I canti della nostra storia (1943...)

BALLATA DELLA XXIII BRIGATA GARIBALDI
GUIDO BOSCAGLIA


(2:27)

Una ballata chitarra e voce scritta e interpretata da Pardo Fornaciari, autore livornese, figlio di Pedro, partigiano della Brigata Boscaglia.

(Da www.resistenzatoscana.it)

 

 

 

Otto settembre, il re era scappato
Torna un sottotenente al reggimento
ma quando scopre ch’è in mano ai tedeschi
si dà alla macchia e si fa chiamar Enzo
Sul Berignone trova dei compagni
armati di doppiette e di pistole
forman la prima banda partigiana
nazifascisti li vogliam cacciar!
Giunti presso il podere del Morteto
Incappano in un rastrellamento
un brigadiere prova a arrestar Enzo
Ma lui gli spara, e 'un se ne parla piu'
Poi va a Mazzolla per telefonare
E chiama la caserma di Volterra
mentre c'è la milizia che lo bracca 
s'autodenuncia e si riesce a sganciar
Io sono il Comandante Enzo 
ho ucciso io quel brigadiere
lasciate in pace la popolazione
Trovate me se vi riesce, 
Ma vi conosco uno per uno 
la rappresaglia, ve la farò pagar
Dopo il disastro al Frassine i compagni
Si riorganizzano alle Cetinelle
La prima fu la banda del Cerboni
Che in aprile fu preso e fucilato
Con il Menchini, il comandante Pelo,
Ai primi di febbraio erano in nove
Poi con il Ceccherini e Giorgio Stoppa
Quaranta a fine mese a guerreggiar.
Ventidue marzo del  Quarantaquattro
Velio con Viro della Lavagnini
Guidan i partigiani su Montieri
Punire la milizia e gli assassini
Assaltan la caserma che resiste
Fanno giustizia su due o tre fascisti
Requisiscono cibo e medicine
La dura lotta per alimentar
Così quattro distaccamenti
Han dato corpo alla Brigata
Guido Boscaglia dopo maggio l’han chiamata
Dalla Val d’Elsa alla Vald’era
Da Massa a Colle fino a Pisa 
Ha liberato i paesi e le città!
Sette di maggio escon di pattuglia
A sera Alvaro Betti ed il Boscaglia
Con altri quattro vanno al sabotaggio
Alta tensione, i pali salteran!
Quando arrivano al ponte del Pavone
incontran la milizia che li aspetta
La calma della notte vien squarciata
Da spari e grida, e il sangue scorre giù
Guido agonizza a lato della strada
Prometton di portarlo all’ospedale
Se dice dove ha il campo la Brigata
i fasci vita salva gli daran
Ma ecco Boscaglia afferra il suo moschetto
Con l’ultimo respiro un colpo tira
I neri del suo corpo strazio fanno
Ma uno di loro non si rialza più
Diciannov’anni Guido Radi
Li ha donati ai suoi compagni
Non li ha traditi perché lui li amava
Amava il popolo, l’Italia
L’ideal dell’avvenire
Boscaglia è morto per la nostra libertà!
Norma Pratelli presta le sue cure
a Alvaro che però è ferito a morte	
Il medico, lo Stoppa, è il capo, eppure
non può far niente per cambiar la sorte.
Per metterlo con le altre sepolture
cercan delle assi  e per non sfar le porte
la tavola del pane per la cassa
la dà una donna di vicino a Massa 
Pei partigiani si prodiga Norma
Ma la milizia nera la cattura
E tutta notte dentro la caserma
La banda di aguzzini la tortura
La fanno a pezzi ma lei non informa
Quei pervertiti in divisa scura.
Passò la notte tragica e all’aurora
Per Norma risuonò l’ultima ora
Norma Pratelli è un orifiamma
Acceso nei cuori in Maremma
Son scarafaggi senza nome i neri
Per tutti noi che rimaniamo
Commossi e la ricordiamo
Norma è una luce di ideale e civiltà
Un giorno ai partigiani fan sapere
Da Siena stan tornando 2 fascisti
Sono andati a cercare dei rinforzi
La Brigata vorrebbero annientar!
Stoppa con la seconda compagnia
al braccio di Mensano mette il blocco
Dirottan la corriera e i 2 spioni
direttamente sottoterra van!
Riparton con il bus a requisire  
A Radicondoli le vettovaglie 	
E mentre un paio bloccan la caserma 	
Quell’altri il silo passano a svuotar 		
D’olio e di grano fanno la raccolta
Fascisti coi tedeschi affameranno!
Ma la gente del posto e i partigiani
Avranno tanta roba da mangiar!
 Sono spietati coi nemici 
con le spie coi traditori
ma voglion bene alla popolazione!
E con coraggio e fantasia
Si danno a liberar l’Italia
i partigiani della Guido Boscaglia!
Quarantaquattro, ventiquattro giugno 
sfilano via i tedeschi in ritirata
in autoblindo camion bicicletta
fuggon dei partigiani l'avanzata
Dove la strada curva, alla Casella
la quinta squadra si trova appostata
quando i nemici passano il Pulella
inizia l'imboscata col suo Bren 
Contro i nazisti a colpi di mitraglia
attacca in forze la Guido Boscaglia
Muoion facendo strage di nemici  
Vincenzo e il partigiano russo Ivan
Cadon con loro Guido Salvadori
Leonardo dell’Aiuto e Ugo Mancini
Pero' una cinquantina di nazisti 
Germania non ti vedranno mai più
Ventitreesima brigata 
Garibaldi Guido Radi 
che non si arrese è così vendicato
Del suo più giovane caduto
Porta il nome di battaglia
E va all’assalto la Guido Boscaglia!

