I Mastiani Brunacci a Pisa e Rosignano

Arme Mastiani Arme Brunacci Arme Mastiani Brunacci Arme Tausch Arme Mastiani Brunacci Tausch Francesco Mastiani Brunacci (1838-1901) Giulia (1841-1918), Teodoro e Lodovico Teodoro Mastiani Brunacci (1862-1951) Inizio '900 - La fattoria di Rosignano (poi Vestrini) Inizio '900 - Caletta di Castiglioncello - Villa Giulia poi Casamarina

 

La famiglia Mastiani Brunacci (pisana dal 1400) è presente anche a Rosignano con un enorme latifondo che nel 1914 va all'asta fallimentare.

  I Mastiani o Maschiani fecero la loro comparsa sulla scena pisana in un anno imprecisato tra la fine del 1300 ed il 1402, anno che li vide risiedere in cura di San Pietro in Vinculis ed inserirsi di prepotenza nella vita economica e politica cittadina.

I Maschiani erano originari di San Giovanni alla Vena, paese lungo il corso dell’Arno non lontano da Cascina, e nel 1402 li troviamo a Pisa dove svolgevano l’attività di vinaioli, ma nel 1428, anno in cui le autorità pisane procedettero, su ordine di Firenze, ad una nuova compilazione del catasto, i Maschiani avevano ampliato notevolmente le loro attività; erano, infatti, tra i dieci maggiori contribuenti pisani, facevano parte dell’arte della Lana ed i loro interessi spaziavano anche nella tintoria, trafficavano il ferro, possedevano bestiame marcato con il loro segno ed erano titolari di una bottega di spezie.

Il cognome “Maschiani” deriva dal soprannome imposto dal popolo al primo di questa “gens” Bartolommeo di Nieri detto Maschiano, forse per certe sue caratteristiche fisiche, soprannome che, nel corso dei decenni, persa la consapevolezza dell’origine, si tramutò nel cognome Maschiani.

La famiglia assurta, poi, al patriziato pisano preferì nobilitarlo in Mastiani.

Nel 1509 quando il popolo pisano fu conquistato per la seconda volta dalle truppe fiorentine, una parte della famiglia con Giovan Francesco Mastiani, preferì emigrare a Palermo, per “mantener viva colà la speranza di sottrarre (la patria) al giogo di un orgoglioso e fortunato conquistatore.

Un'altra parte, “preferendo all’esilio il restare in patria” si rifugiò, invece, nella campagna pisana nei pressi di Gello Mattaccino (Lorenzana).

In un anno imprecisato del ‘500 i Maschiani, rifugiati nella campagna di Lorenzana (Ville Pisane), rientrarono in Pisa. Ciò dovette presumibilmente avvenire quando il potere dei fiorentini si era consolidato e Pisa era ormai ridotta a provincia del ducato dei Medici.

La costante presenza dei Maschiani ai vertici delle cariche cittadine, sia per gli anni precedenti l’assedio fiorentino e sia per quelli successivi, sottolinea l'appartenenza a quella ristretta cerchia di famiglie che detenevano l’effettivo potere sia politico che economico. Numerosi i Mastiani che, tra il 1567 ed il 1776, vestirono l’abito di Cavaliere Militare di Santo Stefano come Cavalieri di Giustizia e quindi con le provanze dei 4/4 di nobiltà. Il ramo pisano e quello palermitano restarono divisi per circa cento anni, l’uno continuò ad amministrare in patria i beni della famiglia ed a ricoprire in seguito cariche nella religione di Santo Stefano, mentre quello siciliano, sotto il regno di Alfonso di Aragona, occupò le più eminenti cariche di quel regno.
I1 1600 fu un secolo quanto mai importante per i Mastiani di Pisa e di Palermo, sia per le sempre più frequenti cariche nell’Ordine di Santo Stefano sia per la politica matrimoniale che le due famiglie riuscirono ad intrecciare tra i loro rampolli. Ben tre sono i matrimoni che nel 1600 videro come protagonisti i Maschiani di Palermo ed i Mastiani di Pisa.

