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				La 
				fabbrica/bombardamenti 
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               1940 - Bombardamenti sullo stabilimento (Arch. Solvay, A.Pastacaldi, R. Pardini)  | 
            
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													Poiché a quell'epoca c'ero 
													anch'io, anche se molto 
													piccolo (sono del dic. 38, e 
													sono arrivato a Rosignano da 
													Trieste nell'agosto '42), 
													cerco di scavare nella 
													memoria per dare un piccolo 
													contributo, alla 
													ricostruzione della storia 
													intorno allo stabilimento in 
													quel tragico periodo. 
												
													
													E' molto probabile che in 
													quei giorni del 
													giugno-luglio 44, mia madre, 
													mia sorella, la domestica 
													slava che avevamo portato da 
													Trieste ed io, fossimo già 
													sfollati a Donoratico presso la villa Serristori (sotto 
													alla torre), dove erano 
													sfollate le famiglie 
													di diversi impiegati Solvay, 
													fra i quali ricordo i 
													Sismondo (che poi dovettero 
													scappare in sud America 
													perché erano fascisti), i 
													Monti (Floriana e Ivo poi 
													Capo Fabbrica di Sodiera).
													 
												
													
													Ricordo comunque di aver 
													visto all'epoca (ero, non so 
													perché, da qualche parte al 
													villaggio Ciano o al 
													villaggio Aniene), forse 
													prima del giugno-luglio 
													44, il lancio dei bengala 
													sullo stabilimento che aveva 
													illuminato a giorno tutta la 
													zona, ma non ricordo le 
													bombe.  
												
													
													All'Aniene il dirigente 
													rimasto presente, era il 
													direttore Dott. Frattali, e 
													forse il direttore della DCT, 
													ing. Mario Muzzati, il 
													famoso inventore delle 
													soffianti a cloro che di 
													tanto in tanto prendevano 
													fuoco, che girava con una 
													moto munita di ruotine in 
													gomma dura, tolte da un 
													carrello di movimentazione 
													di stabilimento. 
												 
												
													
													A 
													questo proposito potrebbe 
													essere utile scovare dai 
													giornalini aziendali della 
													Solvay di Rosignano un 
													articolo che nei primi anni 
													'80 Carlo Muzzati aveva 
													scritto per ricordare il 
													padre e ricordava appunto il 
													periodo di guerra. 
													 
												
													
													Mio padre 
													Alberto, 
													che lavorava alla Standard a 
													Trieste fu convinto a fare 
													domanda d'assunzione alla 
													Solvay. Fu assunto all'Aniene, 
													credeva che esistesse solo 
													Monfalcone, invece gli fu 
													fatta la sorpresina e fu 
													spedito direttamente a 
													Rosignano, cosa che 
													all'epoca e nella 
													circostanza della guerra era 
													come andare in Australia. 
													Successivamente divenne 
													Direttore, ma 
													all'epoca era ing. capo 
													delle fabbricazioni e non 
													ancora dirigente, era 
													rimasto in stabilimento, col 
													sig. Antigone Pucci (suo 
													fedelissimo braccio destro 
													nonostante fosse difficile a 
													gestire) e forse con l'ing. 
													Alberto Orlandi (capo del 
													Reparto Elettrico), il dott. Pischiutta, il sig. 
													Marcuzzi (Capo dell'officina 
													meccanica). 
												 
												
													
													Mi diceva che andava spesso 
													in bicicletta a Ponteginori 
													per la salamoia: una volta 
													era stato mitragliato da un 
													ricognitore, e si era 
													salvato gettandosi in un 
													fosso. Mio padre, conoscendo 
													il tedesco come seconda 
													madrelingua e bene l'inglese, parlamentava per lo 
													stabilimento prima con i 
													tedeschi, poi con gli 
													americani con i quali se la 
													vide brutta perché parlava 
													inglese come un tedesco 
													ed era stato sospettato di 
													essere una spia tedesca. 
												
													
													
													Mi è stato detto che anche 
													all'Aniene c'era un rifugio 
													per civili, ed il dott. 
													Frattali fu messo dai 
													partigiani ospiti forzati, 
													per spregio, alla bicicletta 
													che era stata adattata al 
													ventilatore di estrazione 
													d'aria dai rifugi. Mi sembra 
													ricordare che erano sotto il 
													laboratorio: strano modo 
													di percepire la sicurezza 
													nella scelta dei 
													luoghi adatti a rifugio 
													antibombe! 
												
													(Per gentile concessione 
													dell'ing. Marcello Orazio 
													collaboratore del sito) 
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