Castiglioncello ieri     

Il porticciolo (oggi Ausonia) con la casetta dei pescatori di Antignano. (Foto Brogi arch. Alinari) Fine '800 - Il porto - Stesso punto della foto precedente con in più il 'bersò' La scogliera ed i colori dei Macchiaioli (Foto G.Marcacci) Fine '800 - Il porto - Spiaggia dell'Ausonia (Foto G.Marcacci) Pescatori all'opera alla 'mugginara' (Arch.Benedettini) Pescatori all'opera alla 'mugginara' (Arch.Benedettini)

 

Fine '800 - Il porto, Diego Martelli, i Macchiaioli ed i pescatori di muggini

 Foto 1-2 - La casetta di 10 metri per 6, con brande in legno sovrapposte e un camino fratino, ci dormivano i fratelli Aliboni, Andrea, Paolo, Moro e Bagatello, quando venivano da Antignano per la pesca dei muggini. Il pesce lo portavano a Livorno, con un cavallino, un certo Caino. Fino a che Diego Martelli aveva tenuto per sé la tenuta di Castiglioncello anche il terreno che circondava il golfo dell'Ausonia, approdo naturale fin dal tempo degli Etruschi, era brullo e nudo, con la sola casetta del Demanio affittata ai pescatori Aliboni che sorgeva, fino agli inizi del '900, nell'insenatura del Porticciolo. Tale edificio, acquistato nel 1873 da Diego Martelli, fu demolito durante la costruzione dell'albergo Miramare, intorno al 1910.(Da: "Castiglioncello: un secolo di immagini" di C. Castaldi e G. Marianelli scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito)
... In primavera gli antignanesi usavano trasferirsi a Castiglioncello per "fare la stagione", insieme ai pescatori locali che nel periodo del "passo dei muggini", interrompevano anch'essi ogni altra pratica per dedicarsi al lavoro della "mugginara". Campo di pesca era uno specchio di mare davanti alla scogliera di "Punta Righini". Parte dei calamenti vi rimanevano impostati per tutto il periodo del passo, mentre le reti venivano calate giornalmente ed erano controllate da un avvistatore che sorvegliava le acque dall'alto di uno scoglio e avvertiva gli altri all'avvicinarsi dei branchi di pesce. Dopo la stagione della mugginara, l'attività si riduceva a pesche minori che spesso venivano fatte su espressa ordinazione dei clienti. Ma tanto bastò a dare continuità a questo lavoro. Così nel lento susseguirsi degli eventi nel clima paesano, insieme alla tradizione, ebbero naturale spicco le famiglie che di essa mantennero l'identità, come ad Antignano gli Aliboni ed a Castiglioncello i Simoncini...(Da: "Pescatori di altri tempi" di Claudio Castaldi scaricabile dalla sezione Scaricolibri del sito)   
                                La pesca sotto i Medici

La Dinastia Medicea, erede della vittoria su Pisa dopo le lunghe guerre operate dalla Repubblica Fiorentina per lo «sbocco al mare», intraprese una brillante politica marinara, facendo di Livorno una città-porto-fortezza appunto per lo sviluppo dei traffici e del commercio. Livorno però, ancora per molto tempo dopo la sua elevazione al rango di città (1577), ebbe grossi problemi di popolamento per la nota insalubrità dell’aria e la durezza della vita; perciò non sorprende il fatto che in quegli anni i pochi residenti si dedicassero alle attività indirizzate dal Granduca più che alla pesca: ciò spiega perché non poté svilupparsi una flottiglia livornese da pesca, per la quale, oltre tutto, mancava ogni tradizione. Per tutto il XVII secolo e per la prima metà del XVIII la pesca nei mari della Toscana fu esercitata da flottiglie liguri e napoletane che però avevano l’obbligo (e l’interesse) di portare a vendere il pescato a Livorno. La pesca in mare era libera a tutti, tranne che per il tonno (esisteva una tonnara all’Isola d’Elba, dopo che fu abbandonata quella di Antignano dei tempi di Cosimo I) e per i muggini alla Mugginara della Torre del Romito e a quella di Castiglioncello, che venivano date in appalto.

