Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 27-11-2004 di Maria Meini

Un castiglioncellese a Milano 
Alberto Lami si racconta: poesie, quadri, la vela.
I ricordi. Quella sera al galà la voce timida della Mangano

 Nel dopoguerra i bimbetti di Castiglioncello sgambettavano vestiti da pirati scimmiottando un arrembaggio ai bagni Ausonia. Ogni tempo ha i suoi giochi: gli anni ’50 erano poveri ma belli per dirla con Dino Risi, e chi il mare ce l’aveva in casa era nato con la camicia.  Ma i clienti dello storico albergo Miramare - ci aveva stazionato Churchill - fecero cessare quel bailamme. I ragazzini ormai cresciuti si trasferirono in pineta... Ricordi, aneddoti; ma non parliamo di amarcord, perché Alberto Lami - castiglioncellese di madre sarda e una passione circolare tra la Toscana e Milano - non è uno che si abbandona alla nostalgia. Avrà settant’anni a maggio, Lami, ma è ancora un vulcano di idee. E un pezzo di storia di Castiglioncello lui la vive e la racconta: nei disegni, nei racconti, nei quadri, nei progetti, nelle fotografie stipate in una vecchia ventiquattrore. Grafico pubblicitario, pittore, scrittore, poeta vernacolare, velista (la sua 5 metri l’ha regalata al sindaco Nenci quando il professore era ancora alle prime armi in mare), animatore culturale. Difficile chiuderlo in poche righe. E anche all’intervistatrice sfugge in un dedalo di mille ricordi. Come quello dell’estate ’87: il 22 agosto Lami presentò il Gran galà al Tennis club. «Lo proposi a Marisa Bartoletti, una cosa semplice. Volevo riprodurre il banchetto d’anguria che stazionava in piazzetta i primi del secolo, dove si rinfrancavano Bontempelli e Pirandello».  Ci andarono tutti: persino la schiva Silvano Mangano, bellissima diva del dopoguerra, e Sordi, Panelli, Mastroianni, Suso Cecchi D’Amico, Albertazzi, Carlo Giuffrè. Lami presentò il libro di Dario Durbè “Fattori e la scuola di Castiglioncello” insieme all’amico Panelli. Gli ospiti raccontarono la loro vita a Castiglioncello. Il ricordo della Mangano, morta prematuramente, gli è rimasto stampato nella memoria. «Stava da Suso Cecchi D’Amico; tutte le mattine alle 7 camminava lentamente sulla passeggiata, dalla baracchina per arrivare in piazzetta dove beveva un cappuccino. Le chiesi cosa provava di fronte a questo mare. Lei mi rispose semplicemente: “Quello che si prova guardando il mare”».  Alberto Lami è nato nella casa dei doganieri, e ci vive ancora dopo 42 anni di pellegrinaggio sulle ferrovie italiane («Ci venivo due volte al mese, e ci passavo l’estate»). Milano-Castiglioncello: sul quel treno ha scritto tutte le sue poesie, e sono più di 200.  A Milano approdò dopo la scuola d’arte, lavorando in pubblicità (ha firmato anche gli spot della Motta). Nel 1970 si licenzia e apre uno studio di grafica pubblicitaria. E a Milano ha fatto parte per 18 anni della Famiglia toscana, l’associazione che riunisce i toscani emigrati («e perfettamente integrati», ci tiene a dire). Ma nella capitale del nord nasce anche la sua seconda passione: la pittura. Figurativa e surrealista.  Decine di mostre, dagli anni Ottanta ad oggi, l’ultima due mesi fa al prestigioso Premio Bagutta, che nel 98 gli ha conferito l’Ambrogino d’argento.  Ma anche Castiglioncello lo ha premiato: ha ricevuto il Ginori, ha esposto al castello Pasquini le sue caricature e poesie. Adesso ha un sogno: una mostra globale per i suoi 70 anni. Auguri, Lami!   Alberto Lami classe 1935 è deceduto il 28/5/2023 a 88 anni.

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