Gabbro: i mulini del botro Sanguigna

Due vedute del mulino di Bucafonda

  Il mulino č ubicato nel punto in cui il torrente disegna una stretta ansa, dando luogo ad un salto di cascata superiore a dieci metri. Questa conformazione naturale fu scelta dai progettisti dell'epoca per costruirvi un complesso sistema molitorio costituito da due edifici distinti: il "principale" (che ospitava una ritrecine ed una grande ruota verticale) e la "ripresa" (con una ritrecine), funzionante con le acque di "rifiuto" che fuoriuscivano dal carcerario del mulino principale e si raccoglievano in una piccola gora posta fra le due costruzioni. Le prime citazioni in cui si fa specifico riferimento all'opificio risalgono agli inizi del Seicento quando, nei registri fiscali dell'epoca (Ufficio dei Fiumi e Fossi di Pisa), si parla di un mulino a ruota macinante ubicato "appič di Capofico", con Lorenzo di Antonio dal Matto proprietario e Lionigi Lischi livellario per 1/4. Nel 1684 l'opificio rientrava fra le proprietā Cartoni ed a questa famiglia sarebbe rimasto fino al 1738, anno in cui passava, mediante asta pubblica, a quella dei Conti Finocchietti. Un'altra informazione utile alla ricostruzione storica delle fasi di sviluppo dell'opificio ci viene fornita dal plantario allegato allo stesso Estimo, nel quale č rappresentato un solo edificio. Nel Catasto Toscano del 1823 gli edifici riportati sono due per l'evidente aggiunta del mulinetto di "ripresa". Quest'ultimo fu abbandonato alla fine dell'Ottocento ed escluso dai Ruoli d'imposta nel 1900. Nel complesso l'impianto disponeva di quattro unitā macinanti: due dipendenti dalla ruota verticale e due dalle ritrecini. Nel 1922 la famiglia Spinelli - che dalla seconda metā dell'Ottocento deteneva questo mulino insieme agli altri del Gabbro - rimodernava la struttura dell'impianto principale e con essa i macchinari al suo interno.  (Da: "Strade di pietra, vie d'acqua e di vento" di Giuseppe Milanesi e  Roberto Branchetti)

I mulini della Sanguigna