BELLA CIAO  
Suonata dalla Banda Militante della Maremma in occasione dello spettacolo: "Fate largo quando passa la Brigata Garibaldi" ("
Effetto Venezia" Livorno 2006)

 

 
(5:06)

C
anzone popolare cantata dai simpatizzanti del movimento partigiano italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. La musica, di un autore sconosciuto, viene fatta risalire alla melodia di un canto ottocentesco delle mondine padane.

Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire (Mi porterai) lassù in (sulla) montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire (Mi porterai) lassù in (sulla) montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E (Tutte) le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E (Tutte) le genti che passeranno
Mi diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»

BANDIERA ROSSA
Suonata dalla Banda Militante della Maremma in occasione dello spettacolo: "Fate largo quando passa la Brigata Garibaldi" ("Effetto Venezia" Livorno 2006)

(2:00)

Titolo di una tradizionale canzone popolare della sinistra italiana,
rappresenta l'unico inno della classe operaia italiana che possa considerarsi come un vero canto popolare di tradizione orale, formata da due diverse melodie di largo uso popolare sin dal XIX secolo, trovando ascendenza sia melodica che testuale in un canto repubblicano della metà dell'800. La canzone oggi nota nasce all'inizio del XX secolo: il testo, scritto originariamente da Carlo Tuzzi nel 1908, ha subito negli anni diverse modifiche, qui viene riportata la versione più nota, quella comunista.

 

 

Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa, Bandiera rossa
Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa trionferà.

Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Evviva il comunismo e la libertà.

Degli sfruttati l'immensa schiera
La pura innalzi, rossa bandiera.
O proletari, alla riscossa
Bandiera rossa trionferà.
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Il frutto del lavoro a chi lavora andrà.
Dai campi al mare, alla miniera,
All'officina, chi soffre e spera,
Sia pronto, è l'ora della riscossa.
Bandiera rossa trionferà.
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Soltanto il comunismo è vera libertà.
Non più nemici, non più frontiere:
Sono i confini rosse bandiere.
O comunisti, alla riscossa,
Bandiera rossa trionferà.
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Bandiera rossa la trionferà
Evviva Lenin, la pace e la libertà. 

O CARA MOGLIE


(3:52)

La più famosa canzone di Ivan della Mea, una vecchia canzone che è stata un simbolo della lotta operaia in un momento in cui la la lotta veniva fatta sul serio come richiedeva la tragica realtà italiana di 1500 morti sul lavoro ogni anno.

O cara moglie, stasera ti prego,
dì a mio figlio che vada a dormire,
perchè le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.

Proprio stamane là sul lavoro,
con il sorriso del caposezione,
mi è arrivata la liquidazion,
m'han licenziato senza pietà.

E la ragione è perchè ho scioperato
per la difesa dei nostri diritti,
per la difesa del mio sindacato,
del mio lavoro, della libertà.

Quando la lotta è di tutti per tutti
il tuo padrone, vedrai, cederà ;
se invece vince è perchè i crumiri
gli dan la forza che lui non ha.

Questo si è visto davanti ai cancelli:   
noi si chiamava i compagni alla lotta,
ecco: il padrone fa un cenno, una mossa,
e un dopo l'altro cominciano a entrar.

O cara moglie, dovevi vederli
venir avanti curvati e piegati;
e noi gridare: crumiri, venduti!
e loro dritti senza piegar.

Quei poveretti facevano pena
ma dietro loro, la sul portone,
rideva allegro il porco padrone:
l'ho maledetto senza pietà.

O cara moglie, prima ho sbagliato,
dì a mio figlio che venga a sentire,
chè ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà   
chè ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.

INNO DI MAMELI

Dal 1947 "Fratelli d'Italia" o il "Canto degli Italiani", scritto da Goffredo Mameli il 10 settembre 1847, ragazzo genovese di vent'anni repubblicano, giacobino e sostenitore del motto della Rivoluzione francese Liberté, Égalité, Fraternité (Genova 1827-Roma 1849) e messo in musica due mesi dopo il 24 novembre, da un altro genovese Michele Novaro (Genova 1822-ivi 1885), è ufficiosamente l'Inno Nazionale Italiano. Il 12 ottobre 1946, il Consiglio dei ministri coordinato da Alcide De Gasperi, ne autorizzò "provvisoriamente" l'uso come inno nazionale della Repubblica Italiana. Da allora in poi nessuna legge lo aveva reso definitivo. Il 15 novembre 2017 La commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha finalmente approvato, in sede deliberante, il ddl per la sua istituzionalizzazione, dopo che l'omologa commissione alla Camera aveva dato il suo ok al provvedimento il 25 ottobre scorso. In totale 71 anni per avere l'inno nazionale ufficiale.

 


(1:36)

 

 

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò!

Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò!

Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò!

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò!

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,

siam pronti alla morte.

Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò!

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