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				CASTIGLIONCELLO: vita nella torre dal 1552 al 1836 fra  
				                   
				naufragi, sbarchi, stracchi di robe e fatti d'arme 
					 
                
					Consapevoli della 
					parzialità di questa raccolta di notizie, le presentiamo 
					comunque, in ordine cronologico, quale testimonianza 
					dell’attività svolta nell’arco di circa tre secoli dalle 
					Guardie di Marina e dai Cavalleggeri lungo la costa a sud di 
					Livorno. Per ogni evento, naufragio, sbarco o altro fatto 
					degno di essere segnalato dai solerti torrieri e castellani, 
					quando in rapporti stringati, altre volte prolissi e 
					verbosi, a secondo della confidenza che ciascuno aveva con 
					penna e calamaio, ne diamo conto presentandolo per sommi 
					capi e riservando quando opportuno, il testo originale in 
					nota, dove sono indicati gli estremi archivistici del 
					documento. Località, data, nome dell’estensore del rapporto 
					e destinatario, quando presenti, precedono la notizia: 
					  
					Rosignano, 4 luglio 1552, senza firma, ai Consoli del Mare a 
					Pisa. 
					Una barca è attaccata 
					e bruciata da un galeotta di turchi nel luogo detto il Monti 
					de la Rena nella piaggia di Ruosignano. Chi si reca a 
					recuperare lo scafo, cercando con i marinai superstiti di 
					trarlo a riva, può raccogliere solo poche robe, e deve 
					prendere atto che non c’è rimasto quasi niente da salvare. 
					Il castellano nominato pa’ molle (di Castiglioncello) 
					al quale spetta un presente per aver sovrinteso 
					all’operazione, lo riceve da Giovanni Campana, padrone della 
					barca. Da un altro documento si evince che benché avvistata 
					dalle due torri di Castiglioncello e di Vada, la barca 
					inseguita dalla galeotta turca era stata predata, perché le 
					guarnigioni non erano riuscite a intervenire in tempo così 
					come i paesani del circondario, che in quel giorno erano 
					tutti convocati a Peccioli per la rassegna della Banda dei 
					descritti. 
					 
					Torre di Castiglioncello, 12 giugno 1566. Andrea di 
					Loriano di Leo da Cascina, castellano della torre di 
					Castiglioncello, al Vicario di Lan, tramite il sindaco di 
					Rosignano che fa la denunzia. 
					Il castellano relaziona su un episodio avvenuto nei 
					pressi della torre l’8 giugno di quell’anno, quando durante 
					il trasporto alla marina del carbone fatto nei boschi 
					limitrofi, per essere imbarcato e spedito, vede i carbonai 
					armati di un archibugio a fuoco con la miccia accesa. Nel 
					tentativo di disarmarli, vengono alle mani e partono alcuni 
					colpi, da ambo le parti. Ad avere la peggio è proprio il 
					castellano, raggiunto al braccio sinistro e alla coscia 
					sinistra da due palle. Caduto a terra viene ulteriormente 
					ferito al capo con una coltellata. Anche la moglie del 
					castellano, accorsa agli spari è ferita ad una gamba. 
					Responsabile del ferimento è il carbonaio Giuliano di 
					Pinocchio da Loraggi in Garfagnana, che è stato autorizzato 
					a fare il carbone da Nicolò di Giò da Ceuli. Non è da 
					escludere che il movente di tanta aggressività fosse stato 
					l’atteggiamento del castellano, che pretendeva, come altri, 
					una percentuale sul movimento e la quantità del prodotto. 
					 
					Castiglioncello, 30 gennaio 1614, al Governatore. 
					La filuga (piccolo bastimento da cabotaggio, con una 
					coperta, una vela latina) del padrone Matia napoletano, 
					naufraga alla Fortulla sulla spiaggia del gabieno. Viene 
					redatto l’inventario delle merci e cose recuperate. Tutto è 
					depositato in un magazzino presso la torre di 
					Castiglioncello a disposizione delle autorità. 
					 
