Vada la torre

 Inizio 1284, ultimazione 1303, al Demanio 1864
LA TORRE
(punta emergente dal Medioevo)

...L'interno si presentò come un grande complesso, vuoto, malmesso, abbandonato, affumicato, vissuto. Tanti caminetti ad ogni livello ed un pozzo che li attraversava tutti fino a raggiungere il sottoterra, per il pescaggio dell'acqua.

Un ambiente sbilenco, affascinante con i suoi misteri; senza un muro diritto, con pareti inclinate, con le volte difformi ed irregolari e locali vagamente riconducibili a quadrilateri. Una vera impresa! Frutto del genio militare o dell'estro di un capomastro? Certamente un ambiente pieno di fascino e chissà di quanta storia; poi, in paese ne avevano raccontate tante, come di quando divenne prigione con le evasioni misteriose, i lamenti dei carcerati e i segni sui muri del vano centrale che, si raccontava, essere stati fatti col sangue dei reclusi...ma chissà!...Forse leggenda!

Mi ricordai di quando da studente, il figlio del fanalista Retali, Giuliano, descrisse delle gallerie come partenti da sotto la torre, in varie direzioni e, con un altro compagno di treno se ne era programmata l'esplorazione.

Si erano studiati i particolari e dettagli dell'impresa con fili elettrici e cuffie da galena che avevano la capacità di funzionare da riceventi e trasmittenti.

L'uso di torce elettriche ed un misuratore per le lunghezze esplorate. Poi, l'annuncio!

Il Ministero della Marina aveva mandato operai a murare gli ingressi ed interrarli ad evitare pericoli e tutto sfumò nel nulla. Ma le gallerie c'erano davvero? dov'erano?

La realtà, era lì imponente, da rilevare. Si decise d'iniziare dall'alto dove ancora, fortunatamente, la terrazza consentiva una individuazione del quadrilatero irregolare, per procedere in discesa, di livello in livello, fino alla base. Delle gallerie nessuna traccia. Sarebbero occorsi accertamenti con attrezzi che non eravamo autorizzati ad usare. Giorno dopo giorno, vano dopo vano, coi rilievi di tutte le diagonali e tanti dettagli...cresceva in me il piacere di vedere lentamente riprodotta su carta l'immagine di quel monumento, il più antico del paese, che nonostante vi abitassi vicino da anni, non avevo mai esplorato ne sentito così mio. Il disegno delle sezioni mise subito in evidenza la corrispondenza verticale di facce esterne di un edificio centrale quadrilatero, simile alla Torraccia a sud di S.Vincenzo, di cui era evidente un successivo intervento strutturale aggiunto di forma tronco conica.

L'esame richiese ricerche presso vari archivi e il fascino aumentò nel ritrovare presso l'Archivio di Stato di Livorno, alcune vecchie carte dell'UTE dove avevo più volte lavorato, con allegati gli arroti (Arroti o cartoncini: Divisioni o frazionamenti di porzioni di terreni presso Ufficio Tecnico Erariale) che conoscevo per ricerche di confini tra contendenti, in perizie giudiciali, che erano di recente tornate dal Centro Restauri di Roma e che il Sovrintendente mostrava con orgoglio.

Le notizie casualmente raccolte negli anni, ormai parlavano di storia. Tanta storia.

Nel Medioevo Vada s'identificava col porto, il castello e la sua Torre che divenne il punto di riferimento.

Era la fine del tredicesimo secolo, (1284), quando la Repubblica di Pisa incaricò per la sua costruzione, un magistro (Capomastro, muratore. A Firenze erano iscritti un una specie di "albo") Guelfo Pandolfini ed un suo collaboratore che la costruirono con una base quadrilatera irregolare. Era lo stesso anno in cui alla Meloria scompariva dal mare la potenza della Repubblica Marinara di Pisa cui Vada era soggetta. La Repubblica pisana aveva già dall'XI secolo, la giurisdizione della fascia costiera, dal papa, a condizione di assolvervi la vigilanza contro atti pirateschi.

Una torre di vedetta simile ad altre torri, divenne faro di terra, unico ed esclusivo per un lungo tratto di costa, essendo poi vietati i fuochi a nord ed a sud, onde evitare incertezze ai naviganti.

Fu allora che ebbe, più che mai, la necessità di difendersi a terra, lungo costa, mediante una serie di avvistamenti a torre e una via di collegamento lungo mare per staffette a cavallo, portatrici veloci di ordini e notizie. Successivamente Cosimo costruì altre torri ed appose il suo stemma anche alle torri preesistenti com'era suo uso, le adattò alle nuove esigenze militari.

Il vecchio castello, i depositi e il porto, erano affidati alla difesa della torre armata, che non sempre riuscì ad evitare le numerose e devastanti invasioni.

Nel 1322, era presidiata da quattro sergenti pagati tre lire ciascuno.

