Vada la bonifica

                                Tutto comincia nel 1771...
L'antefatto storico.
Vada le ragioni di un degrado totale e l'origine della palude malarica.
Dopo il 1200 Pisa, che aveva valorizzato Vada come scalo marittimo, non è più in grado a causa delle lotte interne di garantire la sicurezza e l'attività del porto. Mancanza di lavoro quindi e abbandono progressivo della zona, aprono la strada al progressivo impaludamento del territorio, che finisce pian piano per fare le spese della situazione idrogeologica da sempre precaria, ma faticosamente fronteggiata per quanto possibile dagli abitanti, essendo il piano di campagna a livello più basso di quello marino. Le saline senza più gestione sono le prime paludi, inutilmente Pisa alla fine del 1200 offre concessioni a chi torna ad abitare la zona. Le vicende politiche pisane coinvolgono anche Vada che passa nei secoli successivi ai fiorentini, ai milanesi, agli aragonesi, di nuovo ai fiorentini che nel 1453 ne demoliscano il castello eliminando anche l'ultimo elemento in grado di fornire un minimo di sicurezza. Le periodiche esondazioni del Tripesce e del Cecina completano l'impaludamento che rimarrà  generalizzato fino alla fine del '700.
Il fatto storico.
Che la Maremma intera sia in queste condizioni "amara e malata" è ben noto anche ai proprietari, cioè alla Mense Arcivescovili di Grosseto e Pisa, che si guardano bene da intraprendere iniziative, preferendo uno sfruttamento al limite del disuso, spesso dato in gestione a terzi speculatori, pur di non avere problemi, ricavandone un minimo di reddito garantito. Parimenti è noto ai Medici, che prediligendo l'economia cittadina, tralasciano totalmente ogni tipo di necessità delle campagne. Ci vorranno gli Asburgo Lorena che con Pietro Leopoldo pone le basi di una radicale rinascita. Nel 1771 è a Vada per rendersi conto personalmente e trova i soldati della torre malati e febbricitanti. Perchè l'impaludamento non è solo terreni non coltivati, ma significa anche malaria (febbre alta ogni 3-4 giorni), ritenuta allora originata dalla "cuora" cioè la "mala aria" dovuta alla putrefazione di insetti, pesci e alghe, in ambiente di acqua mista, dolce e salata. Solo nel 1880, a lavoro finito da decenni, il ricercatore francese Charles Laveran (Nobel 1907) studiando la malattia del sonno, capisce trattarsi di un protozoo, il Plasmodium malariae, che passa nel sangue e nel 1895, Battista Grassi individua la zanzara anofele femmina come agente di trasporto. Pietro Leopoldo pone le basi e da gli indirizzi, ed anche l'attivo Arcivescovo Franceschi di Pisa inizia a fare i primi canali fermandosi poco dopo con l'inizio del periodo napoleonico nel 1799. E' invece Leopoldo II a riprendere nel 1824 e portare avanti fino alla fine l'impresa diventata per lui lo scopo centrale della sua attività.