					Rosignano, 13 gennaio 1643, colonnello Giorgi ai Consoli 
					del Mare. 
					Essendo naufragata una nave genovese nel logo detto 
					Chioma, carica di legna, il capitano di Rosignano pretende 
					la quarta parte del carico recuperato come da consuetudine, 
					ma il console dei genovesi a Livorno gli nega questa 
					provvigione. Ne nasce un contenzioso per redimere il quale 
					si ricorre all’autorità dei Consoli del Mare a Pisa. Non si 
					conosce l’esito della controversia. 
					 
					Livorno, 12 settembre 1674, relazione su sbarco di 
					persone a Castiglioncello. 
					Il documento è la 
					trascrizione dell’interrogatorio di Giacomo Aurelio Carena, 
					arrivato a Livorno dopo essere sbarcato a Castiglioncello da 
					un brigantino comandato da Daniello, un francese che aveva 
					trainato a Livorno una tartana finalina (di Finale 
					Ligure) carica di ferro. Dopo aver dormito presso la torre e 
					essersi rifocillati con il cibo che il castellano, 
					Bartolomeo di Antonio Gambini senese, gli aveva procurato a 
					pagamento, la mattina seguente Carena e i suoi compagni 
					ripartono alla volta di Livorno con un nuovo passaggio 
					trovatogli dal castellano. E evidente che l’interrogatorio 
					serviva anche a verificare il comportamento del castellano e 
					il livello di efficienza e correttezza del servizio 
					sanitario. 
					 
					Firenze, 16 settembre 1674, Francesco Panciatichi al 
					Provveditore di Sanità di Livorno 
					S.A. approva la 
					risoluzione presa nei confronti di una barca, la feluca del 
					padrone Pietro Tarabotto di Lerici, proveniente da Genova 
					con patente netta, che essendo stata predata da una 
					galeotta francese e poi rilasciata, doveva essere trattata 
					alla stregua di una altra imbarcazione caduta nella stessa 
					situazione il 25 agosto precedente, ovvero subire una 
					quarantena di soli 15 giorni, alle persone e robe al primo 
					lazzaretto. In quanto ai due uomini che erano scappati dalla 
					galeotta francese e si erano rifugiati con altri alla torre 
					di Castiglioncello, si approva altresì la decisione presa 
					dal magistrato di Sanità di Livorno, di far arrestare tutti 
					i trasgressori che fossero stati trovati alla torre. 
					 
					Castiglioncello, 17 marzo 1721, Giuseppe Lombardelli alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Due soldati tedeschi, 
					probabili disertori da Piombino, vengono fermati al casotto 
					del Ginepro privi di bulletta. Accompagnati a 
					Castiglioncello, per ordine del capitano di Rosignano, 
					devono essere scortati a Livorno da due soldati del 
					presidio. Lombardelli suggerisce, per non sguarnire la 
					torre, di farli scortare dai suoi uomini fino alla torre 
					successiva e poi così di posto in posto fino a Livorno. 
					 
					Castiglioncello, 12 agosto 1721, c.s. 
					Per ordine del 
					capitano di Rosignano, Lombardelli deve far accompagnare a 
					Livorno da due suoi soldati, un uomo arrestato al Monte alla 
					Rena perché privo di bolletta di Sanità. Per la notte, si 
					decide di farlo guardare da un soldato del magazzino e da 
					uno del posto del Monte alla Rena. Al prigioniero viene dato 
					da mangiare e da bere, e un lampione con il suo oglio alle 
					sentinelle perché possi vedere il fatto suo. Il castellano 
					avverte i suoi soldati che del vitto e del viaggio saranno 
					ripagati equamente. 
					 
					Castiglioncello, 11 novembre 1721, c.s. 
					Analogamente 
					all’episodio del 12 agosto, Lombardelli deve far 
					accompagnare a Livorno da due suoi soldati, per ordine del 
					capitano di Rosignano, un’abate spagnolo arrestato al 
					casotto del Ginepro e successivamente trasferito prima alla 
					torre e poi al posto del Monte alla Rena. Come nella lettera 
					precedente, Lombardelli rinnova la richiesta di far eseguire 
					la scorta solo fino alla torre successiva per non sguarnire 
					eccessivamente la già esigua forza di cui dispone per il 
					controllo del territorio e della costa. 
					 
