Castiglioncello ieri

Inizio '900 - Scavi nel parco del castello alla presenza di Luigi Adriano Milani

  La necropoli di Castiglioncello: dalla collezione Martelli alle più recenti acquisizioni.

Nel gennaio del 1889 Martelli, gravato da difficoltà economiche derivanti dal fallimento di ambiziosi progetti turistici su Castiglioncello, aveva venduto l'intera proprietà al barone Lazzaro Patrone e si era trasferito definitivamente a Firenze. Il nuovo proprietario intraprende quasi subito la costruzione di un pretenzioso edificio in stile neogotico - oggi Castello Pasquini - che, inglobando la villa Martelli, modifica in maniera sostanziale l'assetto ambientale dei luoghi e al tempo stesso segna la fine di un'epoca.

Il successore di Lazzaro, Fausto Patrone, diverrà ben presto protagonista delle notevoli scoperte archeologiche che il Sovrintendente Luigi Adriano Milani realizza a partire dal 1903 nel parco del castello e nelle aree adiacenti e sarà figura decisiva nella vicenda del Museo Archeologico di Castiglioncello. Il Milani è ormai convinto che il "sepolcreto" di Castiglioncello meriti una campagna di scavi sistematici, che avranno l'appoggio e la collaborazione del barone Patrone e di altri notabili del luogo. Altri legami lo uniscono alla piccola stazione balneare: il suocero Domenico Comparetti vi possiede infatti una vasta proprietà e una villa per le vacanze della famiglia.

 Ottenuta l'autorizzazione ministeriale, nell'agosto del 1903 il Milani da inizio alle indagini di scavo, che si protrarranno fino alla metà di settembre. Le prime tombe affiorano in prossimità del muro ovest del parco del castello e per circa un mese i lavori proseguono ininterrotti portando in luce prevalentemente tombe a pozzetto di incinerati poste a poca profondità dal piano di campagna. Sul finire dei lavori di scavo l'indagine si sposta sull' "Arce del Poggetto" (ove poi sorgerà l'edificio del piccolo Museo Archeologico), in seguito ad alcune segnalazioni di strutture: vi si rinvengono frammenti di vasi a vernice nera, pesi in piombo, pesi fittili in forma di piramidette e ciambelle, definite "ex-voto", alcune monete di età repubblicana; emergono poi strutture a secco poggiate sulla panchina naturale, nelle quali il Milani identifica le fondamenta di un edifìcio ellenistico-romano. Il 12 settembre la campagna di scavi viene ufficialmente interrotta, ma proseguono i lavori di sterro del barone Patrone per la costruzione di un nuovo edificio, all'intemo della proprietà, prospiciente la piazza di Castiglioncello; in base agli accordi le operazioni si svolgono sotto la costante sorveglianza del Milani e dei suoi assistenti (soprattutto il sorvegliante Cleto Bencivenni, che redige i giornali di scavo); i lavori portano in luce anche questa volta un'estesa parte della necropoli con tombe prevalentemente a pozzetto, contenenti oggetti di notevole fattura. Fra tutti emerge il corredo della tomba XXV che, per numero e qualità dei materiali, in particolare degli oggetti di bronzo, supera nettamente la media delle altre sepolture.

Altri trovamenti isolati da zone intorno al parco del Castello sono noti fra la fine del 1903 e il 1905 dai documenti d'archivio, ma è solo a partire dal maggio del 1905 che il Milani si rende conto che la tutela e la conservazione dei materiali della necropoli che sta venendo in luce appaiono gravemente minacciate: sono infatti iniziati, non lontano dall'area delle prime scoperte, grandi lavori di sterro per la costruzione del tratto di ferrovia Livorno-Vada che attraversa Castiglioncello ed è subito evidente che sta affiorando un'altra consistente porzione dell'antica area cimiteriale.

In particolare il Milani sospetta che si possano essere verifìcati furti da parte degli operai della ferrovia: è andata completamente distrutta la "(...) tomba a camera con un'urna scolpita di buona arte etrusco [l'urna volterrana di Velia Cerinei ] la quale gli operai avevano tentato di sottrarre asportandola(...)". L'urna fu poi effettivamente recuperata, ma il Milani, temendo altri episodi, chiese al Ministero fondi per un maggior controllo dei lavori e per iniziare una nuova ricerca sistematica; risposta negativa.