Giovan Francesco, del ramo palermitano ebbe modo di conoscere una fanciulla del ceppo pisano: Caterina, figlia di Giulio di Gabriello e di donna Isabella Gragnola Malaspina. Con il conseguente matrimonio del 1633,il ramo palermitano si ricongiunse a quello pisano e da allora le vicende della famiglia avranno come teatro la città di Pisa.
Con Martino Gaetano, che sposò Ottavia Brunacci, i Mastiani si imparentarono con una famiglia della piccola nobiltà cittadina, nobiltà raggiunta grazie ai commerci che i Brunacci esercitavano, già da secoli, in Pisa e poi a Livorno, dopo che quest’ultima divenne, a scapito di Pisa, lo scalo marittimo toscano. I Brunacci furono dichiarati cittadini antichi sin dall’anno 1578 ed erano enormemente ricchi. Per ambedue le famiglie questo matrimonio fu un ottimo affare. Per i Mastiani, appartenenti al patriziato, la cospicua dote di Ottavia rappresentò un apporto di notevoli capitali in un patrimonio costituito essenzialmente da proprietà terriere. Per i Brunacci, invece, fu l’accettazione, tanto agognata, in quella classe sociale che sino ad allora aveva guardato a loro con un certo distacco e sufficienza.
Nel 1737 con la morte dell’apatico ed inetto Gian Gastone dei Medici, si estingueva la famiglia che per tre secoli aveva dominato Firenze e la Toscana. I Lorena, tramite il loro inviato, Principe Marco di Craon, presero immediatamente possesso della Toscana con il "Governo della Reggenza". I Mastiani Brunacci si adeguarono presto e rivolsero con successo nel 1751, rispettosa domanda per essere ascritti al patriziato pisano. Cambiano i potenti, ma l'importante è rimanere nel giro che conta. Caratteristica dei Mastiani di questa generazione fu la accorta amministrazione del patrimonio fondiario e sicuramente questa dote, che oggi definiremmo manageriale, la ereditarono dal sangue dei Brunacci.
Nel 1793 il Cav. Giulio Mastiani Brunacci non sposato e quindi senza eredi diretti, morì a 68 anni lasciando disposizioni testamentarie complesse, che per sorteggio favorirono il nipote Ferdinando Sciamanna secondogenito del marchese Marcello Sciamanna di Terni. Il favorito è obbligato ad assumere, il cognome e stemma gentilizio di Casa Mastiani lasciando il proprio, inoltre deve trasferirsi in Pisa. Ferdinando Sciamanna era nato nel 1786 e la famiglia paterna era una delle più importanti di Terni sin dal XV secolo. Gli Sciamanna erano nobili di Ancona, di Rieti, di Orvieto e Patrizi Romani sin dal 1647, oltre che Cavalieri di Malta. Pa
rte del patrimonio andò all'altro nipote Giovan Francesco che sarà il più importante dei Mastiani Brunacci sia per le cariche onorifiche che ricoprì, sia per la grande astuzia dimostrata negli affari e sia per la sua camaleontica abilità nel voltar “gabbana” ad ogni mutamento politico. Le sue disposizioni testamentarie poi, daranno vita ad una nuova famiglia Mastiani Brunacci e saranno motivo di illazioni e pettegolezzi. Giovan Francesco, per la sua familiarità con la Corte, nel giugno 1835 fu incaricato dal comune di Rosignano di “esprimere personalmente al Granduca il giubilo del popolo di Rosignano per la nascita del Principe ereditario”.

Anche la moglie ricoprì ruoli, prettamente onorifici, nell’ambito della Corte lorenese; infatti fu dama della Corte Toscana, della Croce Stellata e dell’Ordine di Malta.

I frequenti viaggi a Parigi di Giovan Francesco erano certamente dovuti all’alto incarico che egli, a partire dal 1800, ricoprì in seno al Dipartimento del Mediterraneo. Infatti, fu uno dei venti membri del Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo scelto per legge dal Prefetto che doveva eleggerne 10 fra i maggiori contribuenti del proprio Dipartimento.

