Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Corriere della Sera" del 21-08-1956 di Indro Montanelli

  IL BEFANI

A Firenze, La Pira è riuscito a formare la Giunta e con lui sono di nuovo i piagnoni che tornano al potere. Da un punto di vista strettamente democratico, è giusto, perché piagnone è il fondo di questa città. dove l`elemento pallesco è sempre stato allogeno, anche se poi s'assimilava e dominava. Ai tempi di Dante i milionari goderecci scendevano da Fiesole, fruscianti di sete e ingualdrappati di velluto, e conquistavano il Comune erigendo ville principesche, assoldando pittori per affrescarle e convitando gl'indigeni a pantagruelici
banchetti. Al giorni nostri, essi calano da Prato e invece di proteggere le arti, proteggono il gioco del calcio. Enrico Befani, presidente della Fiorentina, e`il loro Medici. E siccome viene dall'industria tessile, è proprio il caso di dire che ne ha la «stoffa
» .
Fuor di Toscana il suo nome forse non è molto noto. Egli stesso tira  a lasciarlo nell'ombra e infatti credo che non sarà punto contento di vederlo a cappello di un articolo. A differenza dei suoi predecessori del Rinascimento, gran maestri di regia e versati nell'arte della pubblicità, egli fugge la luce, detesta Il clamore e predilige l'anonimato. Non lo incontrerete mai in un ritrovo elegante o su una spiaggia di moda. Non lo vedrete mai a bordo di uno yacht o di un'automobile americana. Non Io udrete mai pontificare in mezzo a un coro di cortigiani. La sua casa non somiglia nemmeno di lontano a un palazzo; La sua famiglia è ordinata e patriarcale. Di sussiego e fasto nemmeno l'accenno. Ma neppure queste precauzioni lo hanno tenuto al riparo dalla popolarità, anzi hanno raggiunto l'effetto opposto: quello di alimentare una leggenda. Un po' come Rizzoli a Milano, di cui si dice che quando assolda una zucca la fa diventare un genio e quando tocca un sasso lo tramuta in oro (ma Milano si presta poco a queste concezioni miracolistiche), il Befani a Firenze, è diventato sinonimo di panacea. Quali sortilegi e stregonerie abbia compiuto, nessuno lo sa con precisione. Si parla vagamente di colpi favolosi, di
sorprendenti «trovate
», di Waterloo trasformate in Austerlitz, con un semplice tocco della sua magica bacchetta. Ma anche chi assicura di saperla lunga su questi soprannaturali fenomeni, in realtà la sa cortissima e non riesce a fornire particolari. Mi domando perfino se egli sia veramente ricco come dicono. Forse no. Forse l'unico suo vero patrimonio è l'illimitato credito di cui gode., se non proprio nelle Banche, certo nella pubblica opinione e che deve venirgli sì, da un collaudato successo negli affari, ma anche dal reverenziale rispetto che i fiorentini hanno sempre avuto per chi ne fa. Perché a Firenze di veri e propri «affari» si smise di farne nel Cinquecento. Da allora
non si fanno più che «baratti
»›. E s'è dovuto aspettare l'avvento dei pratesi per rinverdire la grande tradizione mercantile del Rinascimento. I palleschi oramai vengono di lì. Per meglio assimilarsi investono i loro quattrini in terre, cui i discendenti si affezionano.
E dopo un paio di generazioni, eccoli a loro volta piagnoni, dediti al baratto e clienti di La Pira.
Che questo stia per capitate anche alla dinastia dei Befani, quando l'attuale fondatore avrà lascialo il bastone del comando, non potrei giurarlo. Quel che posso giurare è che la successione mi sembra parecchio lontana, visto che Enrico ha quarantasei anni appena, ne mostra dieci di meno e non trascura nulla per arrivare ai cento. Nulla: neanche le vacanze, che ogni anno si concede a vasto raggio e
viene a trascorrere a Castiglioncello, con la ferma volontà di goderne tutti i benefici e di metterli a profitto.
Castiglioncello è una scogliera tranquilla, che per ora vittoriosamente resiste ai criminali tentativi di «modernizzazione
». Se non ci fosse. a frastornarla quella maledetta Via Aurelia, che le nostre autorità pervicacemente ai rifiutano di dirottare fuori dei paesi che attraversa
in modo a garantir loro un po' di pace, sarebbe rimasta quella dl Fucini e di Corcos e non vi si eleggerebbe nemmeno la solita immancabile miss. Ma Befani ha eluso I' inconveniente comprandosi una villa fuori dall'abitato, completamente isolata e a picco sul mare. Ed è qui che l'ho trovato, brunito dal sole, maculato di catrame, e intento a sorvegliare, su di una barca dondolante sullo sciabordio delle onde, con un occhio i pesci che non volevano abboccare e con l'altro i quattro figlioli che prendevano il bagno.
