Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "La Repubblica" del 18-08-1994 di Enzo Siciliano

LO SCOPONE DI PIRANDELLO
 

Mi dice Sandro d' Amico: "La storia di Castiglioncello ' est omnis divisa in partes tres' , come la Gallia di Giulio Cesare". Il mattino nella pineta è dolcissimo, e l' aria è profumata di mortella, di resina. Il verde va dalla tinta brunita dei lecci alla delicatezza dorata dei pini. Sotto, al di là degli scogli, il mare, fra tante piccole insenature, si dilata celestino. La costa è quella del Sorpasso, con la strada, l' Aurelia tutta curve, che si inarca da Rosignano, coi pennacchi grigi della Solvay, verso Quercianella e Calafuria. Castiglioncello sta lì, un' isola di quiete, e i villini primi Novecento che sporgono sopra gli alberi con le torrette merlate hanno un tono da romanzo d' anteguerra per ragazzi e signorine, i romanzi della Salani, quelli tra cui facevano furore titoli come Lupo, ci sei? o firme come quella di Gigi Chelazzi. Il castello Pasquini, a corona del promontorio che raccoglie tutto intero il paese sembra proprio l' emblema di quello stile. Il salone porta dipinta la data del 1891, e tutte le pareti del piano nobile, affrescate alla buona da Galileo Chini, e certamente da alcuni suoi aiuti, raccontano la grazia provincialissima, ma codina, con voglie di storicità fiorentinizzante, di una nobiltà di data recentissima, incline ai valori, appunto, manifestati da una narrativa di buoni sentimenti piccolo-borghesi. Il castello è oggi di proprietà comunale: ospita mostre, dibattiti, spettacoli di balletti, etc., per la gioia dei villeggianti e dell' assessorato alla cultura. Ma torno a Sandro d' Amico, che mi accompagna in questa splendida mattina inazzurrata per stradine mezze vuote (proprio per niente mezze piene), e mi spiega la ragione di quelle "partes tres". E dice: "I pittori nell' Ottocento, i teatranti nella prima metà del Novecento, i cinematografari ai giorni nostri". Ecco, dunque, negli anni Settanta dello scorso secolo, aggregarsi qui la cosiddetta Scuola di Castiglioncello sotto l' egida di Diego Martelli, critico d' arte. E chi può dimenticarlo quel bellissimo ritratto che di Martelli dipinse Fattori, un Martelli che pare Gabriele Baldini seduto pancia all' aria su una sdraio? Fattori, Vittorio Corcos, poi Gioia - e di Gioia ha in mente un pastello, Pineta di Castiglioncello, su carta spolvero, con tocchi di carboncino, leggere biaccature. Ci sono solo pini, niente macchia bassa. "Lo mostrano le fotografie", ribatte d' Amico: "La macchia è venuta su col secolo". Con i pittori, qualche scrittore. Fucini, Guido Biagi. Arrivò la ferrovia - venne costruita una stazioncina sempre in stile fiorentino, e c' è ancora. Il frastuono del treno dette noia a Diego Martelli, che lottizzò fra i suoi amici l' intero promontorio prima di abbandonarlo. Arrivarono allora ricche famiglie toscane. I Ginori, gli Spadolini (appunto: il carissimo "professore" era qui che voleva morire, invece che al Quisisana di Roma, nella stanza che gli era stata preparata in famiglia). Poi arrivarono i Servadio (Elisa Servadio, figlia di Tommaso Salvini), e i Valori (Aldo, padre di Bice). Questo per la prima fase. E la seconda? "Colpa degli innesti romani del 1911", risponde Sandro tranquillo, tranquillo: "Un certo avvocato Achilleo Minù, romano, decise di offrire alla figlia Elsa, che in autunno avrebbe sposato un giornalista con velleità letterarie, quindi per niente raccomandabile, di nome Silvio d' Amico, una vacanza. Castiglioncello vantava un albergo appena costruito sul mare: una rarità fuori della costiera amalfitana e di quella ligure. I Minù furono ospiti dell' albergo". Cominciò così una saga - come chiamarla d' altronde? - al cui centro si piazzò la famiglia d' Amico con i piccoli Fedele detto Lele, Marcello, e Sandro ultimo; insieme alla famiglia del giovane Corrado Pavolini, uomo di lettere, poeta. Con gli anni Venti, molti musicisti: Castelnuovo Tedesco, Labroca, Casella, infine Nino Rota. Scrivevano canzoncine che i bambini avrebbero interpretato. E il teatro? "Sergio Tofano, Nicola De Pirro", declina d' Amico. "L' asso nella manica fu l' arrivo di Pirandello, con i figli Stefano e Fausto, e l' amico del cuore, Massimo Bontempelli, che portò con sè Paola Masino". Castiglioncello divenne il contraltare ai chilometri "letterati" della Versilia. Dove abitava Pirandello? "Villino Conti". E Sandro me lo mostra al di là di un cancello di ferro, primo Novecento castamente decorato, a un solo piano color ocra: "Tutto come allora: ci manca il gioco delle bocce, a sinistra guardando sul fronte del giardino. Pirandello ci ha passato due estati, ' 32, e ' 34. C' è un filmino Pathè-Baby dove si vede la coppia Pirandello-Masino giocare contro la coppia Bontempelli-Pasquarosa Bertoletti. Pirandello arrivava in automobile, una Fiat guidata da uno chauffeur di nome Francesco (che scriveva copioni sempre dati in lettura al Maestro). Era un avvenimento: c' erano regali per i nipoti e ne beneficiavamo tutti. Lui era ghiotto di ricci di mare, e bisognava pescargliene