Le dure parole del Soprintendente, e forse l'appoggio di alcune conoscenze nella capitale, sortiscono però l'effetto desiderato e il Ministero accorda i fondi richiesti per 1a sorveglianza dei lavori e per il "sussidio scavi". Poco sappiamo in realtà delle scoperte di questo periodo (1905-1908): mentre nei documenti d'archivio si parla di "tombe", cioè di contesti unitari, ciò che risulta nel catalogo pubblicato da Edoardo Riesch è un gruppo di diciotto oggetti sporadici di tombe diverse comprendenti fra l'altro l'urna della Velia e quattro sombreros de copa, fra i quali un esemplare particolarmente ben conservato e di notevole fattura . La mole dei materiali comunque cresceva in misura consistente e aveva trovato ricovero in un'apposita sala messa a disposizione dal barone Patrone, accuratamente divisa per tombe. Nell'ottobre del 1908 il Milani formula apertamente un progetto, che già accarezza da tempo. "Non mancai di rammentare alla S.V. [il barone] la promessa, e direi l'impegno, che aveva assunto con tanta liberalità di costruire un piccolo edificio nel terreno sovrastante la piazza di Castiglioncello, precisamente nel punto dove furono trovate tali antichità, per collocarvi tutti questi oggetti e costruirne un Museo locale. Non c'è bisogno di spiegare e dimostrare qui l'opportunità della creazione di tale Museo e l'attrattiva che esso darebbe al paese, da Lei stessa messo in valore. (...) a tal uopo giungerebbe a tutti graditissimo (...) che Ella riserbasse il terreno occorrente per questo minuscolo ma pur interessante museo locale, che se costruito da lei potrebbe anche portare perennemente il di Lei nome pur affidandone la custodia al Comune di Rosignano M. (...) istituendo Museo, il quale da questo momento vorrei che si facesse informa di tempietto etrusco, per accrescergli attrattiva e pel quale può bastare che Ella riservi un terreno nel luogo indicato di circa 150 mq".

Da questo momento fino alla morte il Milani dedicherà buona parte delle sue energie alla realizzazione del piccolo Museo di Castiglioncello, le cui vicende corrono parallele alle ulteriori scoperte archeologiche che accrescono in misura notevole la quantità di materiale che in seguito vi troverà collocazione. Un gruppo di tombe "sporadiche" viene rinvenuto fra il 1909 e il 1910; ma soprattutto, fra il 1910 e il 1911, in occasione di grandi opere pubbliche, gli assistenti di Milani riescono a recuperare circa duecentocinquanta tombe (tutte di incinerati, tranne sette a inumazione, e molte già violate in antico), che costituiscono il gruppo più numeroso fino a oggi rinvenuto. Nel rivolgersi al Sindaco di Rosignano M.mo il Milani, nel luglio del 1911, ricorda che il materiale delle tombe, ormai notevolmente accresciuto e divenuto ingombrante (e ancora conservato nella sala che il barone Patrone aveva messo a disposizione nel 1903) ha ora bisogno definitivamente di un "conveniente assetto". La sottoscrizione che è stata aperta in favore della realizzazione del Museo è a buon punto e il progetto prevede la costruzione di un piccolo edificio sul Poggetto di Castiglioncello, in un'area generosamente donata dal barone Patrone". Dal successivo carteggio del 1911 sappiamo che il progetto fu affidato all'architetto Giuseppe Castellucci dell'Ufficio Regionale dei Monumenti di Firenze e che il Milani fornì come modello architettonico un'urna fittile di età ellenistica a forma di tempietto proveniente da Riparbella, conservata nel Museo Archeologico di Firenze.  Al modello, dalle linee semplici, furono aggiunti alcuni particolari della decorazione architettonica, ripresi da forme templari etrusche sempre di età ellenistica". La costruzione del Museo può dirsi completata fra il 1912 e il 1914, anno quest'ultimo della morte di Luigi Adriano Milani; sua costante preoccupazione sarà fino all'ultimo che i materiali degli scavi trovino ordinata sistemazione entro l'edificio da lui voluto sul Poggetto di Castiglioncello.