Soltanto la torre, nel 1453, era rimasta a presidio del porto a guardia del litorale, in una zona ormai paludosa e semideserta. Probabilmente per tale occasione potenziata con i contrafforti a tronco di piramide come ora la conosciamo.

Nel 1479 vi sbarcarono i genovesi ed incendiarono il borgo segno che era in atto un disperato tentativo di continuare a sopravvivere in quel luogo, (con qualche piccolo orto o campicello) e nel 1485 vi fu una nuova occupazione dei fiorentini. Per i sopravvissuti o per gli irriducibili abitatori del luogo, iniziarono anche le grandi calamità.

Nella Torre c'erano i 5 archibusieri inviati dalla Repubblica Fiorentina perché nel 1538 i corsari turchi avevano ripreso le scorrerie, imperversando fin sotto di essa mettendo in fuga i pochi pescatori che sostavano nel porticciolo di Vada. D'intorno, la desolazione e la distruzione.
Ai primi del ‘600 il complesso risultava composto da un castello fatto di casetta per i soldati ed un magazzino per il sale...con torre. Il tutto nei pressi di una chiesa, con poche case, uno scalo in cui si poteva fare stanza cioè approdare e sostare con le galee anche se con gran pratica a causa delle secche presenti poco più a largo. I terreni attorno al fortino erano di proprietà della Mensa Arcivescovile di Pisa, tanto che i vari castellani che si succedettero erano fittuari per i detti terreni mentre il complesso difensivo apparteneva a S.A.S. il Granduca.

Nel 1749 vi era disposto un armamento di tre pezzi d'artiglieria da 10 libbre (Kg. 3,39) tre pezzi da due libbre e un pezzo da una libbra, due spingarde, 12 moschetti a miccia e un fucile per ogni soldato e munizioni; sulla terrazza superiore vi erano altri due cannoni oltre al fanale per fare fuochi di notte. La guarnigione era di nove uomini.

Nel 1751 il tutto era ridotto alla sola torre e alla casermetta per i soldati, come scrivevano i viaggiatori, che notarono all’interno di essa una fonte d’acqua buonissima a bere, che arrivava direttamente dal Poggio di Rosignano.

Sulla terrazza superiore oltre ai cannoni era stato posto un fanale in muratura per far fuoco nelle notti oscure e segnalare ai bastimenti in transito la rotta. Un fossato cingeva la torre, ed un ponticello a tre arcate la collegava al piccolo complesso di casermette e stalle dove alloggiavano i cavalleggeri ed i soldati di guardia quando non erano di servizio.

Campanelle in ferro murate alla prima cimasa della torre gli fecero pensare che in passato vi fossero attracchi di navi e che il mare la lambisse perché un fossato di 25 braccia la cingeva da tre lati, escluso levante, dove col ponticello in mattoni e stacco levatoio, era collegata con gli alloggiamenti e le stalle per i cavalli.

Trent’anni dopo, nel 1782, la guarnigione era composta da otto soldati appartenenti alla Compagnia di Campiglia delle Milizie di S.A.R. ed il loro comandante rinnovò la richiesta all’Amministrazione della Comunità di Rosignano per lavori di rifacimento del tratto di strada che collegava la torre al luogo detto la posta in riva al mare, ove venivano effettuate le operazioni di controllo sanitario ai bastimenti (la strada era lunga 65 pertiche ed un braccio ossia 190 mt. ca.)

Un’altra strada collegava la torre al paese di Rosignano ed era concepita per il passaggio delle truppe e delle merci in arrivo ed in partenza dal porticciolo. Anche per questa il mantenimento era essenziale e spesso sui documenti troviamo le spese per il suo riassetto. Tanta era l’importanza di questa strada che nel 1825 venne elevata a rango di strada regia.

In questi anni abbiamo notizia della presenza di un distaccamento di cannonieri guardia coste con una batteria di due cannoni collocata a cinquanta passi (60 mt. ca. ) dalla torre, verso il mare.

Dal racconto di un viaggiatore, che visitò il luogo nel 1832 appare una terra non ancora del tutto bonificata, una pianura boscosa su cui spiccavano le poche capanne dei pastori ed una costa piatta coperta di alghe. Nei pressi della torre, su indicazione di un soldato, rinvenne alcuni frammenti di marmo lavorato, un capitello ed altre antichità alle quali non seppe dare una datazione precisa. Oggi grazie alle moderne ricerche archeologiche sappiamo che quei reperti appartenevano a Vada Volaterrana, l’insediamento attestato fra i secoli III a. C. e VI d.C.

Nel 1884 la torre di Vada passò dal Genio Militare in quanto posto militare dismesso, al demanio dello Stato, assieme a molte altre torri e posti armati della costa.

Oggi dopo un’opera di restauro che ha riportato la struttura alle forme pressochè originali, la Torre, sede della LEA, è visitabile in occasione di mostre ed esposizioni. (Sintesi da:"Quaderni Vadesi 10 "di Gianfranco Vallini ed altri testi)