L'opera appare faraonica, complesse e controverse, le modalità indicate dai tecnici per affrontare il problema senza mezzi termini. Anche perchè alle vaste aree paludose per impossibilità di scarico in mare, si uniscono due bacini "pestiferi" lungo la costa, formati dal riflusso delle onde e dove il libeccio porta alghe a chiudere e marcire. Sono gli Stagnoli, rispetto alla torre, due a levante in zona Bonaposta e uno a ponente al posto del cimitero attuale. Gli ingegneri incaricati dal Granduca immaginano colmate (riempimenti) con sedimenti del Fine, del Cecina, del Tripesce deviati in parte dagli alvei naturali e portati a rifornire la palude. Solo il Tripesce viene realmente deviato nel 1839 dopo il ponte della via Aurelia ed indirizzato verso gli Stagnoli della Bonaposta per realizzarne la colmata, mentre si aggiunge la costruzione di una diga a palizzata riempita di alga per impedire al libeccio di riempire ancora la depressione con acqua marina.  Nel Padule nuovi fossi vengono scavati, larghi e profondi e convogliati verso un unico canale principale che sfocia in mare attraverso tre cateratte. Ma vengono anche effettuati enormi riporti di terreno sfruttando i punti più rialzati, movimentato con mezzi manuali da centinaia di operai prelevati dall'appennino pistoiese che in gran parte pagano con la vita il pinzo dell'anofele. In zona Capo Cavallo alla confluenza della rete di canalizzazione verso il canale unico (Canale del Molino a Fuoco), viene istallata la stazione di controllo dell'intera rete ed alle iniziali cateratte viene sostituita una pompa a ruote da 8 cavalli azionata a vapore, del livornese Hoppner, costata l'enorme cifra di 28.000 lire, poi modificata e utilizzata nei tempi morti per azionare una macina da grano per abbassarne i costi. (Da qui il nome di Molino a Fuoco derivato dalla caldaia a vapore per l'azionamento della pompa/molino). Rivelatasi comunque insufficiente viene sostituita nel 1894 da una pompa centrifuga, senza che neppure questa riesca a prosciugare l'intero padule. Il primo progetto, redatto dall'Ing. Municchi agli ordini di Leopoldo II, viene continuato dall'Ing. Carlo Cartoni di Pisa, prima, e poi dal Dott. Carlo Giusteschi, sotto la presidenza del Senatore Principe Piero Ginori Conti, ricco proprietario di Vada e dopo il Ginori, dallo stesso Giusteschi, con la mansione di Presidente e di tecnico. Il Giusteschi vuol fare una modifica dei fossi con un nuovo fosso detto Circondariale, senza però ottenere quanto si riprometteva, e resta in carica fino alla sua morte; gli succede in tale incarico il Dott. Giorgio Marchionneschi. L'opera risanatoria si completerà con l'impianto di estese pinete su terreni demaniali a difesa dei nuovi territori bonificati. (Pinete di Vada, Cecina,ecc.) Ma può essere ultimata solo nei primi anni Trenta con il prosciugamento di ancora 300 ettari ad opera dell'apposito Consorzio di Bonifica creato nel 1933. Oggi l'acqua raccolta dai canali è pompata da elettropompe automatiche dotate di gruppo di continuità elettrica e gruppo elettrogeno per il funzionamento in mancanza di corrente. Le pompe sollevano e inviano verso mare con un breve canale in muratura, l'acqua in arrivo dalla campagna, ogni volta che il livello aumenta oltre il limite prefissato. All'estremità lato mare, una protezione in grosse pietre evita l'insabbiamento del canale (vedi foto allegate).
La bonifica meccanica del Consorzio va dalla Mazzanta al Paese di Vada (fosso circondariale) e comprende i seguenti fossi e strade: Fosso della Lama, m. 100 - Fosso del Mulino, m. 740 - Fosso dei Fiori, m. 1308 Fosso Torto I, m. 520 - Fosso Torto II, m. 420 - Fosso del Lago, m. 870 -  del Mastiani, m. 1550 - Fosso del Felciaione, m. 2342 - Fosso della Pineta o Travetta - Fosso del Tesorino, m. 736 -  Fosso Pozzuolo lato Cecina, m. 320 - Fosso La Fontina, m. 650 .

Queste sintetiche note sono estratte da:
"Le bonifiche del Granduca e le proteste del Papa - Vada e il suo territorio in età lorenese" di Gabriele Paolini,  scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito.
"
Una comunità della Toscana Lorenese. Rosignano (1765-1808) di P.L.Ferri e S.Rossi scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito.
"Vada nei secoli" di Don Mario Ciabatti,  scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito.
"Strade di pietra, vie d'acqua e di vento" viaggio tra memoria e progetto nel territorio di Rosignano Marittimo,  di Giuseppe Milanesi e Roberto Branchetti reperibile il libreria.
"Quaderni Vadesi"  di autori vari,  sono in vendita presso la Parrocchia di S. Leopoldo a Vada.