Vada la campagna
Il pollame, sempre presente anche in condizioni di libertà nell'aia della casa colonica.
A sinistra in basso una rara specie di papero cornuto.

  La possibilità di allevare animali da cortile (polli, anatre, tacchini, conigli, ecc.) ha rappresentato da sempre, insieme all'allevamento di uno o più maiali, uno degli elementi certi dell'alimentazione umana. Tuttavia non è stato sempre possibile permettersi nemmeno il solo pollame che andava costantemente difeso dai furti e dagli animali del bosco. Tanto che la carne ed il brodo di pollo erano riservata alle festività ed alle migliori occasioni della famiglia, che doveva di solito ripiegare sui prodotti dell'orto. Numerose coppie di capi di pollame e decine di uova, secondo la consuetudine feudale e lo stesso contratto di mezzadria, costituivano anche il regalo al padrone in occasione delle festività.
                                          Il POLLAIO

Si vuol offendere dicendo "cervello di gallina", ma le galline sono "finte tonte" e sanno bene che quando arriva la massaia con il grembiule alla vita ed i lembi in mano, porta il becchime e tutte si fanno sotto. Piro...piro...piro. Conosciamole più da vicino...

All'arrivo della primavera in aprile, qualcosa cambia nel pollaio, la natura fa la sua parte e per alcune il coccodè diventa cro-cro quindi sono pronte ad essere fecondate e poi a fare le chiocce cioè covare le uova. La massaia sempre attenta, sceglie a suo giudizio la o le più adatte mentre "divezza" (interrompe la tendenza) delle altre isolandole sotto un paniere, in modo che ritornino a fare le le uova prima possibile. Se nel pollaio c'è il gallo si può mettere insieme un gallo con una gallina, o meglio un gallo con un gruppo di galline, da 2 fino a 10, senza esagerare anche se in qualche caso si arriva a 20. Come si dice "troppe galline nel pollaio" riduce la possibilità che queste possano accoppiarsi tutte con il gallo e possibilmente più volte. Il numero di galline dipende dall'età e dalla fertilità del gallo, più il soggetto è giovane e fertile più galline si potranno tenere insieme. Si hanno uova feconde dopo solo 21 ore dall'accoppiamento. Si ha la massima fertilità delle uova circa 7 giorni dopo l'accoppiamento. Può succedere che le uova deposte nei primi giorni dopo l'accoppiamento, soprattutto quelle deposte da galline al primo anno di deposizione, non siano feconde mentre quelle dei giorni successivi si. Il gallo anche con tutta la buona volontà, riesce a fecondare per circa 21 giorni, poi va cambiato.
Con le uova fecondate,
o supposte tali, la massaia prepara una cesta con la paglia, la pone al sicuro in un locale poco frequentato, ci sistema le uova, e vi pone sopra la chioccia che, bollente e croccolante, con movimenti cauti e leggeri se le dispone sotto le ali e vi si adagia per svolgere la sua missione più naturale con infinita tenerezza. Vicino, solo acqua e becchime, non ha bisogno di altro. Da quel momento la chioccia diventa una tigre. Guai a chi si avvicina per 21 giorni! (Notare come nel pollaio il 7 sia il numero principe, tutti i tempi sono suoi multipli).

Solo a quel punto si può udire un flebile caratteristico pio pio. La massaia, sollevata la chioccia,  può vedere il primo pulcino, tutto bagnato, un altro ancora dentro al guscio per metà e altre uova incrinate... Con delicatezza li aiuta a nascere estraendoli dal guscio rotto e ponendoli in un panno, dentro un'altro paniere di vimini posto vicino al fuoco. Ci sia consentito: questo è sicuramente uno spettacolo che ogni bambino dovrebbe poter vedere, perché non si dimentica più nella vita. Invece purtroppo i bambini (e non solo) di oggi non hanno mai visto nemmeno una gallina dal vero! Batuffoli pigolanti gialli e scuri. Tutti stretti stretti uno accanto all'altro e tutti cercando di stare all'interno del mucchio dove c'è più caldo.

Ma quanti pulcini? Almeno una quindicina. Se la mattina dopo non se ne sono aperte altre bisogna convincere la chioccia che non è il caso di continuare a covare, bensì di passare alla seconda fase assai più impegnativa. Le altre uova non aperte si definiscono "acquite" cioè non fecondate dal gallo e da buttare. A questo punto per la chioccia la vita si complica non poco, messi dalla massaia i pulcini sul pavimento, molti si arrangiano da sé ruzzolando in terra come palline da tennis. La chioccia assume l'atteggiamento che ha scritto chiaro nel suo DNA e comincia a fare la madre severa chiamandoli e toccandoli col becco. Trotterellando cominciano a reggersi in piedi.

Il giorno dopo, via libera a tutta la squadra che può fare così il trionfale ingresso nel sole dell'aia con la chioccia che ora mette superbia, gelosa del suo tesoro. Fa ora vita per conto suo, avendo come mamma ottenuto un trattamento ed un alloggio di favore da parte della massaia. Non più il condominio del pollaio, ma un angolo della cucina, d'altra parte non sarà igienico, ma è un capitale che va tenuto d'occhio,...e poi l'igiene non era ancora stata inventata.

Così un giorno dopo l'altro, sempre fuori per nuove esperienze e avventure. Avventure anche serie come quando la chioccia deve correre verso casa chiamandoseli dietro a gran voce; in cielo c'e solo una piccola macchia scura che rotea lenta in cerchi preoccupanti...il falco, ma lei, sempre guardinga, l'ha visto per tempo. Passano le settimane e i pulcini, perduta la morbida peluria, si sono coperti di penne ed hanno messo la coda; i gallettini si distinguono dalle pollastrine per la crestina più grossa e più rossa ed anche per la loro prepotenza e il loro spirito battagliero. E' impossibile che la covata riesca a crescere  al completo: qualche uovo, non si è schiuso; l'ultimo nato, "il cacando" è sempre piccolo e gracile: arrivava sempre ultimo a mangiare e i fratellini lo beccano, sicché dopo pochi giorni diventa sempre più "grullo" finché piega la testina e finisce così. E il numero dei sopravvissuti cala ancora. Raggiunto il peso di 1,5 kg, La massaia doveva decidere se tenere o vendere  qualche gallo. Quelli più belli, hanno una sorte segnata ed sono destinati a diventar capponi per il brodo delle feste principali e per il padrone del podere.

L'operazione chirurgica di "capponatura" avviene di solito in casa ad opera della massaia con coltello, forbici, e ago. Agguantate una alla volta le povere bestie le opera senza misericordia, privandoli dei testicoli e le ricuce alla meglio. Poi taglia loro anche le creste ed i bargigli, cioè i caratteri sessuali secondari e mette sulle ferite qualche goccia d'olio perché vi aderisca quel po' di cenere che vi strofina. I capponi vengono poi allevati generalmente liberi all’aperto, nel cortile o nelle zone limitrofe della casa colonica, ma sull'aia per loro la vita diventa dura, beccati e scacciati dalle galline, diventate cattive, evidentemente notando qualcosa di innaturale. Il giorno della fiera vengono portati in esposizione e vengono venduti. Un buon cappone deve essere chiaro, senza cresta, con testa piccola; il peso oscilla dai dai 2,5 ai 3,5 kg. Rende sempre più di quel che è costato.

Vada la campagna

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