Gabbro ieri
                         I giochi di ieri

                 Il tempo libero e i divertimenti
I ragazzi si divertivano con giochi semplici che davano loro piena soddisfazione. Tra i più comuni erano: le corse a piedi per il paese spingendo un cerchio di ferro, prelevato da qualche botticella sfasciata, o un cerchio di ruota di bicicletta fuori uso; il gioco dei bottoni che i ragazzi prendevano alla mamma oppure strappavano dai loro vestiti: il gioco con i noccioli delle pesche; il carretto costruito con manici di granata o da aste di legno sorrette da due sale e da quattro ruote, col quale i ragazzi scorazzavano per le discese del paese; il comune gioco delle carte; quello del pallone in piazza della Chiesa o per le strade perchè allora non vi erano campi sportivi; a mosca cieca; a brucia; a soldi con la palla di ferro; l'altalena; il gioco coi trampoli formato da due bussoli vuoti da conserva legati alla suola delle scarpe da due cordicelle; quello della trottola di legno; del ghinea e cambrì consistente nel gettare, con un bastone, il più lontano possibile, un fusello di legno; i botti e i conseguenti lanci in alto fatti con gas di carburo bagnato e imprigionato dentro un bussolo vuoto a cui veniva dato fuoco da lontano, attraverso un forellino praticato al centro del bussolo; le piccole teleferiche costruite con fil di ferro e vagoncini improvvisati; il cosiddetto cannone fatto con un pezzo di legno di sambuco che privato dell'anima, spara coccole di ginepro oppure turaccioli di ogni genere; il pigio per fare uscire da una canna forata in fondo, il succo di more; le macchine trebbiatrici costruite con pezzi di legno e qualche latta; i cavallini di carta pesta, ecc. Alla sera, se era d'estate i ragazzi giocavano, a nascondino intorno a casa, se invece era d'inverno, mentre le mamme e le donne vicine vegliavano insieme lavorando la calza o rassettando i panni raccontandosi i fatti del giorno, i ragazzi facevano giochi al tavolino, il gioco dell'oca coi dadi, facevano piccoli trattori usando un rocchetto vuoto a cui univano un cerchierò di gomma, un pozzetto di cera di candela e uno stecco; stavano attenti a sentire novelle e racconti di paure; nella stagione della farina dolce, ne compravano due soldi o un ventino e facevano degli sformatini, servendosi come stampo dei ditali di metallo che poi mettevano a scaldare dentro i cardani che le donne tenevano per scaldarsi i piedi oppure dentro il braciere che scaldava la stanza. La domenica giocavano a tombola. La ricerca di nidi di uccelli era il divertimento preferito nella primavera, mentre d'inverno ragazzi, incuranti del freddo e della pioggia si divertivano a tendere le tagliole. D'estate il principale divertimento era rappresentato dal bagno, che i ragazzi facevano nella gora, specchio d'acqua piuttosto motoso che si trovava in Bucafonda e che faceva funzionare il vecchio mulino. Quasi tutti i giorni, appena pranzato i ragazzi partivano di corsa e a piedi scalzi, di nascosto dei loro genitori, raggiungevano «la gora»  o «i bagnetti» (gora nel vicino botro Sanguigna) e dopo essersi completamente spogliati, incuranti del fatto che era poco che avevano mangiato, si gettavano in acqua. A volte qualche ragazzo, per scherzare o per spaventare gli amici, improvvisamente urlava «ecco i carabinieri», allora tutti uscivano veloci dall'acqua e presi sottobraccio i vestiti, sempre in costume adamitico, scappavano in diverse direzioni nascondendosi tra i cespugli, finché era cessato l'allarme. Vi erano poche biciclette in giro e i ragazzi quando ne potevano avere una, anche malandata e magari senza freni, erano tutti soddisfatti. Ad alcuni giochi dei ragazzi prendevano parte pure le bambine, ma i loro divertimenti preferiti erano le bambole, il salto in alto con la corda, il gioco delle « biccatelle », inoltre si divertivano a cucire a cucinare, a fare la calza e a fare la mamma. I giovani, dai 14 ai 20 anni, formavano gruppi di cui non facevano parte le ragazze e, in genere, si fidanzavano ufficialmente dopo i 18 anni. Nonostante tutto questo moralismo apparente, anche allora succedevano, sia tra la gioventù, sia tra la persone sposate, fatti boccacceschi. Non esistevano televisori, cinematografi, discoteche, luna park, ecc. Ci si limitava a prendere parte a qualche serata danzante, a cui le ragazze si presentavano accompagnate dalla mamma o da un familiare, a qualche rappresentazione teatrale improvvisata dai giovani del luogo, a qualche film muto di Ridolini o di Charlot, e a qualche concerto bandistico. Molto pubblico era richiamato agli spettacoli dei circhi equestri che ogni tanto arrivavano in paese. Nelle serate precedenti la befana, uomini vestiti goffamente, tra cui uno da befana, andavano cantando a suon di fisarmoniche e di altri strumenti per le botteghe, portando allegria fino a tarda notte. Caratteristico era pure il periodo che precedeva la visita dei giovani per andare militare di leva. La sera si riunivano e cantando inni di circostanza, facevano più volte il giro del paese e tutto poi finiva in allegria con una cena collettiva. Gli ultraventenni invece, mentre le loro mogli ri­manevano a casa a fare le faccende o a veglia con le altre donne, andavano nei bar del paese a giocare a carte, a boccette, a parlare di interessi, di sport, di caccia e dei fatti del giorno. Da queste discussioni a volte nascevano liti anche violente, che qualche volta finivano in duelli all'arma bianca, per cui fu necessario nel 1920 installare in paese una caserma dei carabinieri. Col passar del tempo, con l'avvento delle auto, della televisione e con il cambiamento di mentalità, queste tradizioni mutarono sensibilmente, facendo partecipare anche le donne, specialmente più giovani, alla vita ricreativa e comunitaria.
Da:"Il mio paese Gabbro" di Jacopo Cadore Quochi 1979, scaricabile dal sito.
                                  Qualche ricordo...

I nostri giocattoli erano pochi: per le femmine qualche bambola, spesso fatta dalla mamma, una palla, una corda per saltare e qualche ciottolino di terracotta. I maschi avevano un pallone di cenci cucito insieme, carretti e monopattini di legno con le ruote di pine, la fionda e una trottola. I giocattoli erano pochi e poveri, ma c’era tanta fantasia nell’inventarsi un gioco. Bastava una canna per immaginarla un cavallo e un pezzetto di legno per diventare una spada invincibile. Avevamo una cosa preziosa: tanto tempo libero e molti amici per giocare insieme. Gli uomini la domenica pomeriggio riempivano i bar e passavano molte ore a giocare a carte e alla morra: il premio era qualche bicchiere di vino o un caffè. La morra era un gioco popolare: due giocatori mettevano in mostra alcune dita della mano e gridavano contemporaneamente un numero inferiore a dieci, vinceva chi indovinava il numero pari alla somma delle dita mostrate. Nell’ambiente c’era molta animazione e molto fumo. Le sigarette si vendevano anche sfuse. I bar avevano una ghiacciaia dove conservavano il ghiaccio che compravano alla fabbrica del Faccenda a Portovecchio. Questo ghiaccio era fatto a forma di lunghe sbarre che venivano messe nelle balle e trasportate con il barroccio nei locali che le avevano richieste. I rifornimenti a tutte le botteghe erano fatti dal Monti che, con il suo barroccio, durante la settimana andava a Livorno o a Cecina.
Da: "Come eravamo..." di Anna Maria Raigi scaricabile dal sito.

Gabbro ieri