Vada S. Gaetano
1996 - Gli Horrea (magazzini) visti da nord

                                                Gli horrea (B)
Gli horrea (magazzini) erano a pianta rettangolare, con cortile centrale porticato. Gli ambienti (cellae) erano 34, disposti simmetricamente lungo i lati Est ed Ovest; di essi, 4 all'estremità Sud e, verosimilmente, 4 all'estremità Nord, erano di m 18x5,5, gli altri misuravano in media m 11,40x4,40. L'entrata era da Sud, dal lato del porto e, come normalmente negli horrea, di modeste dimensioni (m 1,80 = 6 piedi romani), in modo da essere adeguatamente controllata. Le merci, in arrivo o in partenza dal porto, erano trasportate su carri sino all'ingresso: l'interno degli horrea, in generale, non era praticabile con veicoli per motivi di sicurezza, e quindi i prodotti venivano trasportati e immagazzinati manualmente da facchini (sacconi). Il portico, costituito da due file simmetriche di pilastri, di cui sono state individuate alcune basi con possenti fondazioni in opus caementicium, proteggeva le cellae dagli agenti atmosferici e permetteva l'eventuale deposito di merci, anche in caso di maltempo. Le caratteristiche strutturali dell'edificio e l'assenza pressoché totale di granaglie mineralizzate o carbonizzate porta ad escludere che questi horrea fossero granaria: erano piuttosto magazzini per vasellame ceramico, per derrate alimentari (vino, olio, salse di pesce, conserve di frutta, etc.) contenute entro anfore, di cui sono stati effettuati cospicui rinvenimenti, e, probabilmente, per molte altre merci di cui non sono rimaste tracce archeologiche. Non sono evidenti particolari specializzazioni nell'uso dei vani, ad eccezione del 9, attraversato da una canala per il drenaggio delle acque piovane dal portico, e del 12, in cui è ubicato un pozzo. La presenza di strutture connesse con l'acqua, e quindi fonte sicura di umidità, mal si concilia con l'immagazzinamento di gran parte delle merci; è improbabile dunque che tali ambienti fossero utilizzati come depositi, oltre tutto anche per motivi di sicurezza: nei due vani, infatti, doveva registrarsi un continuo viavai di gente, poiché 1'uno garantiva 1'accesso alle piccole terme e l'altro ai rifornimenti di acqua. Una funzione particolare, non meglio definibile, è ipotizzabile per il vano 15 poiché è l'unico, fra quelli scavati, che presenta parte del pavimento in malta, e quindi la possibilità di un maggior isolamento dall'umidità rispetto agli altri ambienti, che erano pavimentati con spessi battuti in argilla.
Gli horrea a pianta quadrangolare con cortile centrale molto spesso erano a due piani, con la sistemazione al piano superiore di altre cellae, e/o, più frequentemente, degli uffici e degli alloggi del personale. Le fondazioni e i muri degli horrea di S.Gaetano, strutturalmente, potevano sostenere un piano superiore, ma dell'esistenza di questo non abbiamo certezza, dato che non ci sono giunti resti archeologici relativi a rampe o scale. Risultano invece ben attestate consistenti ristrutturazioni effettuate intorno al IV sec. d.C.: negli ambienti scavati stratigraficamente sono stati individuati riempimenti di argilla e di argilla e pietrisco, che hanno restituito reperti non anteriori al III sec. d.C.; nel vano 16, a livello della fossa di fondazione del muro Nord, vennero disposte orizzontalmente, a costituire un vespaio, anfore africane intere di età tardoantica. Ad un periodo successivo a tali ristrutturazioni sono da attribuire attività artigianali (lavorazione di metalli) individuate nel medesimo ambiente.
Dallo studio del reperti rinvenuti risulta che fra la fine del I e gli inizi del VII sec. d.C. in questi magazzini giunsero merci dall'intero bacino del Mediterraneo: dall'Etruria meridionale, dal Lazio e dalla Campania, vasellame da cucina; dalla Gallia, vino e vasellame da mensa verniciato (terra sigillata); dalla Penisola Iberica, olio e salse di pesce; dal Nord-Africa, vasellame da cucina, terra sigillata, lucerne, olio e salse di pesce; da aree medio-orientali, e in particolare dalla Palestina, olio e vino; dall'Asia (coste egee della Turchia), suppellettile verniciata e non. Tra i prodotti locali destinati all'esportazione sono attestati vino e vasellame (terra sigillata e suppellettile da fuoco); pur in assenza di evidenze archeologiche, è possibile ipotizzare anche l'esportazione del sale, la cui attività estrattiva a Vada nel V sec. d.C. è attestata dal poeta Rutilio Namaziano e, nel Medioevo, da fonti documentarie.
Nei magazzini, dunque, confluivano i prodotti del territorio circostante, destinati ad una commercializzazione su scala più o meno ampia, e qui giungevano merci provenienti dai traffici transmarini: dato che ci sfuggono le modalità con cui avvenivano tali transazioni commerciali, non è da escludere che in alcune delle cellae potesse svolgersi anche la vendita al minuto. E' certo che l'attività dell'edificio continuò sino agli inizi del VII sec. d.C.: i traffici marittimi non sembrano subire interruzioni a causa degli avvenimenti politico-militari; nonostante la guerra goto-bizantina, ad esempio, per tutto il VI sec. d.C. continuarono ad arrivare merci dalla Gallia, dal Nord-Africa e dall'Oriente; coeve ceramiche di produzione locale (testelli, olle, tegami) documentano i più tardi strati di occupazione degli horrea. (M.P.)
Dal fascicolo: "Vada Volaterrana"   coordinamento scientifico della prof.ssa Marinella Pasquinucci

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