Con Giovan Francesco assistiamo all’espandersi delle proprietà Mastiani Brunacci nella maremma pisana. La famiglia possedeva già nella pianura e sui colli di Rosignano circa 200 ettari. In poco tempo Giovan Francesco acquistò, forse intorno al 1802, i beni dei più importanti latifondisti della zona: i Bombardieri ed i Blasini.

In seguito Giovan Francesco riuscì ad aggiudicarsi, grazie all’allivellazione leopoldina, parte della proprietà della Mensa Arcivescovile di Pisa pari a 173 ettari.

A questo punto Giovan Francesco Mastiani diviene il massimo proprietario di Rosignano. Su questa immensa proprietà, inizierà una grandiosa opera di bonifica e di miglioramenti agrari: “aveva ridotto tanto in collina che in pianura la campagna ridente e coltivata, in luogo che

una volta era bosco, e solamente asilo di animali selvaggi, e di facinorosi”.

Fabbricò case coloniche con sovvenzioni del governo toscano, dissodò terreni incolti, tagliò macchie e, sostituendo vigneti, gelseti ed oliveti nelle colline, dispose opportunamente il declivio a terrazze.

Giovan Francesco non si limitò a queste opere agricole, ma anche alla costruzione di “una deliziosa villa” come ci ha tramandato il Granduca Leopoldo II nei suoi giornali di Viaggio in Maremma.

Nel 1841 il Granduca fu ospite di questa villa ed una lapide collocata nell’atrio ne ricorda il soggiorno: “Il Granduca Leopoldo II nella notte dal 20 al 21 agosto 1841 in questa tranquilla villa posò” (Vedi biografia famiglia Vestrini).

Contemporaneamente Giovan Francesco si era adattato alla nuova situazione politica venutasi a creare e dimenticati i Lorena, ormai lontani nell’esilio austriaco, aveva stretto saldi legami con i francesi, nuovi padroni della politica mondiale, tanto che l’Imperatore Napoleone Bonaparte il 3 ottobre 1809 dal Palazzo delle Tuileries emanò un decreto con il quale Giovan Francesco Mastiani Brunacci, forse per l’adesione dimostrata durante l’occupazione francese della Toscana o per dei favori usati ai Francesi in quella occasione, veniva insignito del titolo di Conte dell’Impero,

assieme ad altre famiglie toscane. Giovan Francesco fu anche cavaliere della Legion d’Onore, ordine creato da Napoleone il 25 Floreale dell’anno X (19/5/1802) quando ancora era Primo Console.

Terminato il periodo napoleonico, dopo il trionfale ritorno in Firenze, il Granduca volle rivedere tutti i suoi sudditi ed intraprese un viaggio per la Toscana recandosi in primo luogo a Pisa e Livorno.

Il 22 novembre a Pisa furono organizzate feste e luminarie ed il patriziato pisano vi partecipò al completo; certamente anche Giovan Francesco Mastiani era presente a questi festeggiamenti dimentico, ormai, dei francesi e degli stretti rapporti intessuti, qualche anno prima, con Napoleone.

Nel 1833, Giovan Francesco fu il promotore, di una sottoscrizione per la costruzione di un monumento che ricordasse ai pisani l’illuminato Granduca Pietro Leopoldo I che tanto si era adoperato per lo sviluppo della città.

In quegli anni Giovan Francesco, usufruttuario del patrimonio dello zio Giulio, aveva ormai circa 70 anni e la moglie Elena circa 60.

Con il suo testamento Giovan Francesco cedeva a Ferdinando Sciamanna i seguenti beni: una casa da padrone in Rosignano acquistata per contratto il 6/9/1779 dal canonico Michele Lan, un’osteria con terre annesse detta “Acquabuona” in Rosignano (ex patrimonio Vernaccini) comprata all’asta pubblica nel 1773, una chiudenda con ulivi in Rosignano acquistata da Niccolajo Giorgerini il 27ottobre 1773, due chiudende di ulivi poste in Rosignano (ex patrimonio Tonelli) comprate all’asta pubblica nel gennaio 1778, diversi pezzi di terra posti in Rosignano e condotti a livello dalla Compagnia della Natività.

