Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "La Stampa" del 08-08-2015 di Masolino D'Amico  

Una fotografia mostra mio padre bambino in un deserto porticciolo di Castiglioncello. L’anno dev’essere il 1914, dunque sono cento anni che frequentiamo questa località. Difficile dire perché cominciammo. Il posto è molto lontano da Roma - trecento chilometri, che nel 2015 data la pessima linea ferroviaria comportano quasi quattro ore. Nel ’14 si doveva addirittura prendere una carrozza a Livorno, non c’era la stazione in stile medievale poi imposta dal padrone del terreno, un barone Pastrone che si era fatto costruire un imponente castello con torre merlata e saloni dugenteschi. Comunque i miei nonni presero a venirci abitualmente, e col tempo vi attirarono amici. Qui nei primi Anni Trenta il mio futuro padre, che era bravo a scuola, fu ingaggiato a dare ripetizioni alla mia futura madre, rimandata a ottobre. Sempre qui una diecina di anni dopo un mio zio e suo cugino conquistarono la mano di due belle sorelle. La futura sposa di mio padre era figlia di Emilio Cecchi, le mogli dei miei zii, nipoti di Luigi Pirandello: il posto era diventato anche una piccola colonia estiva di intellettuali. Quanto al tema delle vacanze e di come queste si sono evolute, offro la mia testimonianza di frequentatore di un unico luogo, dove sono tornato quasi tutte le estati fino dal tempo della guerra; ma devo distinguere tra vacanza e villeggiatura. Per noi niente vacanze mordi e fuggi, bensì villeggiature, e lunghissime. Da ragazzini io e le mie sorelle venivamo spediti a Castiglioncello appena finite le scuole, ossia a giugno, fino alla riapertura delle medesime ai primi di ottobre. A questo punto era nostra madre ad affittare una villa per tutto il periodo, e a insediarvisi. Mio padre veniva poco, lui aveva bisogno di molti libri e del pianoforte, semmai andava in giro per festival musicali. Mia madre invece era stanziale. Scriveva i suoi copioni per il cinema, spesso con collaboratori anche illustri (Flaiano, Pratolini, Visconti...) che ospitava.   Altri amici facevano soggiorni prolungati nella zona, specie persone con impegni che lo consentivano - gente di spettacolo, donde le ville dei vari Mastroianni, Sordi, Panelli. Quelle interminabili estati ti consentivano innanzitutto di prendertela con comodo, senza l’ansia di godere l’attimo fuggente. Naturalmente oggi, signora mia, soggiorni così non li fa più nessuno, o perlomeno qui. Certo, io continuo; ma appunto, io posso lavorare dovunque, e le notizie sugli aeroporti non mi incoraggiano a esplorare un altrove. Però i nostri complici storici sono tutti morti, e i figli, comprese le mie, hanno cambiato abitudini. Le ville sono in vendita e solo le più spettacolari trovano acquirenti, di solito russi. Quanto al posto, rispetto ai nostri tempi... Chissà perché, la pineta non manda più quel caratteristico profumo che ti accoglieva quando scendevi dal treno. Una ristrutturazione del porticciolo ha portato via la sabbia dalla spiaggetta dove nel ’62 fu girato «Il sorpasso». Per il resto, i cambiamenti riguardano soprattutto la sera. Come la passino le folle del weekend o dei primi venti giorni di agosto, lo ignoro. Io non esco, le cose che facevo non si fanno più. Nessuno va più a ballare. Nessuno gioca più a carte - una volta al tennis c’erano forse trenta tavolini per bridge, whist, peppa, canasta, fino alle due del mattino. Nessuno fa più le ore piccole. Pochi vanno al cinema all’aperto, che ricicla film già visti. Nessuno fa più gite in auto, mentre un tempo si andava in carovana a mangiare in ristorantini lontani anche trenta, quaranta chilometri (non lo sapevamo, ma cibo e benzina costavano niente).   D’altro canto, sia pure con piccole modifiche - molta protezione solare e niente più ambulante con bomboloni fritti -, la giornata al mare è rimasta la stessa. L’acqua è ancora azzurra, profonda, discretamente pulita, nonché frequentata dalle stesse meduse con cui malgrado gli invalsi occhialetti continuo periodicamente e dolorosamente a scontrarmi. 

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