Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 07-04-2012 di David Fiesoli

  Riecco la Toscana popolare di Fucini
"Le veglie di Neri” resta il titolo più famoso La raccolta di tutti gli scritti restituisce la grandezza poetica

Un poeta e uno scrittore troppo a lungo dimenticato, Renato Fucini, quando invece fino agli anni ’60 era considerato lo scrittore toscano per eccellenza, e i suoi racconti hanno contribuito a fissare una certa immagine della Toscana - quella dei cacciatori e dei contadini arguti, delle feste popolari e della malaria - ormai radicata nell'immaginario di tutti gli italiani. L'attore pisano Massimo Grigò gli ha dedicato uno spettacolo, “Le veglie di Neri”, che talvolta gira ancora per teatri e con successo, ma finalmente arriva a rendergli giustizia arriva ora anche la riscoperta letteraria, attraverso un bel un volume - “Opere” - curato dal filologo e critico letterario Davide Puccini: edito dall'editrice fiorentina Le Lettere (pag. 688, 45 euro), il libro restituisce tutta la grandezza di Renato Fucini, togliendolo dalla troppo ristretta definizione di scrittore regionale e raccogliendo tutte le sue opere pubblicate in vita. Dai “Cento sonetti in vernacolo pisano”, composti nel 1872 e firmati con l’anagramma Neri Tanfucio, che ne decretarono il successo nei caffè fiorentini e gli aprirono le porte dei più importanti salotti, alle poesie in lingua via via accumulate a partire dal 1876 nel corso delle varie edizioni, fino a “Napoli a occhio nudo”, resoconto di un soggiorno nella città partenopea come inviato di Pasquale Villari. Fucini nacque a Monterotondo Marittimo ed era figlio di un medico: ma la sua vocazione letteraria lo spinse altrove. Lo scrittore toscano, i cui sonetti in vernacolo pisano conobbero all'esordio ben venticinque edizioni, si divertiva spesso ad interpretare anche nella vita reale il personaggio del toscano arguto e cordiale e, quando negli anni successivi prese a scrivere novelle, firmò spesso anche quelle con l' anagramma di Neri Tanfucio, di mestiere muratore. Tanto che anche la raccolta dei suoi migliori racconti fu da lui intitolata “Le veglie di Neri”, pubblicata una prima volta nel 1882 presso Barbera di Firenze, col titolo “Paesi e figure della campagna toscana” e poi nel 1884 col titolo attuale. L'amore per la caccia e il suo lavoro di ispettore scolastico gli permisero di frequentare e di conoscere profondamente la campagna toscana e i suoi abitanti, che ritraeva nei suoi racconti, in cui spesso traspare un certo pessimismo nei confronti degli ambiziosi progetti di riforma sociale del periodo, che spesso si scontravano con i pochi mezzi a disposizione: descriveva così il popolo inquieto e affamato di Firenze e Pisa, e della Maremma, nei giorni dell'Unità, con stile ironico, arguto e fulmineo. Fucini lavorò a Firenze alla Riccardiana, insegnò in una scuola tecnica di Pistoia, ma rinunciò alla nomina a provveditore agli studi per ritirarsi nella villa paterna di Dianella vicino a Empoli, dove morì nel febbraio 1921. A Fucini, il paese dove è nato, Monterotondo Marittimo, ha intitolato un premio letterario promosso anche dall'Università di Siena, mentre Empoli gli ha dedicato la biblioteca comunale, che porta il suo nome. La biblioteca nazionale di Roma conserva il suo carteggio: oltre duemiladuecento lettere a lui dirette tra il 1866 e il 1920. David Fiesoli

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