Castiglioncello ieri |
L'ufficio postale qui in via Roma. Nel 1850 si costruisce la prima casa della piazza, casa Franconi, per la sosta dei cavalli detta "Casa rossa". Diventerà fin dall'inizio del secolo il primo ufficio postale e telegrafico, appaltato al sig. Franconi che egregiamente lo manterrà fin oltre il secondo conflitto mondiale. |
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I Franconi a
Castiglioncello Sono sempre stati conosciuti come "quelli della posta" perché, per tre generazioni, hanno mandato avanti il servizio postale del paese, più di tre quarti di secolo, finchè la stirpe degli ufficiali di posta finisce per via di una figliola che con la posta non ha voluto niente da spartire. Il nonno era di Castellina e poi si spostò a Castelnuovo, dove in molti erano scesi a Castiglioncello in cerca di fortuna, visto lo sviluppo turistico della stazione balneare. Era l'anno 1900 e i Franconi acquistarono dal barone Patrone la Casa rossa, già dei Dani, la prima casa costruita nella piazza nell'anno 1850 e che serviva, allora, come cambio dei cavalli per i corrieri del Granduca e come posto di ristoro dei cavalleggeri che avevano caserme al Fortullino e a Monte alla Rena e una ridotta sulla torre. Nel 1905 il nonno aprì il primo ufficio postale in Castiglioncello, in via Roma, e in seguito lo spostò nella casa rossa. Nonno Franconi faceva il sensale, i clienti della posta erano molto rari e la nonna bastava a fare il servizio con un occhio a bottega e uno a casa. Ad aiutarlo a fare i conti veniva di tanto in tanto Lauro Faccenda, che non era retribuito, ma faceva esperienza e che divenne poi ufficial di posta, nel 1916, a Caletta e in seguito a R. Solvay. Nonno Franconi era allegro, burlettone, sempre disposto allo scherzo, all'ironia e al sarcasmo. Giulio Franconi era invece un uomo tutto d'un pezzo, assai severo, di grande integrità morale. Florio, come ogni castiglioncellese, ha sempre adorato il mare in ogni sua manifestazione. Quando il fronte si stava avvicinando e arrivavano le prime cannonate, pensando che gli americani fossero nella piana di Vada caricarono l'ufficio postale su un carretto e lo portarono nella carraia di Campofreno. Ma siccome non succedeva niente e gli americani erano ancora lontani, ritornarono in paese. Per poco. Dovettero ancora caricare ogni tipo di documento, moduli e cassa e spostarsi alla Buca dei Corvi dove c'erano diversi rifugi e diverse famiglie. Stettero lì un mese svolgendo le regolari funzioni di posta: Giulio, ogni giorno, per un'ora, tornava in paese per pagare le pensioni e i sussidi militari. Poteva farlo con gli stessi soldi che i paesani avevano versato, per sicurezza, consigliati per il meglio dall'ufficial di posta. Insomma mise in atto una specie di BOT casalinghi. Quando gli americani arrivarono davvero, i Franconi riportarono l'ufficio in paese per via mare, giacché il ponte del Quercetano era stato minato. Il comando americano si preoccupò subito delle necessità della posta e chiesero di quanti soldi avessero bisogno, le famose AM lire. Rimasero sorpresi, quasi esterrefatti, nel sapere che non c'era bisogno di fondi e non capirono da dove il Franconi tirasse fuori i soldi giacché da Roma, da tempo, non poteva arrivare più niente. Quando Florio rimase solo a gestire l'ufficio postale lo fece con lo stesso zelo del padre ritagliandosi uno spazio per il mare, alle 14 finiva il lavoro, chiudeva la posta e partiva con la barca. (Sintesi da: "Dar tempo degli etruschi ar tempo de caini" di Castaldi-Lami-Marianelli, scaricabile dal sito) C'era un tempo in cui i postini suonavano addirittura tre volte. Suonavano tre volte al giorno, s'intende: di mattina, di pomeriggio e di sera. Talvolta anche a notte fonda, quando il postino aveva la borsa piena od il passo stanco. |
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