Per una migliore comprensione è opportuno occuparci di Teodoro Tausch e delle disposizioni testamentarie contenute nel testamento di Giovan Francesco Mastiani.

Teodoro Tausch era nato a Livorno il 14 gennaio 1792 ed era figlio legittimo del’Ill.mo Sig. Tenente Giovanni del fu Sig. Giuseppe Tausch di Praga e dell’Ill.ma Sig.ra Anna del Sig. Pietro Pàte di Livorno.

Teodoro Tausch era console generale della Sublime Porta Ottomana in Livorno e Cavaliere del Niscian, ordine civile del merito ottomano, ma, soprattutto era amico, consigliere ed abilissimo amministratore del conte Giovan Francesco Mastiani Brunacci.

I Tausch possedevano della terra ed una casa nel paese di Rosignano. Casa che nel 1820 fu presa in affitto per il Cancelliere Comunitativo ed in seguito fu la residenza della tenenza e del Comando della Stazione dei R.R. Carabinieri.

Questa casa nel 1827 fu rialzata di un piano ed ancora nel 1925 dagli anziani del paese era chiamata “La Cancelleria”.

I beni in Rosignano dovevano essere stati acquistati tra la fine del 1700 ed i primi anni del 1800 quando il maggiore Giovanni Tausch (padre di Teodoro) era il Comandante della piazza del litorale.

Del maggiore Tausch sappiamo che nel 1809 “aveva fatto scavare presso la torre di Castiglioncello sotto un lastrone di pietra ed aveva rinvenuto una quantità considerevole di vasi etruschi ed altri oggetti di pregio, tutti offerti ad un generale francese che allora comandava la Toscana”.

Grazie ai buoni uffici del conte Giovan Francesco Mastiani Brunacci, Teodoro nel settembre 1836 sposò a Firenze la venticinquenne nobile pisana Elisa Tidi.

Ella, orfana di entrambi i genitori, viveva nel capoluogo toscano, in Borgo Pinti, nel palazzo della zia materna Ernesta Finocchietti coniugata a S. E. il conte Guido della Gherardesca, maggiordomo maggiore di S.A.I. e R. il Granduca. I legami tra i Tausch ed i Mastiani erano già molto stretti ed il testamento di Giovan Francesco morto in Pisa nel 1839, nomina Teodoro Tausch erede.

Nel 1839 muore anche Ferdinando ex Sciamanna che nomina suo erede universale “Il Signor Cesare Sciamanna suo dilettissimo nipote che passerà al nome Mastiani Brunacci, undicenne ed affidato alle cure della zia Fulvia dal Borgo.
Nel 1845 Teodoro Mastiani (ex Tausch) fu presidente della Società “Maremmana” che aveva in animo di costruire la ferrovia lungo la costa tirrenica. Questa ferrovia avrebbe dovuto collegare Livorno a Grosseto per poi giungere nei pressi del torrente Chiarone vicino a Capalbio, località al confine con lo Stato Pontificio. Erano anche gli anni dell'allivellazione leopoldina nella piana di Vada e dei lavori intrapresi da Teodoro a Vada troviamo traccia nei diari dei viaggi nelle Maremme del Granduca. Al 29 aprile 1845 Leopoldo II annotava: “Traversai il Vione, i lavori Fabbri e Tausch: questo costruiva sei case nuove, fece nell’inverno 5.000 pertiche di coltivazione”...e più avanti.."allogarsi ai migliori livellari in premio le preselle del nuovo villaggio"...In data 7 giugno 1845 leggiamo: "Livellari che più si sono distinti per diligenza e quantità di lavori: A Vada: Gaetano Fabbri, Raffaele Caputi, Cav.re Teodoro Tausch Mastiani.

