Vada la campagna     
Ex concimaia al podere delle Macchiole, a destra quella della fattoria Cigni ai Polveroni in disuso dal 2006.

  La concimaia, costruita a brevissima distanza dall'abitazione, era il luogo di raccolta dei rifiuti della stalla (paglia, escrementi animali e non solo) e quant'altro di organico venisse prodotto dagli animali e dall'uomo. Il materiale accatastato (oggi rifiuto speciale ndr) e ricoperto con poca paglia, fermentava in modo naturale e produceva l'unico concime disponibile perfettamente idoneo all'utilizzo nelle colture del campo e dell'orto. E' così da sempre, ma verso la metà del secolo scorso si comincia ad evidenziare il problema sanitario legato alla vicinanza della concimaia e dei suoi reflui, in particolare il percolato che in mancanza di impermeabilizzazione, filtra nel terreno e arriva alla falda del pozzo sempre presente nelle vicinanze. Un inquinamento che altera l'acqua della famiglia e della stalla, provocando salmonellosi ed altre patologie legate alla precarietà dell'igiene. Alcune leggi già ne avevano tentato la regolamentazione, ma erano passate fra la generale ignoranza e incompetenza in materia. Saranno le organizzazioni di categoria, a riproporre questo genere di problematiche, come risulta dal documento che segue. Nel gennaio 1952, a seguito di una Conferenza Comunale sulla produzione, indetta dalla Confederterra, fu pubblicato il seguente articolo:
"Capita spesso di vedere, nelle vicinanze delle case coloniche, dei mucchi di letame che i contadini chiamano ormai per consuetudine, "concimaie". La prima osservazione in merito è quella relativa all'igiene. Infatti mucchi di letame, troppo vicini alle case e privi di una qualunque opera che ne raccolga gli sgrondi, sono un continuo pericolo per la salute pubblica e vietati in merito dalle leggi sanitarie. È fatto quindi obbligo, in base a queste leggi, a tutti i proprietari di costruire concimaie igieniche, e cioè lontane almeno sette metri dall'abitazione; platea impermeabile e pozzetto maceratoio".
Ma la concimaia igienica non è solo utile da un punto di vista igienico in quanto rappresenta anche una ricchezza per il contadino, per il proprietario e per l'economia agricola in senso generale. Se si considerano però i vantaggi che se ne ricava, si può senz'altro dedurre come sia conveniente e come il proprietario sia interessato alla costruzione immediata della concimaia. Infatti: tenendo conto che un bovino in un mese da tanto letame quanto pesa (q.li 4 circa) in capo all'anno da 50 quintali circa di letame. In un'azienda con 10 capi di bestiame si hanno 500 quintali di letame pari a 120 metri cubi. Il letame che non è stato conservato nella concimaia perde il 50% del suo valore e viene venduto a 700 lire al metro cubo; quello maturato invece in una concimaia 2.000 lire al metro cubo...
(Da: Mezzadria di Elvio Collu scaricabile dal sito)
                                                         ******
Fin da tempi remoti, ai rifiuti degli uomini si aggiungevano gli escrementi degli animali. Anzitutto c’erano i cavalli, asini e muli usati quali mezzi di trasporto che venivano tenuti nelle stalle annesse alle case. Il problema non era dei più gravi. Chi poteva affrontare la spesa di comperare e tenere un cavallo o un asino o un mulo aveva in genere la possibilità finanziaria di assoldare un servitore che tenesse la stalla pulita. Le bestie avevano il loro “letto di paglia” e occasionalmente vi si cumulava del letame: ma il tutto restava di solito nei limiti della tollerabilità. Inconvenienti nascevano soprattutto quando il letame cavato dalle stalle non veniva portato nei campi, ma ammucchiato per esempio sulla strada vicina...Comunque oltre a cavalli, asini e muli c’erano torme di altri animali che creavano problemi ben più gravi, in particolare i porci «causano fetore inestimabile e ci sono famiglie che ne tengono otto o dieci»...
I fertilizzanti erano uno degli elementi, la cui accentuata scarsità creava difficoltà notevoli al contadino, rischiando di provocare strozzature vere e proprie nel processo produttivo agricolo. Il fertilizzante per eccellenza era quindi il letame, cioè gli escrementi degli animali. Ma non ce n’era mai abbastanza tanto che i contadini che coltivavano poderi non lontani dalla città acquistavano regolarmente dai vuotapozzi cittadini carrate di maleodoranti rifiuti umani. Volevano però la “materia soda” (detta anche “materia per contadini”) considerata “bona per concio” (cioè buona per concimare) e rifiutavano la “materia tenera” detta anche “acquastrone” cioè il liquame che come fertilizzante non serviva. Condizionati quindi dalla scarsità i contadini curavano in modo particolare la raccolta e la conservazione del letame che per loro era materia prima di essenziale importanza: le due operazioni peraltro quanto a igiene e fragranza non erano tali da entusiasmare chi contadino non era... Ma l’aspetto più pateticamente tragico della faccenda del letame era  quello delle persone che per via della loro povertà raccoglievano il letame per la strada, quando ne trovavano e se lo portavano a casa dove lo cumulavano fino a costituirne una quantità che potevano vendere. Al problema dei rifiuti umani e animali e della cumulazione, conservazione e macerazione del letame si aggiungeva il problema delle acque stagnanti e l'area intorno a Vada ne era ben fornita. L'acqua «ferma del padule l’estate rende gran fetore». Fetori, puzze, odoracci provocavano sensazioni penose e rappresentavano una forma di inquinamento. Nel caso specifico però non era soltanto questione di sensazioni olfattive sgradevoli e rivoltanti: c’era di mezzo anche la radicata convinzione che fetori, puzze e odoracci potessero da un momento all’altro far improvvisamente scoppiare una sempre paventata epidemia di peste quam Deus avertat come esclamavano terrorizzati i contemporanei tutte le volte che erano costretti a pronunciare la terribile parola.
(Sintesi da: "Miasmi e umori" di Carlo M. Cipolla)
  1867 - Indagine ministeriale sull'uso degli spurghi come concime. 21 domande rivolte ai sindaci


Vada la campagna