					Castiglioncello, senza data (1721), c.s. 
					Il nove di un mese 
					non meglio specificato, era transitato dalla torre di 
					Castiglioncello il sig. Maestro di Campo di S.A.S. Capanni. 
					Nell’occasione era stato salutato con lo sparo di tutti i 
					cannoni e il saluto dei quattro soldati del presidio. 
					 
					Castiglioncello, 22 luglio 1726, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Il rapporto in 
					questione, è relativo all’episodio di una barca non meglio 
					identificata, che si avvicina notte tempo alla torre di 
					Castiglioncello, e non rispondendo ai reiterati inviti del 
					presidio a farsi riconoscere, viene presa a cannonate. 
					Redatto nella prosa sgangherata quanto efficace del 
					Bartolozzi, è l’esempio di quanto in realtà fosse difficile 
					e aleatorio far rispettare le regole di sanità proteggendo 
					nel contempo i pescatori che lavoravano lungo la costa. 
					  
					Castiglioncello, 4 novembre 1737, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					La notte del 3 
					novembre, naufraga sulla spiaggia di Castiglioncello, una 
					barca genovese del padrone Lazzaro Lanfranco, con 
					patente netta proveniente e da Gaeta. 
					  
					Rosignano, 5 novembre 1737, Carlo Antonio Dal Pozzo alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Una ulteriore 
					missiva, specifica che la barca genovese, un pinco (grosso 
					bastimento latino a tre alberi), con nove uomini di 
					equipaggio, trasportava da Gaeta, un carico di granturco, 
					cecci, faggioli e fave. 
					  
					Livorno, Primo Lazzaretto, 28 luglio 1740, senza firma, alla 
					Deputazione di Sanità. 
					L’estensore della 
					lettera, probabilmente un funzionario del Lazzaretto, 
					relaziona che il comandante e padrone della castardella 
					pescatora (veloce barca con in genere 5 rematori in piedi) 
					nominata L’anime del purgatorio e S.Michele, Aniello Romei 
					di Procida, con sei persone di equipaggio e due passeggeri 
					si è presentato dichiarando che loro sono pescatori che 
					peschiamo queste spiaggie di Livorno, la Meloria e sotto 
					Montenero e per la costa, e che la sera precedente stava 
					a 
					cena con li miei marinari vicino la torre di Castiglioncello, 
					ed il castellano di detta torre mi domandò se volevo portare 
					due passeggeri a Livorno, che uno di essi è malato, per 
					farlo medicare. Evidentemente la spiegazione non convince 
					gli uomini della Sanità, che cercano riscontri al poco 
					chiaro episodio. 
					  
					Castiglioncello, 1 agosto 1743, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					L’episodio narrato 
					nel rapporto parla di un disertore fuggito da Piombino, che 
					in un estremo tentativo di evitare il carcere e forse la 
					forca, sfugge alle guardie e si nasconde nella fitta macchia 
					che fiancheggia la costa a sud di Livorno. A poco vale la 
					immediata reazione dei soldati e le lunghe ricerche; l’uomo 
					pare scomparso nel nulla. 
					  
					Rosignano, 4 novembre 1742, Cornetta Francesco Bombardieri 
					alla Deputazione di Sanità. 
					Diversamente al 
					precedente, un altro disertore, questo proveniente da 
					Lungone (Porto Longone all’Elba) viene catturato dagli 
					uomini di Castiglioncello, e trovato senza bulletta ne altri 
					documenti validi, arrestato in attesa delle disposizioni 
					superiori. 
					  
					Castiglioncello, 28 maggio 1744, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Un soldato del posto 
					del Ginepro, durante la solita scoperta lungo la costa, 
					trova un cadavere straccato dalla burrasca del mare, e 
					subito ne da notizia al superiore, che a sua volta avvisa la 
					Cornetta Bombardieri, Deputato di Sanità a Rosignano. 
					  
