Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 20-08-1994 di Massimo Gramellini

 Matteoli va alla spiaggia con vista sulle ciminiere  «Questa è casa mia, il mio ambiente»

Ai bagni Miramare, storico avamposto di vip tosco-romani, la sdraio gialloverde del ministro dell'Ambiente è in prima fila, un ottimo posto per ammirare i sette pennacchi della fabbrica di detersivo che fumano all'orizzonte. Panorama struggente. La macchiolina di catrame, proprio vicino ai piedi del ministro, fa capolino fra una piramide di cicche e un pacchetto di Marlboro sotterrato nella sabbia. Di fronte il mare, una pozza d'acqua così frizzante che sarebbe persino uno spreco farci il bagno e infatti è adibita a garage di gommoni e barchette. Sullo sfondo, le ciminiere e i silos della Solvay, straordinario reperto di una civiltà perduta, così vicini che sembra di sentirne l'odore e invece è solo suggestione, perché quel profumo di uova marce che si insinua a raffiche sulla spiaggia arriva in realtà da una fognatura lasciata coraggiosamente a cielo aperto. Altero Matteoli si accende una sigaretta, commosso: «Vengo qui da trent'anni. Questa è casa mia. Il mio ambiente». Talmente suo che ormai ne fa parte anche lui, al punto da passeggiare fra i bagnanti inosservato. Colpa del suo volto da funzionario nasuto, quasi mai apparso in tv? «No, è il supremo snobismo della gente del "Miramare"», spiega il signor Gianni, un supremo snob. «Conoscendolo tutti da una vita, non vogliono far vedere che adesso, solo perché è diventato ministro...». Infatti gli imbucati si riconoscono subito. Sono due signore romane in ultima fila, vicino a una cartaccia di gelato abbandonata con delicatezza sul tombino intasato della doccia: «Guarda senza farti vede: c'è Matteoli». «Matteoli che?». «Er ministro. Quello fascista contro l'aborto e l'ecologgia». «Davero? A me, de profilo, me sembra tanto una brava persona». Vorrebbe sembrarlo tanto anche lui. E invece gliene hanno dette di tutti i colori: «culo di pietra», «teppista ambientale», «guardia del Papa». Persino quando propone di convertire al turismo le isole-carcere dei mafiosi, nessuno si fida: temono che voglia rimpiazzare la cella di Totò Riina con una villetta a schiera. Ma è così tremendo? Certo, non aspettatevi il gerarca-spettacolo alla Storace o il neogollismo pret-à-porter di un Gianfranco Fini. Matteoli è un uomo d'apparato e per costruire i suoi discorsi usa i mattoni: «Ho detto che l'aborto è un omicidio perché quando mia moglie perse il nostro primo figlio di cinque mesi lei non ebbe la forza di andarlo a vedere ma io sì: aveva un ditino sull'ombelico e l'altro nel naso». Pensa e procede per esperienze personali. Così, vuole la superstrada fino a Civitavecchia «non per cementificare il Tirreno ma perché ho provato sulle mie gambe, sfracellandomele, quanto l'Aurelia sia pericolosa»: a Castiglioncello c'è ancora la curva in cui Dino Risi fece precipitare l'auto di Gassman nel «Sorpasso»; Matteoli invece andò a farsi male un po' più in là, davanti alla spiaggia progressista di Capalbio. «A proposito, bisogna andare da Renzo, in ospedale». Renzo è Montagnani, il suo amico attore che la sera prima si è scassato quattro costole cadendo dentro una buca in motorino. Seguito dal figlio Federico, un ragazzo con gli occhi buoni e spaventati, il ministro stana la sua Bmw da un parcheggio acrobatico vicino ai cassonetti: sopra il cofano qualcuno ha lasciato un sacchetto colante d'immondizia. Matteoli mette in moto, chiude i finestrini e si accende una sigaretta. Deve avere una predilezione per il fumo nei luoghi chiusi: durante la crociera dei missini sull'«Achille Lauro», lui e Fini fumavano allegramente dentro il piccolo cinema della nave, circondati da educati colpi di tosse e qualche stranguglione. Butta la cicca proprio quando l'auto sta passando davanti a una corolla