli anni 1996 e 1998. Viene eseguito dai maestri d'arte Maurizio Francesconi e Alessandro Guidi della ditta Mackingtosh di Livorno che sottopongono i finestroni ad un lavoro eseguito a regola d'arte, controllato dalla Soprintendenza. Come vuole la moderna concezione del restauro, tutti gli interventi per materiali e tecniche adottate, sono REVERSIBILI. All'esterno sono state installate le CONTROVETRATE al fine di proteggere le vetrate artistiche dagli agenti atmosferici, inquinanti e corrosivi, dai raggi ultravioletti, per preservarne il colore e la grisaglia. La ricchezza dei colori, con accostamenti molto delicati e la finezza dei particolari, sono il risultato di una tecnica che univa creatività  e ottima conoscenza della lavorazione artistica del vetro, con una grande abilità nell'uso della grisaglia, cioè il procedimento con il quale le tessere di vetro colorate, vengono dipinte per realizzare le espressioni dei volti, i chiaroscuri, o modificare la tonalità del colore. Una vera pittura su vetro, da sottoporre alla cottura. Se il procedimento non è perfetto la grisaglia col tempo si stacca. All'esame eseguito con l'ultimo restauro, la grisaglia è risultata essere in perfetto stato, ben ancorata: segno che il prof. Bruno Masini, era, oltre che un artista, anche un ottimo maestro vetraio.

Nel riquadro un particolare che illustra la grisaglia

Nel nostro percorso virtuale siamo giunti all'ingresso della cappella della Madonna di Pompei. Nel mese di maggio del 2005, la nostra chiesa si è arricchita di un'altra vetrata artistica: quella che adorna la finestra di questa  cappella. Rappresenta un particolare dell'ultima cena con Gesù e due apostoli. La vetrata artistica, realizzata su disegno elaborato da don Giovanni, proviene dai laboratori artigianali di Torunj in Polonia. E' stata donata, così come le lampade laterali e le panche, da alcuni parrocchiani. La cappellina della Madonna di Pompei ha una storia tutta sua. Quando la chiesa è stata costruita questa stanzetta fungeva da stanza mortuaria. L'attuale finestra era invece una porta che dava l'accesso alla corte. Da qui usciva la bara per essere posta sul carro funebre e prender la via del cimitero. Caduta in disuso la cappella mortuaria, la stanza divenne un ripostiglio. Dobbiamo la sua trasformazione in cappella destinata alla devozione per la Madonna di Pompei a don Ciabatti. Egli a tal proposito, annota che:
"Il  lavoro di decorazione fu eseguito dal decoratore Alfredo Giorgi di Livorno su suo disegno e l'altare in travertino da Poggiolini di Rosignano Marittimo, sostenendo la spesa gli eredi della defunta principessa Ginori Conti, il conte Ugo suo figlio. Anno 1913. Il pavimento in cappella fu pagato e donato dal sig. Vincenzo Barabino."

Successivamente, in data imprecisata, la cappella fu tinteggiata con un colore unico. Durante il periodo natalizio per diversi anni vi è stato allestito il presepio. Negli ultimi anni si presentava in uno stato di notevole degrado. Nel 2005 la cappellina è tornata ad essere un luogo di raccoglimento e di preghiera grazie al paziente lavoro di ripulitura della pietra dell'altare, di riordino dell'impianto elettrico, di tinteggiatura delle pareti, di ripulitura e verniciatura del bel cancelletto che la racchiude: lavori eseguiti con attenzione da don Mario e don Giovanni.

La cappellina della Madonna di Pompei La nuova vetrata della cappellina

Diamo un'occhiata anche alla piccola chiostra della nostra chiesa: ci sono particolari che ci illustrano alcune comodità (si fa per dire) di cui era dotata l'abitazione del parroco. A sinistra la cisterna che forniva l'acqua sia al quartiere del parroco che a quello del cappellano. Era una comodità perché sappiamo che la gente di Vada attingeva l'acqua alla fonte nella piazza davanti alla chiesa lato sud.
Dall'apertura circolare, che si apre nella volta alla base del campanile passavano le funi che il campanaro, magari aiutato dai chierichetti, tirava per far suonare le campane!