					Castiglioncello, 8 novembre 1757, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Un altro turco, un 
					certo Frensi, probabilmente dopo essere stato catturato, 
					viene accompagnato a Livorno, da tre fucilieri della torre e 
					due corazze a cavallo dei posti di marina, acciò venga 
					meglio custodito per il buon servizio di Sua maestà. 
					  
					Rosignano, 19 febbraio 1758, G. M. Benci alla Deputazione di 
					Sanità. 
					Pur non avendo da 
					segnalare, nella settimana, nessun fatto rilevante, il 
					rapporto riporta il rinvenimento in due località, la cala 
					presso l’Arancio e quella della Fortulla, di due relitti di 
					naufragio; una antenna di pino lunga circa 14 braccia (m. 8 
					circa) e un altro pezzo di legno di circa br. 10 (m. 6 
					circa). L’estensore suppone che il naufragio sia avvenuto 
					lontano dalla costa di Rosignano e che i relitti siano stati 
					sparsi dal mare in una vasta area. 
					  
					Castiglioncello, 2 marzo 1758, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Alle ore 16 
					all’italiana, è comparsa al porticciolo sotto la torre una
					lanzia di tartana pescatora di Livorno, con a bordo il 
					padrone Giuseppe Mantovano, che riferisce al castellano che 
					lo esamina, essere stato spinto dalla burrasca a terra, 
					mentre cercava con la lancia di raggiungere Livorno per 
					portarvi il pesce pescato. 
					  
					Castiglioncello, 7 novembre 1760, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Durante una burrasca, 
					approda a Castiglioncello una barca proveniente da Porto 
					Ferraio nell’Elba, padrone Giò Arrigo Dormi. L’equipaggio è 
					di tre marinai e trasporta sette passeggeri. Avendo 
					consegnato la sua patente e le bullette dei passeggeri, 
					rilasciate da Porto Ferraio, si trattiene in attesa della 
					verifica dei documenti, spediti con le cautele di sanità a 
					Livorno. 
					  
					Castiglioncello, 25 marzo 1762, Niccolò Bartolozzi alla 
					Deputazione di Sanità. 
					Viene scoperta una 
					tartana arenatasi alla foce del Fine, gli si spara una 
					cannonata a polvere di avvertimento perché gli eventuali 
					occupanti la rimettano in mare e vengano alla solita 
					ubbidienza per farsi riconoscere ed esaminare. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 18 aprile 1768, Tenente Benci al 
					Governatore di Livorno. 
					Il 15 aprile, sono 
					sbarcati a Castiglioncello da un leuto capraino che li aveva 
					imbarcati a Viareggio, tre individui, con passaporto 
					francese. I tre dichiarano di esser un ufficiale prussiano e 
					i suoi due attendenti. Dopo aver soggiornato all’osteria di 
					Castiglioncello, e aver nel frattempo spedito alcune lettere 
					all’indirizzo del console francese in Livorno e al signor 
					Harriman, si trasferiscono alla Torre di San Vincenzo, e da 
					qui proseguono per terra fino a Porto Baratto, con 
					l’intenzione di imbarcarsi per la Corsica. Dai documenti e 
					dalle dichiarazioni rilasciate, risultano essere, il primo, 
					Giuseppe Francesco marchese Afflitto, originario di Scilla 
					nel regno di Napoli, Colonnello del Reggimento di 
					Brandeburgo al servizio del Re di Prussia. Veste una 
					uniforme turchina, con pettine rosse guarnite d’oro e due 
					spallini. Il secondo, Giò Santi Cattoli corso. Ufficiale 
					francese, con uniforme bianca e pettine celesti; il terzo un 
					lacchè al loro seguito. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 18 gennaio 1782, Cancelleria di 
					Sanità al tenente Rangoni castellano. 
					Si prende atto del 
					rapporto stilato dal castellano il giorno precedente, 
					relativo all’investimento del lento del padrone Castellini e 
					della filuga del padrone Vaccà, avvenuti nel mare antistante 
					la torre. La solerzia e la precisione dimostrate dal Rangoni 
					vengono sottolineate con soddisfazione dai superiori. 
					  
