La fabbrica/bombardamenti   

1940 - Bombardamento sull'officina meccanica 1940 - Bomba alleata colpisce la foresteria 1940 - Bomba alleata colpisce la foresteria 1940 - Ciminiera ed officine colpite dal bombardamento francese 1940 - Ciminiera ed officine colpite dal bombardamento francese 1940 - Piazzale ed officine dopo il bombardamento francese 1940 - La ciminiera dimezzata dalla bomba francese 1940 - La ciminiera dimezzata dalla bomba francese Bomba americana nel cortile centrale Bomba americana Bomba americana

1940 - Bombardamenti sullo stabilimento (Arch. Solvay, A.Pastacaldi, R. Pardini)

  17 giugno 1940 - Nella tardissima notte l'aviazione francese attacca la Toscana. Per tre volte un solitario velivolo sorvola lo stabilimento e, ad ogni passaggio, sgancia grappoli di bombe con notevole precisione. Le sgancia sull'officina meccanica, sulle tubazioni idrauliche e sulla «Foresteria». Un ordigno si schianta addirittura a metà di una ciminiera, che resterà «dimezzata», dapprima anche con due moncherini levati al cielo, e poi testimonianza perenne della prima, ed imprevista, ferita sofferta. Si sentono raffiche di mitragliatrice, ma sono sparate dall'aeroplano francese a coronamento dell'incursione. Non si registrano lutti, per fortuna, ma serpeggia evidente la sconcertata amarezza per la mancata reazione della difesa antiaerea, per il fragore delle esplosioni, per la dimostrazione di efficienza, pur con l'impiego di pochissimi mezzi, data dalla nazione nemica, considerata già vinta. Del resto la Francia nello stesso giorno di lunedì 17 giugno firma l'armistizio con la Germania. Con noi rimanda di sette giorni la promulgazione del documento, con gesto di palese freddezza. Sul protagonista dell'impresa portata a compimento a Rosignano Solvay si scatena la fantasia popolare. Si dice che abbia guidato il velivolo un ex tecnico dello stabilimento, perfetto conoscitore delle strutture della fabbrica, così abile e così fortunato da centrare perfino una ciminiera. Si aggiunge che l'aeroplano sia venuto dal territorio metropolitano francese, e non dalla vicina isola corsa, e che per un guasto si sia inabissato in mare durante il volo di ritorno. «Non un guasto» si sussurra «ma addirittura una missione suicida per la scontata mancanza di carburante in dotazione al piccolo bombardiere, una vendetta audace con in palio la vita stessa del furente aviatore». Voci, illazioni, ipotesi, dicerie, man mano ingrandite nel coro dei bisbigli sempre più fitti; commenti rivelati come importanti segreti, privi di alcun effettivo riscontro. La realtà è che il pilota transalpino, con ogni probabilità, ha potuto tranquillamente atterrare sull'aeroporto isolano dal quale era partito e che i danni alla fabbrica, con l'eccezione della ciminiera «dimezzata» si rivelano gravi, ma non gravissimi. Il velivolo francese lancia sulla fabbrica anche parecchi manifestini. Spariscono quasi tutti, raccolti dalle guardie. Ma qualcuno resta e viene raccolto. Dice: «Il Duce ha voluto la guerra? Eccola! La Francia non ha niente contro di voi. Fermatevi! La Francia si fermerà». Il messaggio venuto dal cielo non parla (bontà sua) della «pugnalata alle spalle» alla nazione confinante. Non ci sono lutti, ma nemmeno la contraerea... fortunatamente non ci saranno attacchi gravi durante tutto il conflitto. Sintesi da "La ciminiera dimezzata" di Celati - Gattini.


Piano di volo dell'aereo francese (Per gentile concessione di Luca Luperini)

Fonogramma del Prefetto al Ministero dell'Interno (Per gentile concessione di Massimiliano Battini)

                                    I miei ricordi del '44
Poiché a quell'epoca c'ero anch'io, anche se molto piccolo (sono del dic. 38, e sono arrivato a Rosignano da Trieste nell'agosto '42), cerco di scavare nella memoria per dare un piccolo contributo, alla ricostruzione della storia intorno allo stabilimento in quel tragico periodo.
E' molto probabile che in quei giorni del giugno-luglio 44, mia madre, mia sorella, la domestica slava che avevamo portato da Trieste ed io, fossimo già sfollati a Donoratico presso la villa Serristori (sotto alla torre), dove erano sfollate le famiglie di diversi impiegati Solvay, fra i quali ricordo i Sismondo (che poi dovettero scappare in sud America perché erano fascisti), i Monti (Floriana e Ivo poi Capo Fabbrica di Sodiera).
Ricordo comunque di aver visto all'epoca (ero, non so perché, da qualche parte al villaggio Ciano o al villaggio Aniene), forse prima del giugno-luglio 44, il lancio dei bengala sullo stabilimento che aveva illuminato a giorno tutta la zona, ma non ricordo le bombe. 
All'Aniene il dirigente rimasto presente, era il direttore Dott. Frattali, e forse il direttore della DCT, ing. Mario Muzzati, il famoso inventore delle soffianti a cloro che di tanto in tanto prendevano fuoco, che girava con una moto munita di ruotine in gomma dura, tolte da un carrello di movimentazione di stabilimento.
A questo proposito potrebbe essere utile scovare dai giornalini aziendali della Solvay di Rosignano un articolo che nei primi anni '80 Carlo Muzzati aveva scritto per ricordare il padre e ricordava appunto il periodo di guerra.
Mio padre Alberto, che lavorava alla Standard a Trieste fu convinto a fare domanda d'assunzione alla Solvay. Fu assunto all'Aniene, credeva che esistesse solo Monfalcone, invece gli fu fatta la sorpresina e fu spedito direttamente a Rosignano, cosa che all'epoca e nella circostanza della guerra era come andare in Australia. Successivamente divenne Direttore, ma all'epoca era ing. capo delle fabbricazioni e non ancora dirigente, era rimasto in stabilimento, col sig. Antigone Pucci (suo fedelissimo braccio destro nonostante fosse difficile a gestire) e forse con l'ing. Alberto Orlandi (capo del Reparto Elettrico), il dott. Pischiutta, il sig. Marcuzzi (Capo dell'officina meccanica).
Mi diceva che andava spesso in bicicletta a Ponteginori per la salamoia: una volta era stato mitragliato da un ricognitore, e si era salvato gettandosi in un fosso. Mio padre, conoscendo il tedesco come seconda madrelingua e bene l'inglese, parlamentava per lo stabilimento prima con i tedeschi, poi con gli americani con i quali se la vide brutta perché parlava inglese come un tedesco ed era stato sospettato di essere una spia tedesca.
Mi è stato detto che anche all'Aniene c'era un rifugio per civili, ed il dott. Frattali fu messo dai partigiani ospiti forzati, per spregio, alla bicicletta che era stata adattata al ventilatore di estrazione d'aria dai rifugi. Mi sembra ricordare che erano sotto il laboratorio: strano modo di percepire la sicurezza nella scelta dei luoghi adatti a rifugio antibombe! (Per gentile concessione dell'ing. Marcello Orazio collaboratore del sito)
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