Nel 1855, Teodoro moriva in Pisa all’età di 63 anni, lasciando erede il figlio Francesco. Nella seconda metà dell'800 i Mastiani Brunacci, sempre molto attivi nel coltivare la nobiltà acquisita, vanno incontro a difficoltà economiche dalle molteplici cause, fra le quali va citato il non felice esito della società “Maremmana” e sopratutto il diffondersi in tutta la Toscana di una epidemia di colera e di tifo che causò migliaia di vittime in ogni paese e città del Granducato. Nel febbraio 1855, a causa delle persistenti piogge l’Arno, superati gli argini, allagò la campagna e danni gravissimi subirono le fattorie di famiglia lambite dal fiume. Gli allagamenti arrecarono ingenti danni alle colture, ma in primo luogo si ripercossero sui contadini delle fattorie e Teodoro, presumibilmente, dovette intervenire in loro aiuto. Nel testamento esortava poi il figlio Francesco, a “vendere subito tutti gli argenti, e altre cose che vi potessero essere in casa di lusso, come di alienare i fondi di Livorno, ed altri effetti spezzati, e così vedere di restare con un Patrimonio netto"
Francesco (1838-1901) si occupava dell’amministrazione delle proprietà terriere e molto spesso soggiornava nelle tenute di Rosignano e di Vada. A Rosignano oltre all’amministrazione dei beni di famiglia Francesco partecipava attivamente alla vita sociale del paese, nel 1880 fu sindaco di Rosignano. Da questa carica decadde quando entrò in vigore la legge del sindaco elettivo. Inoltre fu Consigliere comunale e provinciale del Mandamento di Rosignano. Sempre a Rosignano faceva parte della Società filodrammatica dei “Nascenti” tanto che nel 1857 partecipò, in veste di attore, alla rappresentazione della commedia “Il Ventaglio” di Goldoni. Fu legato da viva amicizia, al pittore macchiaiolo Diego Martelli che possedeva una vasta tenuta a sud di Livorno tra Chioma e Castiglioncello vicinissima alla villa al mare dei Mastiani (Villa Giulia). L’amicizia con Diego Martelli era così profonda che il pittore al momento della sua candidatura alla vita politica fiorentina (1889) vorrà il conforto ed i consigli del Mastiani. Le sue qualità di imprenditore furono notevoli e fu sempre “costante, assiduo, premuroso nel dare sviluppo a ciò che fosse o che Egli credesse utile e convenevole”. In agricoltura “ebbe tutte le audacie di ogni innovazione, ebbe il coraggio di tutti gli esperimenti, e coll’esempio e coll’azione, più efficacemente che colla parola svegliò e rinfocolò energie ed attitudini”. In politica il suo credo fu sempre fedele “ai principi di monarchico liberale”.

Cesare Mastiani Sciamanna, che abbiamo lasciato minorenne nel 1839, ligio ai voleri testamentari dello zio Ferdinando scelse come moglie un’esponente dell’aristocrazia pisana: la Contessa Francesca Curini Galletti imparentata, da parte di padre, con gli Alliata Campiglia. Il marchese Cesare e la moglie Francesca frequentavano quella società cosmopolita che sulle orme di Byron e Shelley, nella seconda metà dell’ottocento, aveva trovato in Pisa il luogo ideale per trascorrere i mesi invernali. Le loro giornate erano scandite dai ricevimenti e dalle corse al galoppo in San Rossore. Nel 1852 un grave lutto colpì Cesare e Francesca, con la morte del piccolo Ferdinando nato nel maggio 1849. Il dolore per la morte dell'unico figlio avvicinò Cesare e Francesca Mastiani ai loro contadini tanto che ambedue presero l’abitudine di invitare i figli dei mezzadri e del personale di fattoria a mangiare alla loro tavola. Nel 1859 Cesare fu ciambellano della I.e R. anticamera del Granduca, carica puramente onorifica, ma che conferiva enorme prestigio. Nel 1885 muore la moglie Francesca e nel 1890, sposa la svizzera Paolina Teresa Wùest. La morte lo colse il 10 gennaio 1906.
Dal matrimonio di Francesco e Giulia nacquero due figli: Teodoro nel 1862, che sarà il più brillante e mondano esponente dell’aristocrazia pisana e Lodovico nel 1864, laureato in giurisprudenza, sempre triste, goffo, timido e molto spesso in preda a crisi religiose.

