Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 30-09-1997 di Antonio Valentini

 Mastroianni, Sordi, Gassman al mare: i ricordi di Pino Perrone, paparazzo gentleman. Da Cinecittà alla pineta Marradi.  Attori e registi nella magica atmosfera estiva degli anni Sessanta

Pino Perrone, paparazzo ante-litteram, sapeva come fare. Quando il sole era alto scendeva in spiaggia, reflex in spalla. Sfidava il caldo e gli sguardi di sufficienza, facendosi largo tra bambini e aspiranti soubrette, tra smisurati omoni che parlavano di affari e stanchi bagnini dalla pelle marrone. Si piazzava dove sapeva che sarebbe arrivato il personaggio che i rotocalchi dipingevano a metà tra il celestiale e il terreno: troppo perfetto per essere umano, troppo viziato per essere immortale. E scattava. Erano tante le persone famose che in quella prima metà degli anni Sessanta frequentavano Castiglioncello. Lasciavano che Perrone lavorasse. Anche se turbava la privacy: coglieva Vittorio Gassman che prendeva il sole circondato da ragazzine, Bice Valori che confabulava poco lontano, Alberto Sordi in pantoloni corti e camicia fiorata. Ma sapevano di dover pagare un prezzo alla notorietà. E nessuno, Perrone per primo, si sarebbe spinto oltre: quelle foto erano, e dovevano restare, immagini, testimonianze di ciò che Castiglioncello, all'epoca indiscussa Perla del Tirreno, rappresentava. Mai avrebbero troneggiato sulle pagine dei giornali. Oggi quelle piccole stampe in bianco e nero sono preziose. Hanno il valore aggiunto delle cose irripetibili. Sono storia. Documentano quella che fu la migrazione estiva da Cinecittà a Castiglioncello, da via Veneto alla pineta Marradi. In piazzetta era facile riconoscere i volti resi noti dalle prime immagini televisive. Da Alice ed Helen Kessler a Vittorio De Sica, da Indro Montanelli a Renato Rascel, da Lina Wertmuller a Luchino Visconti. Passando per Giovanni Gronchi ed Enrico De Nicola. Oltre che tra Alberto Sordi, Paolo Panelli, Bice Valori, Marcello Mastroianni, Suso Cecchi D'Amico ed Emma Gramatica. I più fortunati, incrociando dalle parti del Fazzoletto e del Cardellino, riuscivano a vederli da vicino. Gli spavaldi chiedevano l'autografo e se ne tornavano a casa per mostrare il cimelio; gli altri, i più timidi, si accontentavano di qualche sguardo insistente, fissavano nella mente particolari e circostanze, e poi via, a raccontare tutto ai parenti e ai vicini di casa. Loro, i personaggi famosi, non ci facevano troppo caso. Rispetto al clamore del jet set quello di Castiglioncello era un brusio. Vivevano nelle loro case da sogno. Alberto Sordi stava a Punta Righini: era così attaccato a quella villa sugli scogli che volle tenerla a dispetto della cloaca che sgorgava poco più sotto. Raccontò che proprio a Castiglioncello cercarono di fargli prendere moglie: «Mi dissero che volevano presentarmi una ragazza, il tipo che faceva per me. Concordammo l'appuntamento nella spiaggia qua sotto. Ci andai. Da lontano la vidi e mi accorsi che non era una Venere. Allora, senza aspettare neppure un attimo, mi tuffai e cominciai a nuotare. Quando fui lontano da riva gridai al mio amico: "Quella te la pigli te". E non se ne fece più nulla». La villa di Mastroianni è invece a picco sulla Baia del Quercetano. A vederla sembra uscita da una fiaba: le finestrelle stondate, i colori delicati, i tetti aguzzi. Negli ultimi anni Marcello la frequentava quando il bagliore dell'estate si attenuava e la folla dei vacanzieri scemava. Per Castiglioncello si vedeva di rado: nessuna mondanità, apparizioni che si contavano sulla punta delle dita. E quando usciva era facile che andasse nel garage dei Ciucchi, proprio dietro la Piazzetta, a dar vigore a quel «Circolo delle quattro gomme lisce» di cui faceva parte a pieno titolo. Una presenza quasi impercettibile, quella di Mastroianni, che in qualche modo strideva con il presenzialismo di Giovanni Spadolini, mai perso di vista da sospettosi agenti della Digos, da nerborute guardie del corpo e da carabinieri e polizia. E se le giornate di Paolo Panelli si concludevano con l'immancabile partita a carte al Tennis Club il Fazzoletto, quelle dei divi che si alternavano al Cardellino potevano culminare in un fuoriprogramma. Proprio come accadde a Mina, che fu sequestrata (si fa per dire) da un gruppo di giovani studenti universitari. Poco prima del recital, cappello da goliardi in testa, s'impossessarono del microfono e al pubblico interdetto dissero che la cantante (ovviamente d'accordo) era nelle loro mani: lo spettacolo non avrebbe avuto luogo se prima non fosse stato pagato un riscatto, consistente in pane, salsicce, vino e whisky. Il patron, Vasco Meini, li prese in parola. E Mina cantò. Poi «Il Sorpasso». Castiglioncello divenne un set, con i ragazzi del posto a fare da comparse e gli attori ad alternare il set con la spiaggetta del Porticciolo. Vittorio Gassman, nella sua autobiografia «Un grande avvenire dietro le spalle» (Editori associati, su licenza della Longanesi & C.), riportata sul volume «Scirocco», racconta: «Pochi film reggono oggi quanto Il Sorpasso, quale specchio di quell'Italia in cui tutto pareva facile ma nella quale già tintinnavano i campanelli d'allarme della crisi. Girammo in sei settimane, improvvisando in continuazione, divertendoci al gioco eccitante della disinvoltura senza riserve, ingurgitando zuppe di pesce nei ristoranti della via Aurelia». Episodi intrisi di nostalgia. Castiglioncello è rimasta Castiglioncello, anche se gli appetiti edilizi hanno deturpato le colline alle sue spalle. La Pineta, il Quercetano, la Piazzetta ci sono ancora. Ma quell'atmosfera magica, quelle estati divertenti e mondane sono un ricordo. I cinema sono deserti, i programmi si sono moltiplicati e, con essi, i divi o presunti tali. Il Cardellino è stato demolito, la stazione ferroviaria disattivata. E Pino Perrone, educato paparazzo di provincia, da tempo ha appeso la sua reflex al chiodo.

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