Maurizio Tafi e il suo bagno "Tre Scogli"

1946 - Maurizio Tafi ai bagni 'Italia' del Quercetano 1947  - Maurizio con gli altri bagnini dei bagni 'Italia'. Primi anni '50 lavori in corso per i futuri 'Tre Scogli' 1954 - Il pontone 'Amerigo' costruito da Tafi per i lavori del bagno. 1954 - I 'Tre Scogli' con le prime cabine. 1955 - Maurizio nel nuovo bagno. 1955 - Bagno 'Tre Scogli' 1959 - Il lavaggio delle sedie a sdraio 1960 - Maurizio nell'ufficio. 1961 - Noleggio patini 1962 - Vista dai tre scogli 1968 - Lavori di costruzione del molo 1968 - Lavori di costruzione del molo 1973 - Lavori di rinforzo del molo 1999 - Maurizio a 70 anni 2006 - Con il nipotino Edoardo Con l'inseparabile sigaro Il bagno 'Tre Scogli' in estate Il porticciolo del bagno Il bagno 'Tre Scogli' in inverno Il rimessaggio alle Morelline di Rosignano Solvay Il rimessaggio alle Morelline Vista del rimessaggio Vista del rimessaggio


 

Maurizio Tafinato nel 1927, comincia a fare il boscaiolo come il padre, insieme al fratello Lorenzo, quindi come figlio di legnaioli e carbonai ha lavorato di braccia fin dall'infanzia nell'attività di famiglia. Uno di quegli uomini che oggi va di moda chiamare "self made man" cioè fatti da soli, un personaggio singolare caratterizzato da una volontà ed una forza fisica rara. Forza e volontà dedicati poi fin dal 1950 alla costruzione del proprio stabilimento balneare sui resti di un primitivo porticciolo etrusco, ricavandolo a forza di pala e piccone da una scarpata rocciosa, dall'aspetto inaccessibile, ma in uno dei punti migliori del promontorio. Ostinato e convinto, è riuscito a costruire uno dei bagni più belli e più grandi di Castiglioncello, e più tardi nel 1987, l’omonimo rimessaggio per imbarcazioni alle Morelline di Rosignano S. Sempre giovanissimo, in estate, quando il lavoro nei boschi diminuisce, diventa bagnino ai bagni ”Italia” del Quercetano, di proprietà della zia insieme ad un altro coetaneo, Alberto Lami che ricorda: "levatacce per sistemare gli ombrelloni e poi la mamma di Maurizio ci portava la colazione, una tazza di caffèlatte e cinque bomboloni". Su questi ricordi ha scritto anche una delle sue poesie in vernacolo ”La pentola di caffèlatte”. "Quando il Tafi ha iniziato l'impresa per me ciclopica della costruzione del bagno sull'altro versante del promontorio, la zona era nota come ”la granchiaia”, essendo un arenile di ghiaia, pieno di granchi. Il suo era un progetto ambizioso, ma è riuscito in pieno, grazie unicamente ad una invincibile determinazione”. Oltre al mare, altra grande passione di Maurizio Tafi è il sigaro. Impossibile non ricordarlo nelle sere estive, seduto  sulla sdraia, là in cima al molo di sassi, dinanzi alle onde, con l’immancabile toscano tra le labbra, pronto a dare un buon consiglio a chiunque ed una infallibile previsione del tempo. Per il mitico Maurizio l'avventura si chiude improvvisamente a gennaio 2007 nella sua casa di via Lorenzini, un pezzo di storia di Castiglioncello che ci lascia, aveva 79 anni. Dal 2007 l'attività è portata avanti dalle due figlie Sabina ed Alessandra.