					Livorno, 16 gennaio 1789, dal Governatore al castellano di 
					Castiglioncello, tenente Ceccherelli. 
					Gli viene comunicato 
					che deve fermare una pollacca e altri bastimenti per motivi 
					di debiti, qualora facessero sosta sotto la torre. Nel 
					contempo si elogia il suo contegno a riguardo della pretesa 
					di un certo dottor Coppi, che vantando crediti nei confronti 
					del padrone di un bastimento, si era rivolto a lui perché 
					arrestasse e mettesse sotto sequestro l’imbarcazione. Nel 
					ribadire, infatti che questi interventi d’imperio possono 
					eseguirsi solo se richiesti da un tribunale o da altra 
					magistratura, come ad esempio i Consoli del Mare di Pisa, e 
					dopo la relativa autorizzazione scritta del Governatore di 
					Livorno, si avverte il castellano, che nel caso di fermo di 
					piccoli bastimenti, come le barche coralline, o le filughe, 
					basta togliere loro il timone e la vela per impedirne la 
					partenza, mentre quando si tratta di bastimenti grandi come 
					le pollacche ecc., data la consistenza numerica degli 
					equipaggi e l’eventuale armamento di bordo, é opportuno 
					minacciarli prima con l’artiglieria della torre, a salve, e 
					solo dopo che hanno manifestato l’intenzione di arrendersi, 
					intervenire con le modeste forze a disposizione per eseguire 
					il fermo. 
					  
					Castiglioncello, 12 aprile 1802, istanza di Bartolomeo 
					Del Lupo, dipendente della famiglia Bernardi al podere di Castiglioncello. 
					L’istanza è rivolta 
					al Gonfaloniere del comune di Rosignano, competente per 
					territorio, e mira al risarcimento di due bestie vaccine 
					uccise e smembrate dai soldati francesi di passaggio, che ne 
					asportano la carne lasciando gli ossami all’esterrefatto e 
					impotente contadino. 
					  
