| Fausto
      Lazzaro Patrone ha quarantatre anni quando consapevolmente affronta questa
      sua esperienza toscana. E nato a Lima, in Perù; ha fissato poi a Genova
      i suoi quartieri di imprenditore internazionale. Dispone, quindi, di
      notevoli
      mezzi, di senso pratico, di solida esperienza. Con queste armi si
      incammina verso un traguardo che è lontano, che rappresenta una sfida.
      “Dentro”, indubbiamente, lo agitano ambizioni, passioni e manie di
      grandezza che esplodono in una determinazione febbrile.
      Il barone, appena
      perfezionati i passaggi di proprietà, si dedica alla costruzione del
      Castello. È di linee importanti, e forse pretenziose. L’edificazione
      affidata ad una famiglia di costruttori di Castelnuovo, i Luparini,
      soppiantò del tutto, con le sue forme medievaleggianti, ispirate al
      Palazzo Vecchio di Firenze, la villa rustica di Martelli. Può apparire
      anacronistico. Torri, bastioni, mura e merli privi della patina del tempo
      e di ogni e qualsiasi memoria, si alzano infatti, in un batter d'occhio,
      dalla primavera del 1889 all'autunno del 1891 anno dell'inaugurazione.  Ma 
                  non sarà tutto facile, ostacolato 
                  in Consiglio Comunale nei suoi ambiziosi propositi che 
                  prevedevano fra l’altro la costruzione di un ippodromo e di 
                  numerose infrastrutture per l'elitario turismo che andava 
                  riempiendo di lussuose ville le scogliere del promontorio su 
                  terreni da lui stesso donati a facoltosi personaggi a questo 
                  scopo, il Barone Patrone cedette pian piano tutte le sue 
                  proprietà dislocate fra Castiglioncello e Castelnuovo, fino a 
                  vendere lo stesso Castello ed il parco. 
                  Il maniero dai merli guelfi,
      dalle bifore e dalle magnifiche statue, decorato all'interno in stile Coppedè, con fregi in parte di natura araldica, diventa poi nel 1925 proprietà
      del facoltoso Alfredo Birindelli: viene da Pistoia
      dove ha case, fattorie, attività varie. E' un
      imprenditore attivo, dotato di grande temperamento, versatile, giocatore
      accanito, di intraprendenti vedute. Muore però suicida nel luglio del
      1931 sparandosi con una pistola, nel mezzo del giardino senza che mai si 
                  sappiano le cause. 
					Lo trova esanime, coperto di sangue, la direttrice della 
					fattoria del Gabbiano, vicino a Pistoia. Le cause non 
					sembrano dovute alle conseguenze della depressione economica 
					che ha investito anche l'Europa dopo il martedì nero di due 
					anni prima a Wall Street, né alla situazione finanziaria che 
					resta solida. Il sipario del più grande riserbo, voluto 
					soprattutto dalla famiglia, avvolge la morte inattesa. La scomparsa del castellano, ha vasta eco a Castiglioncello. Maria Birindelli cerca di
      reagire al suicidio del marito, ma non sempre vi riesce. È scossa,
      smarrita. Resta al castello minata dalla sofferenza e dalla tisi che poco
      dopo, le strapperà anche il figlio Aldo, a soli ventisei anni laureando in 
					architettura. Restano 
                  altri due figli, Fiammetta e Giorgio ma venendo
                  meno l'interesse, viene decisa la cessione del castello al comm. avv. 
					Conte Ugo Pasquini 
					di Costafiorita nel 1938, ultimi
      proprietari privati. 
                  Saranno importanti le modifiche che interesseranno il parco, 
                  con la costruzione di un campo da tennis, di un bocciodromo e 
                  di una pista da ballo, che andranno in parte a cambiare il 
                  carattere “selvaggio”, del giardino Patrone. 
                  
                  Nel 1963 muore il Conte Ugo Pasquini a Montecatini Terme 
					lasciando la moglie contessa Ketty ed i figli Wanda, Walter, 
					Oscar, Giorgio ed il figliastro Mario. Il conte nel 1936 
					aveva creato 
					la società Ferrotramviaria
      			che gestiva la linea a scartamento ridotto Bari-Barletta. 
					
      			Nel castello restano 
					da soli i fedeli castellani Pietro e Anita Tommei. Nel 1980 
					viene ceduto alla Regione e nel 1981 
                  acquistato dall'Amministrazione
      Comunale di Rosignano per volontà del sindaco socialista Iginio Marianelli 
                  che con 
                  lungimiranza aveva intuito le potenzialità che il Castello 
                  Pasquini poteva avere per lo sviluppo di di Castiglioncello. 
                  
					Ristrutturato
      subito dopo, accoglie importanti manifestazioni espositive e culturali. L'installazione
      nel parco adiacente di un teatro-tenda dà la possibilità di accogliere
      manifestazioni convegnistiche e spettacoli di buon rilievo. Biografia di Fausto Lazzaro 
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