Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 22-07-2001 di Aldo Santini

Gossip sugli scogli di Castiglioncello. 
Tra gli anni Trenta e Quaranta un periodo di splendore culturale e modaiolo

Fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, Castiglioncello visse un periodo di splendore culturale che poi si rinnovò nel dopoguerra. Scrittori, attori, musicisti, commediografi, registi, giornalisti. Un girotondo di bei personaggi e di straordinarie intelligenze. Al centro due famiglie illustri: i Cecchi fiorentini e i d'Amico romani. Emilio Cecchi, classe 1884, è il saggista e il critico più limpido dell'Italia letteraria. Silvio d'Amico, classe 1887, è lo storico del teatro più autorevole del Novecento e il fondatore dell'Accademia di Arte Drammatica che ha tenuto a balia una generazione di attori, da Gassman a Buazzelli e Mastroianni, dalla Magnani alla Valori, a Panelli, a Manfredi e Giannini. La moglie di Cecchi è la pittrice Leonetta Pieraccini, allieva del Fattori. Una ragione di più per trascorrere le vacanze sul mare nel paese che ha visto fiorire la pittura dei Macchiaioli, alloggiando prima nella Pensione Guerrini e poi affittando la Villa Bologna. L'arte richiama l'arte e appare naturale, in un simile scenario, che Suso, la figlia di Cecchi, sposi Fedele (Lele), il figlio di d'Amico. Lei futura sceneggiatrice e lui futuro musicologo. Da Suso e Lele si sviluppa un intreccio di parentele che ci permette di gettare uno sguardo curioso sul panorama estivo di Castiglioncello. Facciamo qualche tentativo. Sandro d'Amico, fratello di Lele, sposa Maria Luisa Aguirre, figlia di Lietta Pirandello, moglie del cileno Manuel Aguirre, e quindi nipote del commediografo siciliano. Mi seguite? Luigi Filippo d'Amico, figlio di Domenico fratello di Silvio, e quindi cugino di Lele, sposa l'altra figlia di Lietta. Mentre una sorella di Luigi Filippo, Elena d'Amico, cugina anche lei di Lele, sposa Antonio Giolitti, figlio dello statista Giovanni Giolitti. Senza contare che Giulietta, sorella di Suso, sposa il pittore Amerigo Bartoli, autore, fra gli altri, dei ritratti a Edda e Galeazzo Ciano. Bartoli, spiega Suso, era uno dei «tre nani di Strapaese», così venivano chiamati lui, Longanesi e Maccari, per la loro statura che non superava il metro e mezzo. Piccoli di statura grandi di ingegno Piccoli di statura ma alti d'ingegno. Tutte e tre spiritosissimi. Di sè Longanesi, per esempio, diceva «sono un carciofino sott'odio». E concludo con Masolino, figlio di Suso e di Lele, che sposando Benedetta Craveri, entra nell'albero genealogico di Benedetto Croce in quanto Benedetta è figlia di Elena Croce, figlia del filosofo. Giolitti, a Castiglioncello aveva un caro amico con il quale ha diviso il cammino politico, il livornese Furio Diaz, futuro sindaco di Livorno dopo la Liberazione, storico dell'Illuminismo e professore alla Normale pisana. In una recente intervista di Massimo Winspeare, Diaz ha ammesso sorridendo che era uno dei numerosi ammiratori (senza speranze) di una ragazza che a Castiglioncello spopolava, Kitty Altemburg, in arte Alida Valli. Raccontando la sua vita alla nipote Margherita d'Amico, la Suso spiega: «Il primo attore ad avere casa a Castiglioncello fu Sergio Tofano. Non so se ci venisse per consiglio di mio suocero. Panelli si costruì una casa quando sposò Bice Valori. Seguì Marcello Mastroianni che aveva sposato Flora Carabella, grandissima amica di Bice. Alberto Sordi comprò la bella villa di Memmi Corcos, figlia del pittore. E continua: «A parte quelli che avevano e hanno tuttora casa a Castiglioncello, per alcuni anni ci fu un gran passaggio di attori». Siamo nel dopoguerra. «Ponti stava cercando di ripristinare Tirrenia. De Sica girò là «I sequestrati di Altona». Negli intervalli, Sofia Loren veniva a fare il bagno da noi, e mio figlio Masolino fu pregato di giocare a ping-pong con Maximilian Schell, il quale veniva nel pomeriggio, metodico e noioso come possono essere a volte i tedeschi. Si offese con noi perché arrivammo con grande ritardo la sera che ci invitò, con Mario Camerini e Mario Monicelli nostri ospiti, a una cena nella villetta di Tirrenia dove stava con la madre e un esercito di zanzare che volteggiavano come elicotteri. Fu la fine di un'amicizia. Ci fu poi l'estate del «Sorpasso», con Dino Risi, Gassman, Trintignant, quella in cui si aggiunse Zeffirelli, che aveva preso in affitto la villa che poi comprò Mastroianni». Nel girotondo, lo avrete notato, sono entrati i Pirandello. E qui diamo la parola a Giovanni Spadolini, un