Rosignano Marittimo ieri

                                       Attività partigiana nell’ambito del IV Corpo

       COMANDO  AMG  IV  CORPO
                                                                                          11 Agosto 1944 

Ogg.: Attività partigiana nell’ambito del IV Corpo Comando di Stato Maggiore, AMG V Armata, SCAO IV Corpo.
1 — Ciò che segue è un rapporto comprendente tutte le attività Partigiane coinvolte nell’ambito dell’area del IV corpo, così come sono state trattate personalmente dai membri di questo Comando. 
2 — Come prima cosa bisogna dire che nessun rapporto con i Partigiani può essere perfetto o addirittura può essere completo.
Organizzati come Partigiani, sono strutture a volte alle dipendenze dei Comitati di Liberazione Nazionale, a volte sotto il controllo centrale dell’Esercito Italiano, alle volte sotto il comando di ufficiali isolati dell’Esercito Italiano, a volte sotto civili accaniti antifascisti e spesso sotto prigionieri alleati fuggitivi. Questi gruppi perciò non si possono identificare come una Organizzazione metodica e sistematica. Essi devono essere trattati a sé nel luogo stesso dove vengono incontrati, così come ha fatto il IV Corpo. Mettiamo in chiaro una volta per tutte che tra i Partigiani e gli Alleati, siano esse truppe di prima linea o esponenti del governo Militare Alleato, non è tutta amicizia e fiducia, ma neppure è tutta opposizione e contrasto. Se in un’area della divisione esiste un rapporto perfetto, in un’altra c’è una completa mancanza di accordo. Oppure, all’opposto, quando c’è un pieno accordo tra Partigiani e Truppe divisionali operanti nella zona, le difficoltà delle unità AMG in particolare, nella loro diffidente vigilanza vengono ingrandite in maniera considerevole dai maneggiamenti dei primi. In sostanza il problema Partigiani è né tutto nero né tutto bianco. Piuttosto l’intero caleidoscopio di colori deve essere considerato attentamente per darne il quadro completo. 
3 — I primi contatti con i Partigiani avvennero singolarmente tra Ufficiali appartenenti a questo Corpo a Civitavecchia e Allumiere. Ma la storia delle attività e delle trattative del IV Corpo con loro, iniziò vicino a Grosseto. A quel tempo il colonnello Croce dell’Esercito Italiano, che veniva da Roma e che era l’organizzatore di tutte le bande controllate dall’Esercito delle provincie di Grosseto e Siena, fu mandato a questo corpo come collegamento. Immediatamente il IV Corpo cominciò a rendersi conto del problema ed a considerate le sue svariate ramificazioni: ciò che sarebbero state le difficoltà, e ciò che sarebbero state le capacità potenziali dei Partigiani. Insieme al colonnello feci una visita di ispezione alle bande partigiane di Capalbio, Manciano e Pitigliano. L’intento era di vedere quanti individui idonei tra i più veri e intelligenti Partigiani potessero essere scelti per lavorare come guide o come procacciatori di informazioni sul nemico dall’altra parte della linea. La banda di Capalbio ammontante a novanta individui era una banda formata sotto il comando dell’Esercito Italiano ed agli ordini del colonnello Croce. La banda era armata con fucili italiani, fucili tedeschi “sciaccia patate” italiane e tedesche. La banda era guidata da un certo Diego, italiano..... (mancano pagine). ....Con truppe o altri elementi delle Armate Alleate. Ne sono rimasti 200.   

8 - ROSIGNANO SOLVAY, VADA, ROSIGNANO MARITTIMO e LIVORNO:
L
a strada che porta a Livorno era ben fornita di attivissimi Partigiani; nel piccolo paese di Vada, i Partigiani erano guidati dal Parroco Don Vellutini. Anche una parte della Terza Brigata di Assalto Garibaldi (costituita da un gruppo Partigiano controllato dal CNL) non ha dato origine ad alcun problema intra-municipale. Comunque sempre a causa della 34a ordinanza, il rastrellamento delle armi causò qualche risentimento. Allora fu anche da qui, dove Livio capo della brigata, fissava spesso il suo comando, che ebbe origine la lettera a Castagneto. Per la 34a ho contattato Livio dicendogli di tenere parecchi Partigiani pronti che aveva mandato a Mario di Campiglia, il quale a sua volta si appellò al capo di Castagneto. La banda aveva 13 uomini facilmente e evidentemente sbandati. Così i due rappresentanti di Roma tradussero in italiano. 