Negli anni fra il 1904 ed il 1907 i fratelli Mastiani, ma soprattutto Teodoro, pur assillati dai debiti, dalle ipoteche e da enormi preoccupazioni economiche conducevano ancora una vita brillante.

Anche quando soggiornava in campagna Teodoro non mancava di trasformare ogni aspetto della vita rurale in un momento mondano. Fu sindaco di Rosignano nel 1902, riconfermato nel 1905. Annualmente, a Rosignano nella proprietà Mastiani si svolgeva una mostra di bovini ed equini. Anche il corrispondente de “La Nazione” si interessò della mostra e sul quotidiano fiorentino del 11 aprile 1906 possiamo leggere:

                      “Mostra di animali bovini a Rosignano”  Pisa 10, ore 19.
Nella tenuta di Rosignano, di proprietà del conte Teodoro Mastiani Brunacci, ha avuto luogo l’annuale Mostra degli animali bovini ed equini, appartenenti al suo vastissimo possedimento. Circa 700 animali furono presentati nelle varie classi, e tutti ammirati per robustezza, energia e regolarità di forme.

La commissione incaricata di giudicare ed assegnare i premi elargiti dal munificente conte, consistenti in denari, oggetti e coltelli Kunt, era composta da Don Andrea dei Principi Corsini, Duca di Casigliano, nobile Caputi, Dottor Graziani, ing. Carmignani, Don Ugo dei Principi Ginori Conti, Dottor Ferdinando Orsini Baroni. Il conte Teodoro Mastiani aveva invitato all’esposizione anche alcuni amici, offrendo loro cortese e gentile ospitalità.

A giugno nelle case si cominciava a parlare delle “bagnature”. In casa Mastiani le “bagnature” si identificavano con il trasferimento dei conti e di tutta la servitù nelle ville a mare di Rosignano M.mo e di Caletta dove la contessa Giulia ed i figli conducevano una vita meno salottiera di quella di città, ma, tuttavia, costellata da impegni mondano-benefici:

“Una festa della carità a Rosignano Marittimo”. "La Nazione" del 22 Luglio 1906 da Livorno.

Nell’ospitale e sontuosa Villa Mastiani ha avuto luogo una fiera di beneficenza a pro dell’Associazione di Misericordia Rosignanese, di cui il conte Teodoro Mastiani Brunacci, il simpatico e munificente gentiluomo, è presidente. Egli, anche come funzionario di Sindaco di quell’ameno paese, seppe infondere nei suoi amministrati tale gara di carità che l’incasso raggiunto superò le 2.000 lire. Alla festa piena di brio e di cuore, vi presero parte oltre alla contessa Giulia, che in ogni occasione tiene alte le tradizioni di ospitalità della sua famiglia, la contessa Guidi, la signora Traxler, la signora Graziani, la signora Raffaele, la signora Peri, la signora Silvestri, la signora Leporatti, la signora Grassi, la signora Merberga, la signora Cantini, la signora Marini, la signora Sanetti-Garibaldi, la baronessa Ostini Ciampolini, la signora Guerrini, le signorine Graziani, Pieri e Guidi.

Nel gruppo degli uomini il barone Patrone, il conte Fabio Guidi, il Cav. Minuti, il Direttore Grassi, il cav. Dott. Paolo Traxler, il barone Ostini, l’ing. cav. Carmignani, il cav. Fascetti col figlio, il conte Bandini, l’avv. Pieri Nerli ed altri.