altro habitué di Castiglioncello, che di Pirandello racconta: «Abitava in una piccola casa, vicino ai centri sacri della tradizione macchiaiola. Scendeva in piazza con Marta Abba, così minuta, così devota a lui. Portava un grande cappello bianco. Sedeva lunghe ore a un tavolino del caffé Deri, rispettato da tutti ma non disturbato da alcuno. Incuteva una naturale soggezione». Marta Abba è stata la prima, a Castiglioncello, che ha indossato il costume da bagno a due pezzi. Uno scandalo. Con tante malignità su Pirandello. Marta era entrata nella vita del commediografo a ventun anni, nel 1925. Lui ne aveva cinquantotto. Pronipote del comandante garibaldino Giuseppe Cesare Abba, venne segnalata a Pirandello dal critico Marco Praga. Marta si era messa in luce giovanissima a Milano, la sua città. Pirandello se ne innamorò a prima vista. E Marta fu l'interprete più fedele del suo teatro, la sua ispiratrice. Pochi credevano alla purezza del loro rapporto. Ma Paola Masino, la scrittrice di «Montignoso» e compagna di Bontempelli, un altro legato a Castiglioncello, nel periodo in cui eravamo insieme a Cuba con Alba De Cespedes, mi confidò: «Io a Castiglioncello li frequentavo abitualmente. E poi Marta debuttò per la regia di Pirandello in un dramma del mio caro Bontempelli, «Nostra dea», e fu un trionfo. Marta e Pirandello non ebbero mai rapporti fisici. Per lui Marta era una signorina e tale doveva restare fino al suo matrimonio». Perfino Mussolini venne a sapere della loro storia e allorché ricevette Pirandello a Palazzo Venezia, fu esplicito. «Caro Pirandello, quando si ama una donna non si devono fare tante poesie: bisogna sbatterla su un divano». E Pirandello, poi, commentò: «E proprio un uomo volgare». Si deve credere o no al rapporto platonico tra Pirandello e la Abba? Sergio Tofano è per il sì: «Innamorato della Abba, Pirandello le sedeva accanto come un cagnolino. Pirandello credeva ai valori della castità. Non tollerava il tradimento coniugale. Da giovane, scoperta una tresca del padre con una sua nipote, irruppe nel loro nido d'amore e sputò in faccia alla cugina». La miniera di zolfo è allagata La Masino completa il ritratto dell'uomo Pirandello: «Il suo dramma era costituito dalla moglie, paralizzata fin dal 1903, quando ebbe la notizia della loro rovina economica, per l'allagamento della miniera di zolfo che garantiva alla famiglia un sostanzioso assegno mensile. Una moglie che gli faceva tremende scenate di gelosia, accusandolo perfino di amare troppo la loro figlia Lietta. Un inferno». Ma intanto la casta coppia Pirandello-Abba diffonde a Castiglioncello un clima di maldicenze che oggi avrebbe reso felice il direttore di un rotocalco-spazzatura. Silvio d'Amico, che era un narratore arguto, rievocando una serata in loro compagnia, a Roma, li dipinge con un crescendo irresistibile. Enzo Siciliano ci avverte: «Autore e attrice blandivano il critico, il quale non aveva peli sulla lingua: «Marta Abba non viene dalla gavetta» aveva scritto «ma purtroppo ha molti difetti della gavetta». In privato i due ricoprivano Silvio di improperi». Cerco di riassumere. Con Pirandello e la Abba ci sono i genitori dell'attrice che dicono male della Palmer. Vanno a cena in un ristorante. «Durante la strada il Maestro mi ha detto male di Dino Alfieri, spiegandomi che non è soltanto scemo ma eziandio farabutto». Al ristorante arriva Cialente senza la Pavlova. Marta dice male della Pavlova che d'Amico difende. «Poi Marta mi ha detto male di Andreina Pagnani, e Pirandello di Mussolini. Marta mi chiede cosa penso della politica di Orlando e di quella di Sonnino». Spassoso, vero? «Io largheggio verso Orlando, e Abba padre, che è antisemita, chiama ebreaccio Sonnino. Il Maestro ci dà sulla voce e dice che Sonnino era l'erede di Crispi mentre Orlando ha rovinato tutto. Marta chiede se Sonnino è vivo. Il Maestro risponde no, si è fatto seppellire a Quercianella, il cadavere in piedi, legato nella roccia, perpetuamente ritto davanti al mare, e Marta dice «oh bello». Intanto il Maestro dice cose atroci su Marconi». Eccoci al finale: «Marta vuole ch'io dica perché sono gentile con attrici che non valgono nulla come Tatiana o Ludmilla e con lei sono così ostile. Allora io parlo della pioggia e del bel tempo, ma Marta vuole discutere con me di quello che le preme. Il Maestro mi fa un sacco di complimenti, e dice corna di Treves sino a mezzanotte: ora in cui Marta prende appuntamento con me a Castiglioncello perché io mi decida a spiegarmi sul quel che le preme...».

Torna all'indice cronache