(Da: "Il Capitanato Nuovo di Livorno" di Renzo Mazzanti)

                        1839 - La pesca nella Mugginara di Castiglioncello può continuare.
                                                            

Foto 4 - Le  bellezze naturali di Castiglioncello quali apparvero a quei primi visitatori ci vengono oggi restituite proprio dai dipinti che i Macchiaioli vi realizzarono da quel momento e nei dieci anni a seguire: un paesaggio quasi incontaminato, interrotto dalla ricca varietà di sfumature verdi, quelle cupe delle tamerici, quelle argentee dei lecci, e le tonalità verde rame della vegetazione più bassa, intervallate dai gialli e dagli ocra dei terreni appena liberati dalle colture del frumento e del granturco nei brevi spazi pianeggianti adiacenti la Punta, dominata dal Torrione Mediceo. Le scogliere dai colori «terra di Siena», naturali e bruciati, si perdevano in lontananza fino ad una striscia di acqua marina insolitamente verde-azzurra; bovi immobili nella solitudine austera degli altopiani si alternavano a casolari sparsi tra la vegetazione; infine il mare color smeraldo, straordinariamente limpido e trasparente per il singolare effetto dei fondali bassi e della sabbia bianca, nei giorni particolarmente limpidi restituiva alla vista le sagome delle prospicienti isole dell'Arcipelago, quella dell'Isola d'Elba, allungata e adagiata sulla linea dell'orizzonte, e i più tozzi profili di Capraia e di Gorgona...(Da: "Arte e storia a Castiglioncello dai Macchiaioli al '900" di Francesca Dini, scaricabile dal sito)

Chi era Diego Martelli
 

Straordinaria figura di uomo e di intellettuale, Diego Martelli è uno dei maggiori protagonisti della Civiltà Ottocentesca Italiana. La sua poliedrica personalità, la sua cultura, il suo sincero anticonformismo lo videro proteso in ogni ramo della cultura e profondamente impegnato nelle più rilevanti questioni sociali e politiche del suo tempo. Critico d'arte sensibile e colto, Martelli ebbe il potere ed il merito di orientare e guidare la riuscita del maggior movimento pittorico italiano del XIX° secolo, quello dei Macchiaioli e di contribuire all'affermazione dell'Impressionismo francese. La sua militanza critica a fianco dei realisti toscani - Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Raffaello Sernesi, Giuseppe Abbati, Odoardo Borrani e altri - fu prima di tutto comunanza fraterna di mezzi e di intenti; ed egli, benestante, fu per ognuno di loro prodigo di aiuto morale e materiale. Avendo intuito le potenzialità innovative di quel movimento artistico, alimentò le discussioni estetiche che portarono quei pittori alla maturità e alla consapevolezza di se stessi.

Grazie alla sua vasta cultura in materia storico-artistica Martelli maturò una conoscenza storica del problema di cui ancor oggi ci stupiamo per l'attualità dei concetti espressi: l'assoluta originalità del Movimento Macchiaiolo, la sua leadership culturale e artistica entro i confini nazionali, il ruolo di "avanguardia" che rivestì a livello europeo, anticipando quel fenomeno di universale portata che fu l'Impressionismo.

A tale immagine di critico illuminato si affianca quella non meno affascinante, del politico che lo storico Alessandro Galante Garrone ha definito "garibaldino senza enfasi", "intollerante d'ogni ipocrisia e d'ogni insincero accomodamento", "imperterrito anticlericale", "adoratore della Francia nata dalla rivoluzione e fin dalla giovinezza sospettoso di qualsiasi misticismo politico".

La chiave di lettura del pensiero politico di Martelli risiede nell’ inscindibilità del binomio Libertà - Eguaglianza sociale; poiché egli credeva che non vi potesse essere rivoluzione politica senza rivoluzione sociale, fu tra coloro che ritennero il Risorgimento «tradito» dalla mancata attuazione di quelle riforme sociali che, affrancando larghi strati della popolazione del Regno da piaghe secolari, avrebbero reso il disegno dell'Unità nazionale reale ed effettivo. Di qui l'impegno politico che dopo il 1876, abbandonate le posizioni astensionistiche dei Repubblicani, lo avvicinò ad una sorta di radicalismo moderato, ricco di echeggiamenti proudhoniani e di suggestioni positiviste. I suoi scritti politici ora affrontano le antiche piaghe della prostituzione, del latifondo e dell'analfabetismo, ora propugnano la concessione del divorzio, la parità dei diritti tra uomo e donna, il diritto dei lavoratori ad un'equa retribuzione, sempre argomentando con straordinaria lucidità, onestà e modernità di ragionamento. Oppositore del trasformismo di Depretis e della politica colonialista di Crispi, fa intimo di Agostino Bertani, Andrea Costa, Felice Cavallotti, Giovanni Bovio e dunque svolse funzione di raccordo tra i gruppi progressisti toscani e i vertici politici nazionali. Se in Arte e in Politica l'apporto ideale, umano e civile di Martelli fu di straordinaria rilevanza, non si debbono certamente sottacere l'impegno di scrittore e di critico letterario e i rapporti di reciproca stima con Giosuè Carducci, Renato Fucini, Luigi Capuana, Giovanni Marradi, Emile Zola, Paul Alexis, Georges Lafenestre, Marcellin Desboutin, Enrico Nencioni, Gustavo Uzielli; e tanto meno la sua applicazione, seppure limitata alla gestione del patrimonio di fattorie e terreni ereditati dal padre, ad un'agricoltura razionale e tecnologicamente avanzata, nonché l'interesse concreto e fattivo per lo sviluppo urbanistico di Castiglioncello di cui previde il destino di cittadina turistica e balneare.