La cisterna Il foro per le corde delle campane

La nostra chiesa ha dislocate al suo interno alcune opere dello scultore Rolando Filidei, (1914 – 1980) vissuto a Rosignano. Sono sculture in legno, materiale che l’artista prediligeva, lasciandosi ispirare dalle sue forme naturali, che non modificava, ma dalle quali estraeva la sua opera, come liberandola dalla materia. Il Crocifisso dell’altar maggiore è scolpito nel legno di cipresso. In origine non aveva la croce, che è stata aggiunta quando l'opera è stata collocata dove si trova ora. Un'aggiunta arbitraria perché il corpo stesso di questa figura forma una croce: croce e crocifisso sono fusi l'una nell'altro. E' una figura drammaticamente espressiva che richiama alla mente alcuni versetti del quarto canto del servo del Signore, del profeta Isaia:  
"Tanto era sfigurato per essere di uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo...Non ha apparenza nè bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire come uno davanti al quale ci si copre la faccia…

Il crocifisso del Filidei ben interpreta questa sofferenza sconvolgente.

A sinistra il Crocifisso dell’altar maggiore
Le altre sculture di Rolando Filidei presenti nella chiesa

Rivediamo ora l'interno della chiesa in nell’ antica foto che segue e notiamo subito come sia diverso dal quello di oggi. Nonostante sia recente, ha subito interventi, che lo hanno modificato e alterato. Immaginiamo come doveva essere: avremmo camminato fino all'altar maggiore su un “pavimento in quadroni in terracotta, listato di travertino”. Prima dell'altare, ci saremmo dovuti arrestare davanti al "grado del presbiterio su cui corre la balaustrata tutta in travertino, tranne la parte centrale costituita dal cancelletto a trafori eseguito con legname in noce". Così descrive l'architetto Francolini. Nel 1916 il pavimento di cotto viene sostituito con l'attuale, dono di Eugenio Caputi, in marmo di tonalità bianco e grigio. Il marmo è lucido, ricco e non armonizza con l'opaco travertino di Rosignano della balaustra e dell'altare maggiore con le sue alte colonne e il suo bei ciborio scalpellinati a mano...Luglio 1957 nuovo altare: mantiene l'ossatura di quello originale, ma è rivestito da sontuosi marmi colorati. Nel 1988/89 secondo le norme liturgiche del concilio Vaticano II, don Vellutini fa smantellare questo altare per ridurlo alla struttura attuale. Si deve rialzare il pavimento per da portare il celebrante all'altezza della mensa. Con parte dei marmi dell'altare, si ricava il trespolo su cui è collocato il tabernacolo e il leggio, nelle posizioni di ora. Nel 1960 sostituzione della balaustra. Dell'assetto originario del presbiterio non è stato conservato niente, tranne il ciborio o Tabernacolo.

Questo piccolo gioiello di pietra, giace ora abbandonato all'ingresso della sacrestia. Nell'antico documento che descriveva la nostra chiesa, appena finita, leggiamo che “l'altar maggiore, è decorato di Ciborio e Sancta Sanctorum, tutto scolpito in travertino con molta accuratezza.” Dal preventivo di spesa per la costruzione della Chiesa del 1843 si viene a sapere che per la scultura del Sancta Santorum e del Ciborio sono state spese 2000 lire. E' una cifra cospicua, superata solo da quella per la fusione delle 4 campane. Questo tabernacolo è l'ultima traccia che ci resta di quello che era l'altare in origine e quindi il suo valore di memoria storica per la comunità  non si può quantificare, ne paragonare al suo valore artistico che pure è molto apprezzabile. Necessita di un restauro che possa cancellare le ingiurie del tempo e dell'incuria. Così come il suo abbandono denota la svalorizzazione della nostra storia, il suo restauro manifesterebbe, al contrario la coscienza e il rispetto delle nostre radici e la nostra sensibilità verso un patrimonio storico da recuperare e tramandare. Una volta restaurato vorremmo collocarlo nella cappellina della Madonna di Pompei.

L'antico ciborio o Tabernacolo da restaurare

 FINE

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