Ha l'impalcatura fisica del proconsole romano, come la statuaria ce lo lascia immaginare, ma per fortuna non lo sa. Alto e di atletiche spalle con due bellissimi occhi verdi sotto la folta e nera chioma, egli nasconde abilmente quel che di prepotente e perentorio ci dev'essere nella sua natura sotto un manto di aperta e franca cordialità. «Oh, è Lei!  mi fa festosamente, avvolgendomi di uno sguardo in cui trapela un po' di deluso disprezzo per la mia magrezza. Poi come se non avessi pareri da esprimere ne consensi da dare In proposito, grida, rivolto a una finestra della villa: «Niobe!... Un altro posto a tavola: c`è un amico!...
». E sta per rituffare la lenza in mare,
quando si ferma e torna a guardarmi insospettito. «Perché Lei è venuto qui come amico per fare il bagno, eh? non come giornalista, per parlarmi della Fiorentina. Io della Fiorentina non voglio parlare, specie coi giornalisti... Noe., noe.. noe.. sono in vacanza... Eppoi, guardi, della Fiorentina non ne posso più. M'hanno fatto diventar matto, in questi sei anni che ne sono stato il presidente. Ma che gli pare!.. io
quando accettai la carica, credevo che bastasse dedicarle qualche ora della settimana, il sabato... E invece mi sono accorto che qualche ora della settimana me ne avanza, solo il Lunedì per dedicarla al lavoro e alla famiglia... No, no, basta con la Fiorentina. Ora che ha vinto il campionato, vada per la su' strada, io vo per la mia.., Vero, Niobe? . Richiamata alla finestra dall'urlo del marito, la signora Niobe, che i castiglioncellesi chiamano «la sora Niobe
», non risponde nulla a Enrico. Si limita a guardarlo con aria indefinibile. Poi chiede accennando a me: «E' un giocatore venuto per il reingaggio?». «No, gli è il Montanelli!» risponde lui con accento gioioso, convinto di rassicurarla. «Poveri noi! » commenta sua moglie sbattendoci in faccia la persiana.
Guardo il Befani che mi guarda mortificato e poi fa: «Ha visto?... Sempre così, da sei anni. E' una moglie d`oro, una mamma impagabile, una compagna.. Siamo sposati da ventitre anni. oh!.. Ma il gioco del calcio non lo digerisce
»...«E io che c'entro?» «C'entra perche al tempo delle elezioni scrisse sul giornale che i fiorentini mi avrebbero fatto anche sindaco, per i miei meriti di presidente..», «E' vero». «No, non è vero. Ma anche se lo fosse, la mì' moglie non I'accetta. Una donna d'oro, una mamma impagabile, una compagna... Ma il
gioco del calcio non le va giù. Anche di forza, anche con gli strattagemmi ho cercato d'affezionarcela portandola a vedere gli allenamenti... Nulla... Avevo voglia di raccomandare a Julinho e a Montuori di farle vedere tutti i numeri del loro repertorio...Perché come repertorio quei due... eh?... Ora. via, non Io dico per valorizzare i miei acquisti. Ma Julinho e Montuori, quando dicono di giocare al loro meglio?... Li ha visti mai quando dicono di giuocare al loro meglio?... Non è più neanche sport. ne convenga. Siamo nel minuetto, nel Boccherini... Quel gingillo di tacco, quello svolazzio di libellule.., o che sono atleti quelli? Le son ballerine da danza classica...
».
Si ferma a mezzo di un gesto di rapimento. E mutando improvvisamente tono di voce e espressione di viso, annunzia perentorio e categorico: «Ma ora basta, eh? Ora che la Fiorentina ha vinto il campionato, vada per la su' strada, io vo per la mia
»..
Alzo istintivamente lo sguardo alla finestra di pocanzi: la signora Niobe vi si è riaffacciata e mi sorride con espressione cordiale. «Come sta a stomaco, signor Montanelli?
».  «Bene, Perché?».  «Allora, una zuppina di pesce... ».  «E' il mio debole». «C' è».