IL MITICO TAFI Maurizio Tafi (1927)
Se fosse vissuto al tempo degli antichi greci Omero avrebbe dovuto trovare le rime per il Tafi invece che per il Telamonio Aiace e forse la mitologia avrebbe dovuto aggiunge­re un settimo fratello ai grandi Titani.
Quando apparve a Portovecchio incominciò, con mazza e piccone, a tirar via la miriade di piane che affioravano tra i tre scogli (allora erano veramente tre) e la granchiaia. La gente si fermava sulla passeggiata e scuoteva la testa pensando che non ce l'avrebbe mai fatta. Il risultato è oggi visibile e non c'è troppo da credere che tutto abbia fatto con le proprie mani. Noi ragazzi, all'ora del bagno, dovevamo raccogliere i sassi e metterli in una rete di metallo che poi lui tirava su col fido Amerigo, un pontone in legno, semplice e robusto a sua somiglianza. Con questo ci si guadagnava il diritto a frequentare la "sua" spiaggia e ad attendere, all'imbrunire, con tutti i villeggianti, il momento in cui si buttava in acqua, quando ormai il "maestrale" era calato e la superficie del mare era liscia e oleosa. Per un po' vedevi le robuste braccia che, alternativamente, con movimento len­tissimo passavano sull'acqua e ad ogni passaggio la testa che appena affiorava avanzava di un paio di metri. Per noi ragazzi era il simbolo della fierezza, della forza, della sem­plicità e della lealtà. Si rideva per il modo sornione che aveva di raccontare le cose inven­tando parole e tirando sagrati, ma chi di noi non ha poi usato il neologismo "incatagnato" che lui inventò, un giorno, per spiegare alla sorella del presidente Gronchi che certi massi erano incastrati tra loro? Certi aneddoti son passati come leggende eppure, anche se è difficile crederci, erano parte di una realtà che solo uno come lui si poteva creare. Come quando passando in motorino di notte, dopo aver dato fondo a non so quanti ponci, sbarbò colpendolo col ginocchio, uno di quei panettoni in cemento che impedi­vano alle macchine di entrare nella pineta. La sera dopo era ancora al bar a giocare a biliar­do con un pezzo di grondaia legato con una cima attorno alla gamba. Allora era giovane e il suo sogno era di avere per un giorno un Caterpillar con la pala larga otto metri (che qualcuno gli disse esistere in America). Lui allungò le braccia di fronte a sé, parallele, mirò verso la collina e disse: "se me lo portano qui faccio il porto fino alla farmacia!". Oggi di anni ne ha di più, ma ha ancora un fisico da lottatore o da gladiato­re, se ne sta lì, in alto, nella cucina a controllare il "suo" porto, il piatto della pasta­sciutta vuoto e il bicchiere di vino a mezzo e al terragnolo che si è comprato il ferro da stiro di 12 metri che gli chiede, come a un oracolo: "icchè pensa sor Tafi, o che c'è da fidarsi a andare a i'ffaro?" lui risponde dopo aver guardato l'orizzonte e fiutato l'aria: "con queste bafagne, ragazzi,'r tempo fa culaia!".
Dal volume "Castiglioncello la razza de' Caini e altre storie" di Castaldi e Marianelli scaricabile dal sito.

La pentola di ‘affellatte
Appena ‘r sole c’accendeva ‘ilume
e ‘r Quercetano ‘ndossava ‘pantaloni
ir Tafi ‘ome ‘n treno senza dune
in tre balletti piantava l’ombrelloni

e mentre ‘r Bagno Italia era finito
ner gran silenzio che ‘r mare ‘nterrompeva
lui si guardava ‘ntorno a cuor beato
guardando la Cesira che scendeva

come la mamma da la puppa ‘r bimbo
con quell’amore delle donne fatte
Cesira poverina era ne’ ‘llimbo
e la su’ puppa era ‘r caffellatte

co’ la pentola legata cor cordino
andando piano perché un traboccasse
nell’artra mano stringeva ‘n sacchettino
con quattro frati perché un abbondasse

ir Tafi lo ‘nfiorava quer banchetto
co’ l’amor che la mamma avea ner viso
e prima che nessun l’avesse detto
da’ ‘ilimbo la mandava ‘n Paradiso

intanto lui senza ‘vè studiato
voleva diventà’ imprenditore
e senza guardà’‘n faccia ‘r compriato
riuscì co’ la mazza a fa’ l’attore

di ‘uelli muti, senza sparge’ ‘r vento
co' la forza der toro che un abbaia
ha tramutato ‘r sasso cor cimento
concretizzando ‘r sogno alla ”granchiaia”

                                                                                                                                                  (Alberto Lami per gentile concessione)
 

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