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      IL VERDE ORGANIZZATO - Il verde del resedio rurale variava con l'ambiente 
      dove si trovava la casa colonica; poteva, infatti, mancare del tutto o 
      ridursi ad una sola essenza (come per certe case coloniche poste alla 
      sommità delle colline argillose della Val di Fine), oppure essere così 
      abbondante da sottrarre alla vista gli edifici o parte di essi. Sulla 
      scelta delle piante con cui "arredare" il resedio influivano motivazioni 
      di ordine ornamentale e utilitaristico. L'acacia, per esempio, faceva 
      ombra, il cipresso riparava dal vento, segnava il confine o indicava 
      l'accesso che portava alla casa; il gelso produceva il foraggio, il pino 
      domestico dava ombra e pinoli; le tamerici erano le uniche piante che 
      resistevano ai venti salmastri. Vicino alla casa colonica, nei pressi 
      dell'aia, il contadino piantava anche  alberi domestici: il noce (la cui 
      ombra, insieme a quella del padrone, secondo un proverbio toscano, erano 
      "due ombre buggerone"), il mandorlo (se all'inizio della primavera la 
      pianta si ricopriva di fiori la raccolta del grano sarebbe stata copiosa, 
      viceversa se abbondavano le foglie il raccolto sarebbe stato scarso) e, 
      soprattutto, l'immancabile fico, addossato al muro più soleggiato (per il 
      desiderio del calore e l'attaccamento alla casa, qualcuno lo paragona al 
      gatto), dove ancora tenacemente resiste fra i ruderi delle case coloniche sparsi nelle 
      nostre colline. 
                    
                          
                          (Da: "I segni storici del paesaggio rurale" di Roberto 
      Branchetti)  |