Il suo volto sottile, illuminato da due occhi acuti e furbi scornpare, ma per riapparire subito dopo. «Enrico, gliel'hai annunciato al Montanelli, che vuoi dar le dimissioni da presidente?
». E, rivolgendosi a me: «Oramai le dovrebbero essere mature, perché ci pensa da sei anni: dall'indomani dell'elezione»... E ci risbatte in faccia la persiana.
Guardo il Befani che mi guarda mortificato e poi fa: «Ha visto?.. Lo sanno tutti che voglio dar le dimissioni e tutti ci credono meno lei..E' una moglie d'oro, una mamma impagabile, una compagna... Ma alle dimissioni non ei crede. Ora, è vero, non le ho date. Ma come
potevo farlo, prima di aver condotto la squadra alla conquista dello scudetto? Mi dica lei: come potevo farlo?...Una volta che i tifosi mi avevano avuto fiducia, io questa fiducia dovevo ripagarla: sì o no?.. E in che modo potevo ripagarla, se non vincendo il campionato? Non che questa vittoria, badi, sia merito mio. Ci hanno collaborato tutti, dirigenti e giocatori... Ma insomma...Eppoi, vede, le donne fanno presto a dire: dimissioni! Dimissioni!... Siamo omini anche noi, abbiamo un cuore, ci s'affezíona. E quando si vede undici giocatori come quelli nostri... Ma li ha visti Lei, quando dicono di giuocare davvero?... Ora, via, non faccio per dire: ma che è calcio, quello? La tessitura di quella manovra, l'eleganza di que' palleggi, la fusione de' reparti, l'intesa fra òmo e òmo....'Un è neanche questione di vincere, di
segnare goal, di fare punti... E' questione d'eleganza. S'intende che non tutte le domeniche si rimane allo stesso livello: qualche volta si piglia anche Io sdrucciolone... Ma quando s' imbrocca la giornata, si va diritti alla sinfonia, al Beethoven... Merito soprattutto del Bernardini, eh?.., Perché il Bernardini un è un allenatore, gli è un poeta del calcio. Sotto la su' ispirazione, il gioco diventa un endecasillabo, trova subito il ritmo e la rima...E quando capita, ne convenga, un po'' di soddisfatto orgoglio anche il povero presidente è giusto che lo provi... Dimissioni!...Fanno presto. la donne. a dire: dimissioni!..
».
«Allora, non le dà?
».
No - ribatte lui, stizzito. -- ora posso darle. La squadra ha vinto lo scudetto. Io ho ripagato la fiducia che i tifosi mi avevano concesso eleggendomi presidente. Ognuno può riprendere la su' strada: la Fiorentina, quella del campionato; io, quella del mi' mestiere che da sei anni trascuro... Posso darle anche oggi, se voglio, le dimissioni; che ci sto a fare?... Anzi, le cariche è meglio lasciarle all'indomani di
un successo... Io, capirà, fo un affare dando le dimissioni con lo scudetto cucito sulla maglia...
».
«Allora, le dà'?
».
Befani mi fissa corrucciato. «Ma che parlo turco, io?
». Esplode alla fine brandendo minacciosamente un remo, - Le ho dello che posso darle anche oggi, se voglio. Me si fa presto a dire: dimissioni!... Dimissioni!...Lei ragiona come la mi moglie... Una donna d'oro, una
mamma impagabile, una compagna... Ma perché non se l'è sposata Lei visto che ragionate allo stesso modo?... Queste famose
dimissioni, poi, quando le ho date..
». E nei suoi bellissimi occhi verdi leggo, sottolineato da un'espressione di terrore il seguito della frase: «Cosa faccio? Come impiego le mie giornate?». Ma si trattiene e volgendosi verso la finestra, grida a squarciagola:  «O Niobe, ma allora questa zuppa di pesce... Son quasi le due!...». «E ' pronta!» replica di dentro la signora senza affacciarsi.  «Andiamo!»  fa il Befani rimettendosi ai remi per accostare. Ma si ferma e,  fissandomi con sguardo perentorio: «Oh, intendiamoci: Lei si siede alla mia mensa per mangiare il cacciucco, eh? non per parlarmi della Fiorentina... Perché io della Fiorentina non voglio parlare. Noe, noe, noe, sono in vacanza... Ora che ha vinto il campionato, vada per la su' strada, in vo per la mia. Basta con la Fiorentina!... Perché la Fiorentina vede..».
                                                                                                                                                              Indro Montanelli

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