					Rosignano, 15maggio 1802, tenente Tausch alla Deputazione di 
					Sanità. 
					Il tenente relaziona 
					di uno strano episodio che vede coinvolti in modo ambiguo 
					alcuni soggetti, fra cui il caporale di servizio al Romito e 
					i pescatori Aliboni originari di Antignano. Il giorno 
					precedente, di mattina presto, viene avvistato in mare sotto 
					il Romito un bastimento all’apparenza abbandonato. Il 
					castellano invia subito il caporale con la barchetta degli 
					Aliboni, per recuperarlo, ma invece le imbarcazioni 
					proseguono alla volta di Antignano. Il Ceccherini, tenente 
					del Romito, si insospettisce e invia una staffetta al forte 
					di Antignano per avvisare il comandante Funel perché non li 
					ammetta a pratica, anche perché ha avuto nel frattempo 
					notizia da Calafuria, che il caporale e i pescatori Aliboni 
					possono essere saliti a bordo del bastimento e aver visitate 
					delle casse della cui presenza probabilmente avevano 
					notizia. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 20 dicembre 1802, tenente Tausch 
					c.s. 
					Un rapporto del 
					castellano di Castiglioncello, tenente Mainardi, riporta che 
					nella notte, davanti alla cala del Ginepro, posta a circa un 
					miglio a ponente della torre, a causa della forte mareggiata 
					in corso, è naufragato un grosso bastimento a tre alberi e 
					vele quadre. I rottami sono sparsi lungo la costa, e Tausch 
					si reca personalmente a verificare la situazione. In effetti 
					a distanza di un tiro di fucile da riva, si vede un grosso 
					guscio di bastimento che va sfasciandosi sotto l’impeto 
					delle onde su quegli scogli, ma date le condizioni del mare 
					non è possibile rilevare la qualità del legno, ossia capire 
					di che tipo di nave si tratta. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 28 ottobre 1803, tenente Mainardi 
					castellano al Dipartimento di Sanità. 
					Si comunica a Livorno 
					che il 24 ottobre alle ore cinque del pomeriggio, era 
					arrivato alla torre il cavalleggero Gonfiotti del posto del 
					Monte alla Rena, con due uomini, il padrone Rocco Schiaffino 
					genovese e Giovanni Barinci di Antignano, che aveva scoperto 
					sulla spiaggia che litigavano violentemente. La lettera è 
					seguita dal rapporto dell’interrogatorio dei due soggetti, 
					da cui si evince che il motivo del contendere erano alcuni 
					capi di vestiario scomparsi e del pesce rubato. Mainardi 
					trattiene la patente del Barinci dicendogli che la 
					restituirà solo quando egli avrà regolato il suo debito con 
					lo Schiaffino. Gli chiede anche se durante la navigazione ha 
					avuto incontri e scambi con altre imbarcazioni, ma la 
					risposta è negativa. Solo durante la notte, quando stava per 
					coricarsi, vede riapparire il Barinci accompagnato da Ulivo 
					Dominici, che gli raccontano che il giorno ventuno, mentre 
					erano a pescare sulle secche di Vada, erano stati avvicinati 
					da un bastimento inglese, e obbligati a prendere sulla loro 
					barchetta sei marinai genovesi che trasportavano alcuni 
					strapunti e altre robe, predati precedentemente dal legno 
					inglese a qualche malcapitato equipaggio. Sotto minaccia 
					avevano dovuto portarli a Vada e a S.Vincenzo, dove avevano 
					sbarcato cose e persone. Anche se ormai in netto ritardo 
					sull’evento Mainardi provvede a informare i superiori e 
					invia a Livorno i due pescatori perché rispondano delle loro 
					malefatte. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 29 marzo 1804, Castellano Mainardi 
					al Dipartimento di Sanità. 
					Sicuramente correlato 
					alla notizia dell’uscita da Livorno della cavalleria 
					francese, è il rapporto del castellano di Castiglioncello. 
					La notte fra il 28 e il 29 marzo, circa alle ore due dopo la 
					mezzanotte è naufragato in quel porticciolo il corsaro 
					inglese nominato La Fortuna. Accorso con tutti i suoi 
					soldati per arrestare l’intero equipaggio ha trovato grosse 
					difficoltà nell’eseguire l’operazione, perché gli inglesi si 
					sono dati alla fuga per i campi e la boscaglia, con il 
					favore delle tenebre. Alla fine risultano arrestati solo 
					nove individui di cui due sono prigionieri marcianesi 
					predati dal corsaro. Fra l’altro il comune Angelo Favilli, 
					messosi all’inseguimento degli inglesi, a un certo punto 
					viene da questi aggredito, sopraffatto, e derubato del 
					fucile. I nove arrestati vengono messi in una stalla sotto 
					la sorveglianza di sentinelle, tre uomini guardano il 
					bastimento perché non vi venga rubato nulla e altri tre sono 
					rimasti di guardia alla torre. Tausch rende noto quindi che 
					tutta la sua gente è in servizio e che occorrono rinforzi. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 10 maggio 1804, tenente castellano 
					Mainardi al Dipartimento di Sanità. 
					La deposizione del 
					padrone Antonio Bianchi francese, predato con il suo 
					bastimento nel porto di Vada il giorno precedente, viene 
					trasmessa a Livorno. Con una buona dose di audacia una 
					paranzella, verso le tre del pomeriggio, gli si era 
					affiancata, e alcuni uomini, all’apparenza inglesi, saliti a 
					bordo con la minaccia dei fucili spianati, lo costrinsero a 
					uscire dal porto. Appena fuori dal tiro del cannone della 
					batteria di Vada, il corsaro eseguì lo spoglio del 
					bastimento predato, rubando alcune mercanzie di proprietà 
					del detto padrone e un baule e cinque balle di telerie 
					appartenenti al signor Giò Franco Mefrè Aiutante Maggiore 
					Francese a Livorno. Per farsi prontamente ubbidire e sopire 
					ogni velleità di rivolta, gli inglesi avevano malmenato i 
					marinai colpendoli con il piatto delle sciabole, e in quella 
					occasione hanno detto di essere gli stessi che avevano 
					straccato nella spiaggia di Castiglioncello il mese 
					precedente, e che erano tornati per rifarsi dello smacco 
					subito. Padron Bianchi asserisce che l’imbarcazione dei 
					corsari è una paranzella che pareva un latino genovese colle 
					forbici a poppa. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 29 settembre 1804, tenente 
					castellano Mainardi c.s. 
					Durante una apparente 
					operazione di routine, nel dare pratica a due bastimenti 
					approdati alle due del pomeriggio nella rada di 
					Castiglioncello, avviene una vera e propria aggressione 
					armata davanti agli occhi del castellano e dei suoi uomini. 
					Il leuto con bandiera francese, del padrone Giuliano Sassone 
					proveniente da Castagneto, è appena arrivato che 
					sopraggiunge la lancia di un bastimento che inalbera la 
					bandiera genovese. Improvvisamente gli uomini del leuto 
					cominciano a gridare mentre vengono sparate alcune fucilate 
					al loro indirizzo dalla lancia. Il castellano corre verso la 
					torre per reagire con l’artiglieria, ma nel frattempo viene 
					fatto segno di un colpo di cannone a cinque palle che 
					colpisce il terreno davanti a lui a non più di venti 
					braccia. Superata la sorpresa per tanto ardire, raggiunge la 
					batteria e fa sparare contro il corsaro cinque colpi di 
					cannone, senza però colpirlo. Questo nel frattempo ha 
					sopraffatto i francesi e dopo aver inalberato la bandiera 
					inglese, rendendo palese la sua provenienza, si allontana 
					rimorchiando il leuto, il cui padrone e i sei uomini di 
					equipaggio si sono salvati con la lancia nel porto e restano 
					sotto sorveglianza sanitaria in attesa di ulteriori ordini. 
					  