Dopo la morte di Milani i ritrovamenti sembrano avere carattere prevalentemente casuale: nella documentazione d'archivio si registra nel 1915 il rinvenimento di tre tombe a pozzetto, con relativi corredi, nei lavori della massicciata della nuova via Tripoli, mentre di altre tre sepolture simili si dice che sono state lasciate intatte e ricoperte dalla massicciata stessa; nel frattempo, però, gli oggetti di corredo di alcune tombe della stessa zona sono stati sicuramente venduti dagli operai della strada. Il vasellame recuperato trova comunque collocazione nel Museo di Castiglioncello, come sarà del resto per i successivi reperti recuperati dal territorio della piccola frazione. Nella primavera del 1920, in occasione di lavori di sterro presso il convento delle suore di S. Giuseppe, non lontano dalla spianata del Castello Patrone, si rinvengono due tombe ricoperte da embrici, quasi affioranti sul terreno, con resti ossei e corredo assai povero; ma quello che preoccupa è il pericolo che altro materiale scoperto durante i lavori sia andato disperso, o anche ceduto a privati che conoscono la ricchezza archeologica della zona. Non è certa la relazione con la necropoli di un'ara cilindrica in calcare selcifero, decorata con figure a rilievo, rinvenuta nel 1922 in località Leccino, a circa un chilometro a nord del paese, in connessione con embrici e tegole di copertura. Ancora nel centro di paese, nel luglio del 1923, all'imbocco di via Diego Martelli, non lontano dalla piazza, dagli scavi per le fondazioni di una casa, emergono altre due tombe a pozzetto, con fossa protetta da embrici, copertura a lastrone di pietra e piccolo ziro contenente le ceneri il corredo.

Poco altro sappiamo degli anni immediatamente successivi, occupati dalle continue migliorie apportate all'assetto del piccolo Museo Archeologico, mentre 1e grandi opere pubbliche sono terminate e molte delle scoperte casuali di corredi di sepolture finiscono coi l'abbellire gli arredi delle ville private che si vanno via via costruendo.

Gli anni della Seconda Guerra Mondiale restringono documentazione d'archivio a ben poca cosa: si hanno notizie di modeste scoperte, mentre i danni al Museo apportati dagli eventi bellici, ne accentuano il degrado. Nel frattempo il castello e la tenuta Patrone sono divenuti proprietà dei conti Pasquini, ma i trovamenti nell'area delle prime scoperte del Milani non sono cessati. 

In realtà i sopralluoghi e le indagini successive non sembrano portare a nulla, né si hanno notizie di ricerche eseguite nel parco dalla Soprintendenza, mentre si conservano alcune dichiarazioni della contessa Pasquini; secondo la versione della contessa gli scavi erano effettivamente avvenuti nella primavera-estate del 1940 (dunque ben sette anni prima) e avevano portato in luce tombe a pozzetto, forse già frugate in antico; i corredi erano stati comunque raccolti (ceramica a vernice nera, vasellame acromo, piccoli oggetti di bronzo, resti di uova). Il materiale era andato disperso durante l'occupazione tedesca, e poi alleata, del castello e le tombe distrutte dai bombardamenti; degli oggetti rimasti, per i quali si promette un futuro sopralluogo da parte della Soprintendenza, niente più si trova nei documenti successivi.

Occorre arrivare al 1954 per avere scoperte documentate di altre sepolture della necropoli: ancora fra via Tripoli e via Asmara, durante i lavori per le fognature di Castiglioncello, affiora un imprecisato numero di tombe a pozzetto, che, secondo la descrizione degli operai, erano allineate su un lato della strada e si trovavano alla profondità di circa 40 cm dal livello del piano della carreggiata. Le ceneri erano contenute nel consueto vaso d'impasto, entro una fossa rivestita da grossi ciottoli e coperta da una tegola, mentre le suppellettili erano disposte attorno al cinerario. Il materiale viene ricoverato questa volta presso il Municipio di Rosignano M.mo, in attesa della prossima costituzione del Museo Civico". È questo l'inizio della lenta decadenza del Museo di Luigi Adriano Milani, divenuto, dopo la guerra, Museo Archeologico Nazionale: carente di spazi, privo di sistemi di sicurezza e con problemi di manutenzione, nonostante la foltissima resistenza della cittadinanza e degli enti locali, l'edificio verrà definitivamente svuotato del materiale e chiuso nel 1973. Solo l'anno dopo, sempre durante lavori in via Asmara, si rinvengono tre tombe a pozzetto, di una sola delle quali è possibile recuperare i materiali, che riportano ai consueti corredi della fase più antica del sepolcreto. Nel 1985, in analoghe circostanze, in via Tripoli un pozzetto pressoché intatto restituisce una quindicina di oggetti della stessa fase in buono stato di conservazione.