sugli scogli più che si poteva: voleva le femmine. Ce le pagava, e noi ci andavamo a comperare il cocomero". Scriveva anche qui in vacanza Pirandello? "Al villino Conti finì Trovarsi per la Abba, e lo lesse a tutti. Ci sono un paio di minuti di Pathé-Baby in cui lo si vede leggere, e i bambini che ascoltano. Poi, il più piccolo di tutti, che era Citto Maselli, si alza scocciato e se ne va. Ma ricordo, di quella lettura, l' imbarazzo serale dei grandi". Imbarazzo? "Mbè, Trovarsi mica si può dire sia un capolavoro. Altra questione molto discussa fu la carnagione della Abba, le sue efelidi. Nel ' 32 mise in spiaggia il costume a due pezzi: altro avvenimento. Sulla sua carnagione, i pro e i contro si bilanciarono. Quando dieci anni dopo arrivò Alida Valli l' entusiasmo fu invece generale. Un' altra cosa, se Pirandello lavorava, noi bambini dovevamo stare zitti. Allora Giuseppe Fanciulli scriveva per noi certe canzoncine che andavamo a cantare sotto la finestra del Maestro per provocazione - provocazione accettata di buon grado. Poi, nel ' 34, Pirandello scrisse qui Non si sa come e l' andò a leggere a Moissi che stava a Camaiore. Moissi fu scontento perché capì che protagonista era ' lei' , la Abba, e non lui. Pirandello tornò e trasferì pari pari un' intera scena-chiave dal personaggio di Ginevra a quello di Romeo, e chiuse il dramma con una rivoltellata, con la morte del protagonista in scena". E il fascismo? "C' era Attilio Teruzzi, che aveva una villa sul mare, stile razionalista, vistosissima - spiagga privata; nessuno lo vedeva. Si sapeva che era sempre accompagnato da belle ragazze, e si malignava. Veniva a Castiglioncello in rapido, e il rapido doveva fermarsi per lui senza che la fermata fosse contemplata dall' orario ferroviario". Eternità dei gerarchi all' italiana. "Quando poi i Ciano erano a Livorno, tutte le aragoste della costa venivano sequestrate. Le mangiavano loro e noi no". E questa vita di vacanza come era scandita? "Primo: lo scopone alla pensione Guerrini". Il tavolo rotondo, in un angolo del giardino sta ancora lì. "Manca il berceau. Sullo stesso tavolo, sotto lo stesso berceau, De Chirico, nel settembre del ' 34, disegnò i bozzetti per la Figlia di Jorio che Pirandello avrebbe messo in scena all' Argentina con Ruggeri e la Abba. Gli scoponi scientifici vedevano i figli Pirandello (Stefano), d' Amico (Lele), Bontempelli (Mino), contro i padri. Vincevano regolarmente i figli. Poi, si recitava all' Arena del Littorio, nella pineta, dove adesso c' è la caserma dei Carabinieri. Veri e propri spettacoli. Nino Rota musicò e cantò con una paglietta alla Maurice Chevalier L' isola disabitata di Metastasio. Corrado Pavolini e Tofano facevano regia, Rosetta Tofano disegnava i costumi. Luca Pavolini, bravissimo, recitò Babbo Pallino, musiche di Labroca. L' ultimo spettacolo fu L' amore fa fare questo e altro di Campanile. Lo recitammo davanti a un gruppo di operai della Solvay. Un successone. Campanile era il nostro autore preferito. Infine, come in tutti i posti di vacanza, si combinavano matrimoni. Corrado Pavolini conobbe qui Marcella Hannau che diventò sua moglie: era figlia di un ingegnere della Shell italiana. Lele e Suso si conoscevano già, ma le estati a Castiglioncello furono determinanti per la loro vita. Credo che lo stesso sia accaduto per mia cugina Elena d' Amico e Antonio Giolitti. Io vidi, sulla scala esterna di casa Valori, per la prima volta Maria Luisa Aguirre che poi avrei sposato". I bagni si fanno ancora in due tre stabilimenti, l' Ausonia, il Miramare, con i casotti di legno allineati su una linguetta di sabbia rosicchiata dal mare. C' è pochissimo spazio per tutto. Dice ancora d' Amico: "Non ce l' ha fatta nessuno a lanciare mondanamente e turisticamente Castiglioncello. Sul promontorio, la misura degli spazi non permette ' affari' . In acqua manca il fondo per barche di prestigio. Oppure, è mancato il cosiddetto ' ricambio' . C' è una tradizione di comportamenti che non si lascia scalzare. Fatto sta che, dal punto di vista mondano, Castiglioncello offre soltanto due bar in piazza, il Ginori e il Piazzetta, il bar degli intellettuali, diciamo così. Poi, un tennis in pineta, con annessa pizzeria e zona ' bridge' . Che ci fai?". Se la mattina è avanzata - qualcuno alle otto e mezzo già faceva il bagno sugli scogli sotto Villa Parisi, o sembrava cercare ricci e patelle -, se la mattina già cammina in fretta verso mezzogiorno, e intorno all' edicola sull' Aurelia ci sono già una diecina di persone, sembra non esserci più gente in giro che negli anni Trenta. No, Pirandello, farfallino, paglietta e doppio petto di lino, non può spuntare dalla strada di casa Conti. Questa non è terra di spettri. Domando: e la terza fase, quella dei cinematografari? "Villa Mastroianni. Sordi che comperò villa Corcos e la rimodernò tutta rovesciandola come un guanto - un errore, un gravissimo errore. Insomma, perché bisogna parlarne? Ne parlano già tanto i giornali per questioni dove Castiglioncello non c' entra per niente. Prendiamoci invece un caffè".

Torna all'indice cronache