					Rosignano, 15 dicembre 1814, Mancini al governatore di 
					Livorno generale Spannocchi. 
					Dalla spiaggia di 
					Castiglioncello arriva la notizia di un bastimento 
					naufragato, presso lo scalo dell’Arancio, in vicinanza del 
					Fortullino. Segnalato verso le cinque del pomeriggio dalla 
					scorreria dei cavalleggeri, l’evento ha fatto intervenire il 
					castellano di Castiglioncello che pur se a tarda ora si è 
					recato a visionare la situazione e dare gli opportuni ordini 
					affinché tutta la roba straccata dal mare fosse ammassata e 
					vigilata da sentinelle fino alla mattina seguente, quando 
					con il favore del giorno avrebbe fatto ricercare altra 
					eventuale merce e rottami lungo la costa. 
					  
					Rosignano, 17 luglio 1815, Mancini c.s. 
					Il castellano della 
					Torre di Castiglioncello fa rapporto in quanto competente 
					per territorio, sull’episodio avvenuto la mattina alle sei e 
					mezzo, in cui da una piccola filuca, i cavalleggeri del 
					Monte alla Rena, hanno visto sbarcare un uomo a terra nel 
					luogo detto la punta dell’Illatro. Immediatamente accorsi, 
					hanno fatto risalire a bordo l’uomo senza prenderci pratica 
					alcuna e fatto scendere il padrone della barca, che in 
					stretta contumacia hanno tradotto in stato di arresto alla 
					torre. 
					  