I ritrovamenti fortuiti (seguiti da una regolare indagine di scavo) del luglio 1997 confermano, con la presenza di venti sepolture sia a inumazione che a incinerazione, i dati precedenti: l'ambito cronologico della necropoli, distribuita fra la fine del IV e l'inizio del I secolo a.C., la convivenza dei due riti, le classi monumentali prescelte per i corredi. La stessa zona dei rinvenimenti, entro l'antico Parco Patrone, oggi Pasquini, vicino alla Piazza della Vittoria, non è lontana probabilmente da quel medesimo luogo ove nel 1903 Milani aveva condotto le prime fruttuose ricerche, convinto che "un ampio e importante sepolcreto dell'età etrusco-romana e romana" giacesse sotto la piccola stazione balneare di Castiglioncello. (Da: "Castiglioncello. La necropoli ritrovata" di Gambogi-Palladino scaricabile dal sito)

La necropoli di Castiglioncello occupava l'area fra il Castello Pasquini e l'inizio di Via Martelli, compresa la collina sovrastante Piazza della Vittoria. Dopo i primi rinvenimenti occasionali nei pressi della Torre Medicea (1809 e 1825) e quelli effettuati durante la sistemazione di Piazza della Vittoria (1903), la costruzione del tratto ferroviario Livorno -Vada (1905-1909) e della strada adiacente (1910-1911), una campagna di scavi governativi portò alla luce circa 300 tombe databili fra la fine del IV - inizi III secolo a.C. e il I secolo d.C., i cui corredi furono esposti nel Museo Archeologico di Castiglioncello, fatto costruire sul modello di un'urna cineraria volterrana a forma di tempietto da Luigi A. Milani, Soprintendente alle Antichità dell'Etruria, nel 1912-1914. Agli inizi degli anni '50, durante la costruzione delle fognature comunali, furono trovate altre 11 tombe, i cui corredi costituirono il primo nucleo del Museo Civico di Rosignano Marittimo. Per quanto riguarda la necropoli tardo-repubblicana, si tratta, nella maggior parte dei casi di tombe a incinerazione, scavate nella roccia, dei tipi a cassetta rivestita di laterizio ed a pozzetto, con rivestimento in blocchetti di pietra e ciottoli fluviali, coperte da una lastra litica. All'interno era deposta un'olla cineraria d'impasto e intorno il corredo, formato per lo più da vasi a vernice nera e acromi. Rari gli oggetti in metallo: vasi, specchi, strigili, armi, oggetti di ornamento personale. Poche le monete pertinenti alla serie sestantale, unciale e semiunciale (III - metà I secolo a.C.), oltre ad un triente di Populonia. Alcune tombe erano segnalate all'esterno da stele in calcare, decorate con figure di guerriero stante, di profilo, altre da cippi troncoconici in marmo, lisci o decorati a rilievo con tralcio d'edera o collana di pendenti, ben documentati nella Valdera e nelle zone limitrofe. A nicchiotto, secondo una tipologia comune nel territorio di Volterra, era invece la tomba da cui proviene l'urna di Velia Cerinei, appartenente ad una nota famiglia dell'aristocrazia volterrana (cfr. IV.7). Poche le tombe del I secolo d.C., a fossa rettangolare, con scarsi oggetti di corredo. Probabilmente pertinente alla necropoli era anche l'urna cineraria cilindrica in calcare, decorata con teste di bue, ghirlanda, testa di Acheloo e cani, databile agli ultimi decenni del I secolo a.C. e forse riutilizzata come bacino di fontana. (Morella Massa da: "Guida al Museo Archeologico di Rosignano Marittimo" di E.Regoli-N.Terrenato scaricabile dal sito)

Castiglioncello ieri

a Castiglioncello ieri