ROSIGNANO SOLVAY: Come introduzione a questa città, diciamo che io ho la convinzione che, specialmente in questa zona, i Partigiani organizzati dal C.N.L. sono decisamente Comunisti e fanno poco per nasconderlo. Ciò significa che bisogna aspettarsi che tutte le Brigate d’Assalto Garibaldi hanno idee Rosse. Questo è in special modo vero per la banda di Rosignano Solvay. Prima di tutto è il primo esempio di Partigiani efficienti in una città industriale (qui si fabbrica la soda in polvere). E i lavoratori si sono impossessati della falce ed il martello con facilità. La banda assommava a 60 uomini guidati da un certo Sante. Quando io entrai nella città, l’ufficiale del 34° AMG aveva già lasciato loro, responsabili del servizio di polizia e illusi circa il loro futuro. Alcuni di loro erano stati assunti come guide dalla 34a e la maggior parte di loro, in conformità della 34a ordinanza, circolavano pressa a poco armati. Quasi due settimane dopo ritornai qui con il Capitano ed il Giudice e spiegai a Sante che doveva far consegnare le loro armi. Questo fu più o meno per impedire il ripetersi del medesimo incidente che era avvenuto a Campiglia. Il risentimento fu fortissimo, come la veemenza delle ragioni. Prima di tutto i Partigiani lamentavano che a Rosignano c’erano parecchi grossi fascisti che erano ancora in libertà. Dopo c’era un particolare esempio di un responsabile Fascista in prigione che i Partigiani reclamavano essere protetto da noi, perché era stato ordinato ai carabinieri di non mandarlo fuori insieme al resto a lavorare alla ricostruzione della città, come invece i Partigiani avrebbero voluto. Anche allora venne fuori la tipica lamentela, che noi stavamo disarmando i Partigiani, mentre tante persone con un passato discutibile tenevano le loro armi ben nascoste e potevano un giorno vendicarsi contro i Partigiani stessi. Bisogna dire che il ripetere del Capitano ai Partigiani, che loro avevano tutti i diritti di un combattente dell’Esercito Italiano servì a placare alcuni di essi. Ma la procedura tenuta circa i fascisti non fu accettata troppo fiduciosamente. C’era anche diffidenza verso i Carabinieri. All’infuori di questi contrasti, non ce ne fu alcuno tra l’amministrazione municipale e i Partigiani, poiché erano tutti elementi del C.N.L. 

ROSIGNANO MARITTIMO. Guidata da due eccellenti uomini, un Tenente della Marina Italiana e un Capitano dell’Esercito, questa banda aveva circa 35 uomini. Questa banda, nonostante l’avvio incerto della 34a procedura non fece difficoltà. I capi compresero la nostra vigilanza sulle armi e la necessità del loro rastrellamento. E sebbene questa banda avesse subito tre morti in azioni contro i tedeschi ed avesse fatto molto di più delle ordinarie bande durante l’occupazione “Jerry”, noi non abbiamo avuto alcun problema con loro. Il Tenente della Marina, che fu veramente la luce guida della banda, dichiarò apertamente che il loro lavoro era stato di guerriglia e che poteva ben comprendere che esso era finito. Inoltre era d’accordo come fosse nei vantaggi di un ritorno alla normalità che il perseguimento dei fascisti dovesse essere tenuto secondo le dovute procedure di legge. In questo paese era raccontata un’uccisione per mano dei Partigiani. Dopo un’inchiesta, il meglio che si può dire che fu o l’uno o l’altro, un caso di “corpus delictus” o non affatto un delitto. Io sono convinto di quest’ultima affermazione. Noi raccogliemmo le armi qui senza problemi o minino rancore, sebbene esista, sempre fra i Partigiani un sincero attaccamento alle armi insieme alle quali essi hanno a lungo sofferto.
A Rosignano Marittimo si manifestò una situazione che e tipica della confusione attorno alla nostra procedura nel trattare i Fascisti e i crimini Fascisti, che deve essere adottata dal CIC, quello che capita al momento della pace, ordini e contrordini da qualunque estroso ufficiale che forse non ha niente a che fare con le loro direttive. C’erano trenta fasciati prigionieri catturati dai Partigiani. In principio era stato detto ai Partigiani del 39° AMG di custodirli in prigione. Qualcun’ altro non precisato, ma forse un ufficiale provinciale dell’AMG convocò il CIC della 5a Divisione, proprio loro andando in linea in quel settore, attuarono esattamente questo. Io li incontrai là e spiegai che potevano internare per ragioni di sicurezza quelli che desideravano, ma che non avevano alcuna giurisdizione sui restanti, sia nel rilasciarli o qualsiasi altra cosa. In tutto e per tutto il CNL e i Partigiani erano disorientati dalla nostra confusione. Io ho visitato questa città parecchie volte con il Capitano ed il Giudice per mettere in chiaro la condotta del Governo Italiano a riguardo dei Partigiani e le prospettive del futuro dei criminali Fascisti. 

LIVORNO: Con il Capitano ed il Giudice sono entrato  in Livorno il primo giorno dell’ingresso delle nostre truppe. Questa banda guidata da un certo Bruno aveva 75 uomini. Naturalmente quando noi entrammo, loro erano ancora armati, veramente ben armati. Anche loro facevano parte della Terza Brigata d’Assalto Garibaldi. Molti di loro erano ancora con la 34a Unità. Niente ancora gli fu detto circa il vicino loro disarmo. Demmo loro la doccia fredda in maniera più affabile che potemmo, lasciando loro alcuni proclami del Gen. Alexander. L’ atteggiamento del capo fu assai abbattuto, ma era pronto ad agire in conformità. Domandarono circa la situazione dei Fascisti, indubbiamente ancora armati, sollevarono la vecchia sensazione secondo la quale forse noi stavamo disarmandoli perché non avevamo fiducia in loro. Naturalmente fu spiegato loro che questa non era la ragione. 
(Da Ricerche Storiche e Archeologia Industriale. Associazione Culturale Firenze. A cura di Ivan Tognarini 1996 – Per gentile concessione del Presidente ANPI di Rosignano prof. G. Luppichini)

...la storia continua nelle didascalie delle foto con ...

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