					Casetta del Fortullino, 16 marzo 1820, Antonio Pardini al 
					governatore di Livorno. 
					Tre barche coralline 
					partite quella mattina da Livorno e dirette per la pesca in 
					Africa, all’altezza del Fortullino, verso le dieci, vengono 
					investite da un improvviso vento sferratoio di tramontana, 
					che le mette in gravi difficoltà. Una delle barche, La 
					Concezione, del padrone Antonio Pozzolino si abbocca e va 
					sottosopra alla distanza di un quarto di miglio da riva, 
					affondando. Riescono a salvarsi gli uomini dell’equipaggio, 
					che assieme agli altri delle due barche illese vengono 
					accolti a terra, ma avendo perse le patenti, rilasciategli 
					il 14 marzo a Livorno, sono trattenuti in contumacia, tutti 
					quanti. Le altre barche sono quella del padrone Nicola 
					Villano toscano, denominata Madonna di Montenero, con undici 
					uomini a bordo e quella del padrone Antonio Bonifazione 
					francese, con undici persone di equipaggio, nominata G. e M. 
					Solo grazie alla prontezza del padrone Antonio Scotto 
					toscano che si trovava li vicino con la sua barchetta, 
					quelli della Madonna di Montenero si mettono in salvo a 
					terra. 
					  
					Rosignano. 5 settembre 1828. Verzoni c.s. 
					Nel momento di 
					spedire al solita corrispondenza, si presentano al 
					comandante i due cavalleggeri, Giusti e Tarchi, di servizio 
					alla casetta di Monte alla Rena, che fanno rapporto il 
					merito all’avvistamento di un gruppo di sette uomini, di cui 
					alcuni armati, che si suppone facciano parte dell’equipaggio 
					della barca già segnalata dal castellano Pierazzuoli. Gli 
					estranei, alla vista dei due cavalleggeri si sono dati alla 
					fuga nella macchia di Castiglioncello. Subito messi in 
					allerta i pochi uomini a cavallo e i cannonieri a 
					disposizione del presidio, li ha inviati nei punti della 
					costa dove si suppone che i fuggitivi possano cercare di 
					uscire dal bosco. 
					  
					Torre di Castiglioncello, 28 aprile 1829, Antonio Pardini al 
					governatore di Livorno. 
					Rapporto relativo al 
					naufragio di un bastimento avvenuto la notte precedente a 
					ponente della casetta di Monte alla Rena. Il cavalleggero 
					Francesco Chiellini ha scorto la barca sugli scogli ed è 
					corso a chiedere rinforzi. Il caporale Andrea Pagliarini e 
					alcuni cannonieri guardia coste, si sono recati sul posto e 
					si sono prodigati per il recupero della barca. 
					  
					Rosignano, 19 febbraio 1836, torriere Santini al 
					Dipartimento di Sanità. 
					Il naufragio della 
					paranzella S. Lorenzo e S. Brunone, padrone Antonio Cardone 
					toscano, è avvenuto nel tratto di costa di Campo Lecciano, 
					probabilmente la notte precedente e Santini relaziona in 
					merito dicendo che ha fatto piazzare una sentinella, 
					composta da un caporale e tre uomini, sul luogo del 
					naufragio, e contemporaneamente avvisato il castellano di 
					Castiglioncello, il torriere del forte del Romito ed il 
					cavalleggero capo posto del Fortullino, perché facciano 
					eseguire lungo la spiaggia di loro competenza la più 
					scrupolosa vigilanza. 
					  
					Posto del Fortullino, 22 febbraio 1836, Giovanni Armelleschi 
					cavalleggero capo posto, al torriere del Romito. 
					Il rapporto del capo 
					posto è circostanziato all’evento del naufragio della 
					paranzella, oggetto del precedente documento. La notte del 
					18 febbraio alle ore due circa, è stato trovato il 
					bastimento naufragato vicino al podere di Campo Lecciano, 
					dai cavalleggeri Carrai e Armelleschi, e fra i vari relitti 
					vi era una cassa aperta. Il capo posto ha eseguito la 
					vigilanza fino a quando non è arrivata la pattuglia del 
					Romito, al cui torriere è andato prontamente a fare rapporto 
					sull’accaduto.       (Da: "La difesa costiera. Forti, 
		torri, posti armati, strada dei cavalleggeri da Livorno a Vada" di Clara 
		Errico e Michele Montanelli)  |