Verso le 19 arrivarono in rapide ed eleganti automobili da Livorno, la signora e signorina Semama con i signori Semama padre e figli, la signora Barsanti Vanni, il signore e la signora Salmon; da Cecina, la contessa Bacci Pianciani col marito, ed i sig.ri Parisi, da Castiglioncello i giovani sposi

Valerio; dal Gabbro la contessa Bandini-Rosselmini, da Vada le signorine Barabino col fratello.

A tutti gli invitati fu servito un thè squisito. Tutti i numeri del programma ebbero un lieto successo e la festa venne rallegrata dalle tre distinte filarmoniche di Rosignano-Castelnuovo e Gabbro.

Alla sera nella ricca sala da pranzo venne offerto un gran diner al termine del quale si alternarono i brindisi tutti inneggianti alla dolcissima contessa Giulia Mastiani, ed a suo figlio Teodoro. Con rammarico fu notata l’assenza del conte Ludovico, trattenuto per urgenti affari nella sua tenuta.

Nel 1909 la situazione economica esplose. Il dramma consisteva anche nel fatto che in un periodo di maggior sofferenza finanziaria, la dozzina nefasta di fattori, sottofattori, intendenti e sottointendenti rubavano a man bassa, coperti dai marenghi d’oro e dagli scudi d’argento che consegnavano ai signorini con tanto d’inchino, durante le loro gite in calesse per la riscossione. I creditori, poi, non riuscendo a recuperare quanto anticipato ai Mastiani, diedero inizio a tutte quelle pratiche che portarono alla vendita all’incanto di tutto l’asse patrimoniale della famiglia.

I Mastiani, assistiti dall’avvocato pisano Umberto Abenaim, mai si presentarono all’udienze del Tribunale pisano ed in tutti i giudizi furono giudicati in contumacia. Questo atteggiamento, probabilmente, fu dettato dalla vergogna di dover comparire nelle aule del tribunale della città che li aveva ammirati ed invidiati negli anni dello splendore ed anche per non alimentare ulteriormente le chiacchiere sul loro conto che, tenevano viva la conversazione nei salotti e nei ritrovi della città.

Le cause giudiziarie si protrassero sino al 1914 anno in cui Teodoro abbandonò Pisa e Rosignano Marittimo, dove aveva la sua residenza, e si stabilì definitivamente a Firenze.

La fattoria di Rosignano Marittimo fu venduta all’asta giudiciale nel 1914 e fu acquistata, dai Fratelli Vestrini che nello stesso anno la cedettero in parte, al monopolio belga Solvay.

La tenuta di Vada (La Valle) e la grande casa del personale davanti alla fattoria, andarono alla famiglia Zolli (vedi biografia Zolli-Coviello).

Villa Giulia sul mare, fu acquistata dalla famiglia israelita Uzielli che la possedette sino a dopo il II° conflitto mondiale. La villa, alla quale fu poi dato il nome di Casamarina, fu rasa al suolo durante la guerra dagli americani perchè i tedeschi vi avevano installato una base della T.O.D.T (Per altre notizie su Villamarina e gli Uzielli vedi il volume: "Villa Marina e gli Uzielli a Caletta di Castiglioncello" di Branchetti, Baudon, Regoli scaricabile dal sito e relativa Galleria fotografica).

Con la morte di Lodovico nel 1935 e poi con quella di Teodoro nel 1951 si estingueva nella linea maschile il ramo dei Mastiani Brunacci che 112 anni prima Teodoro Tausch aveva continuato in virtù del testamento di Giovan Francesco Mastiani Brunacci.

L’altro ramo, quello dei Mastiani Brunacci Sciamanna, si era estinto, come abbiamo visto, nel 1906 con la morte di Cesare. (Sintesi da: "Ascesa e decadenza di una famiglia dell'aristocrazia pisana: I Mastiani-Brunacci (1402-1951)" di Alessandro Panajia per gentile concessione).
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Nella sezione Scaricolibri trovi i seguenti documenti relativi alla famiglia Mastiani Brunacci:
Il ballo in casa Mastiani-Brunacci di Augusto Gotti Lega.
Fallimento Mastiani-Brunacci: 1914 bando per vendita coatta dei beni immobili

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