Alla morte del padre, avvenuta il 30 luglio 1861, Diego diviene il legittimo proprietario dei vasti possedimenti, più di mille ettari, estesi tra le province di Pisa e Livorno che costituiscono l'eredità dei Bernardi di Pisa, zii di Carlo Martelli. Una più esatta descrizione dei luoghi si ricava dalla perizia dell'ingegner Andrea Paoli, datata 12 agosto 1884, nella quale si distingue tra la Fattoria del Pastino, il terreno boschivo di Nibbiaia e la tenuta di Castiglioncello comprendente anche le terre e le case del Campaccio e Castello in Castelnuovo della Misericordia. All'epoca di tale perizia, numerosi mutamenti sono stati apportati dalla gestione Martelli; essi riguardano non solo la cessione in epoca anteriore, esattamente nel novembre 1865, della fiorente fattoria di Capannoli presso Pontedera, già parte integrante dell'eredità Bernardi, ma anche l'acquisizione da una anonima società demaniale dei terreni e caseggiati che si trovano al di sotto della Regia Strada Litoranea: si tratta dei circa 31 ettari costituenti la cosiddetta "Punta" di Castiglioncello, annessi alla proprietà nel 1872 e descritti dal Paoli come un insieme di terreni in parte lavorativi e in parte macchivi, sui quali "s'ergono fra gli altri due fabbricati o ville destinate per villeggiatura e per i bagni marini; per la speciale posizione sul mare - si legge nella perizia - parte di questo terreno si presterebbe alla costruzione di altri villini destinabili all'uso che sopra" .

La fiducia nelle rilevanti risorse turistiche di Castiglioncello determina e condiziona tutta la lunga gestione Martelli. Prediletta tra le sue proprietà per la straordinaria bellezza naturale, la fattoria di Castiglioncello diviene sin dall'inizio la stabile dimora del critico che la fa conoscere ed amare anche ai suoi amici pittori.

Le continue peripezie economiche cui Martelli si sottoporrà nel corso della sua travagliata esistenza sono quasi sempre determinate dal desiderio di apportare migliorie alla sua proprietà, di favorirne in qualche modo le naturali predisposizioni che egli intuisce e che, come un buon padre farebbe con il proprio figlio, egli cerca di favorire; ragion per cui insegue mutui e prestiti, si imbarca in speculazioni troppo azzardate per i suoi mezzi (è il caso dell'acquisto della Punta e delle vicissitudini che conseguono); attua permute di terreni con famiglie confinanti, fa eseguire perizie ed analisi dei terreni con un impiego di sostanze non indifferente. Il suo particolare intuito lo porta a concepire già nel 1873 un piano di edificazione della Punta che ancor oggi stupisce per la sua attualità. Tuttavia, forse perché non mosso da pure finalità speculative, che intuiamo poco conformi, del resto, al suo carattere retto e generoso, Martelli non riuscirà che in minima parte ad attuare i suoi ambiziosi progetti per il futuro di Castiglioncello; finché, non più giovane, sopraffatto dalle sventure economiche, dovrà suo malgrado arrendersi alla necessità di cedere le sue amate terre, subendo così una delle più grandi disillusioni della sua vita. Il 5 gennaio 1889, Martelli vende al barone Lazzaro Patrone, per lire 314.264, le fattorie del Pastino e di Castiglioncello, lasciando per sempre le casa nella quale ha vissuto per quasi trent'anni; la bella villa rustica, tante volte raffigurata nei dipinti di Abbati, Borrani, Fattori, Sernesi, sparisce nello spazio di pochi mesi sotto la mole medievale del Castello costruito da Leonildo Luparini da Castelnuovo secondo il gusto del nuovo proprietario. 
(Da: "Arte e storia a Castiglioncello dai Macchiaioli al '900" di Francesca Dini, scaricabile dal sito)

Vedi Macchiaioli/Diego Martelli
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