Gli ospiti di Castiglioncello  Cronache


Da "Il Tirreno" del 15-09-1999 di Carlo Rotelli

 MEMORIE - Il timido Renato Fucini e le sue amicizie fra Castiglioncello e l'alta Maremma

Una foto del pittore Corcos ritrae Renato Fucini nel 1910 a Castiglioncello. La figura è imponente e secondo i dettami del tempo il volto è ornato di baffi folti e barba imperiosa. Lo sguardo severo ed improntato ad austerità. Si stenta a credere che quello sia l'autore dell'affettuoso bozzettismo toscano e degli scherzosi sonetti pisani. Ma tant'è, la foto è una delle testimonianze della presenza del Fucini alla Perla e nella zona. L'atteggiamento davanti alla macchina fotografica frutto dell'immagine che era di moda tentare di consegnare ai posteri. E molto contavano le amicizie e le frequentazioni anche nel territorio della Maremma settentrionale che lo scrittore teneva. Due i maestri che aveva costantemente presenti e che frequentava anche quando veniva a Castiglioncello: Francesco Domenico Guerrazzi che aveva conosciuto a Firenze, ma che venne a trovare anche nella villa della Cinquantina in Cecina; e Giosuè Carducci, verso il quale Fucini nutriva un' ammirazione sconfinata da discepolo che si sentiva inadeguato. Di fronte al Guerrazzi, Fucini era preda di una sorta di soggezione per l'aura di rivoluzionario del '48 che gravitava intorno a lui. E il carattere dell'insigne scrittore e politico accresceva lo stato d'animo di timidezza quando il giovane Renato aveva avvicinato per la prima volta a Firenze il collerico personaggio che lo aveva rudemente apostrofato se per caso fosse in grado di fare il quarto in una partita a carte. Fucini aveva accettato e avvicinato così un uomo dalle difficili amicizie. Più tardi ricorderà un gustoso episodio capitatogli proprio in visita dal Guerrazzi proprio nella villa cecinese. Era entrato il Fucini disavvedutamente in una delle stanze private del Guerrazzi, proprio nella sua camera da letto. Grande fu la sua sorpresa nell'osservare che davanti allo specchio vi era una quantità incredibile di pettini, pinze per i baffi, tagliaunghie, spazzole, creme, profumi. Come si conciliava l'immagine del rivoluzionario con quella evidente profusione di vanità maschile? Renato Fucini restò per qualche attimo come interdetto, poi dovette convenire che anche allora la vanità non aveva confini e non si arrestava nemmeno davanti alle figure più severe dell'azione risorgimentale. Lo scrittore delle «Veglie di Neri» che è noto per aver scritto in vernacolo pisano era però livornese di adozione e anche se nella maturità soggiornò a Empoli i suoi rapporti con la maremma e con la Perla sono documentati. Amava dipingersi come scrittore per caso, venuto alla narrativa quasi per compiacere gli amici che si divertivano ai suoi scherzi. Ma uno scrittore fiorentino qualche anno fa, Marcello Vannucci, dimostrò che il diario «Napoli ad occhio nudo» era un'opera di grande giornalismo moderno. Guarda caso Vannucci venne a presentare la sua ricerca e la sua pubblicazione proprio a Castiglioncello e subito dopo a Cecina.

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