di ville abusive che prendono il sole sopra una collina: «Si lamentano quando io dico che voglio fare un porto per le barche e poi però hanno permesso questo scempio!». Non è che un sintomo, ma che stia diventando ambientalista pure lui? «Cosa vuole, la mia generazione sui problemi dell'ecologia è quella che è. Siamo cresciuti credendo che l'aria e l'acqua non ci sarebbero mancate mai. Per i giovani è diverso. Mia figlia, ventidue anni, sono dieci giorni che non la vedo più. Fa la volontaria ambientale. Se ne sta nei boschi qua dietro, a spegnere incendi dal mattino alla sera». Ecco, forse è questa ragazza (che è la sua preferita, lo si capisce subito) l'autrice del miracolo. Il Wwf dovrebbe metterla nello stemma, insieme al panda. Ha neutralizzato l'effetto di Gianni Mattioli, il quasi omonimo verde che una volta lo fece tanto arrabbiare: «Disse in Parlamento che aveva scoperto che anch'io ricevevo lettere di raccomandazioni. Per errore gli era arrivata la mia posta. Risposi che anche a me spesso arrivava la sua. Solo che io non l'aprivo». L'ospedale è nella pineta di Rosignano, accanto alla fabbrica: da qui le ciminiere non si vedono più, ma basta alzare la testa per accorgersi del motivo: sfumazzano proprio sopra di noi. Il pronto soccorso offre il solito spettacolo estivo di umanità accaldata in visita ad umanità dolente. Montagnani, molto dimagrito, è in una stanza a due letti, accudito dalla moglie, una ex-bellissima inglese che ha un concetto, appunto, inglese dell'alimentazione: ha riempito il capezzale del marito di biscotti al cioccolato, wafer e altre creazioni a base di colesterolo spinto. Montagnani resiste, impavido, a stomaco vuoto. Ai bordi del letto ha messo un cartello: «Allergico ai fans». Matteoli lo abbraccia, ma commette l'errore di chiedergli come è andata. Anche se dolorante e senza voce, Montagnani si cala subito nei panni del suo Don Fumino televisivo. Il racconto è un capolavoro di recriminazione all'italiana: «Gli è tutta colpa dell'hotel Miramare!». Dunque, andiamo con ordine: a differenza di Sordi, Panelli o Mastroianni, che a Castiglioncello hanno la villa, Montagnani qui le sue vacanze se l'è sempre fatte in un albergo con vista sulle ciminiere: il Miramare. «Dopo tanti anni, mi fanno lo sgarbo di non tenermi una stanza. Così mi son trasferito al "Godilonda", ma c'è poco da godere, il mare è lontano e per andarci ho dovuto affittare il motorino da cui sono caduto. Se non cambiavo albergo, non prendevo il motorino e non cadevo. Quindi, ripeto, gli è tutta colpa del Miramare!». Al posto del pigiama, Montagnani indossa una magliettina del Ciucheba Club, il locale di Castiglioncello dove va a ballare Renato Zero. Il proprietario del Ciucheba, un'ora dopo, fermerà Matteoli sulla spiaggia: «Altero, ti aspetto stasera. C'è la mia festa di compleanno. E mi raccomando, portati un ricambio...». Un po' vezzeggiato, il ministro, finalmente. D'altronde è l'unico politico nei paraggi. Adesso che non c'è più quell'altro, il Presidente. Sotto un ombrellone della seconda fila, una signora ha appena affogato il bastoncino e la carta del ghiacciolo nella sabbia e adesso può raccontare a mani libere di quando proprio lì, su quella sdraio in prima fila, si veniva a posare Giovanni Spadolini. «Era a due ombrelloni di distanza dal ministro, ma stava ben attento a non girarsi mai dalla sua parte. Non si parlavano più, da quando Matteoli aveva scritto un libretto su Spadolini narcisista». Una ragazza di quindici anni, maglietta bianca con scritte «Livorno Sconvolts», la interrompe: «Mamma, che vuol dire narcisista?». Sulla sdraio di Spadolini adesso c'è un commercialista romano che legge di Berlusconi a pagina tre della Gazzetta dello Sport. Così va Castiglioncello, e anche un po' il mondo, in questa estate del 1994.

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